mercoledì 23 luglio 2025
Il Senato ha detto sì alla riforma costituzionale sulla giustizia. Il testo che introduce la separazione delle carriere dei magistrati è stato approvato con 106 voti favorevoli, 61 contrari e 11 astensioni. La premier Giorgia Meloni ha salutato con soddisfazione il voto. Forza Italia ha dedicato il passaggio a Silvio Berlusconi, che per primo impose nel dibattito politico questo tema. Di segno opposto il giudizio di tutte le opposizioni che si preparano al referendum, che si terrà presumibilmente nella primavera del prossimo anno. Infatti, l’Aula di Palazzo Madama ha approvato il Disegno di legge nel testo licenziato dalla Camera, il che implica che la seconda lettura confermativa delle due Camere – attesa in autunno – non modificherà la riforma. A fronte della virulenza delle polemiche della maggioranza con la magistratura associata e con le opposizioni, la seduta del Senato si è svolta addirittura in tono minore. In Aula si è visto il ministro Carlo Nordio e quello per i rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, oltre al viceministro Francesco Paolo Sisto, e solo alla fine sono giunti Antonio Tajani altri ministri forzisti (Annamaria Bernini e Paolo Zangrillo).
Anche le proteste delle opposizioni, con dei cartelli esposti al momento del voto dai senatori del Pd e di M5s, sono state inferiori a quelle di altre circostanze, come quando fu occupata l’Aula. Ma non per questo meno sentite: il Pd ha mostrato la Costituzione capovolta, i 5 stelle le foto di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino messe a confronto con quelle di Berlusconi e Licio Gelli. “L’approvazione della riforma costituzionale della giustizia – ha scritto sui social Meloni – segna un passo importante verso un impegno che avevamo preso con gli italiani e che stiamo portando avanti con decisione”. “Oggi confermiamo la nostra determinazione nel dare all’Italia un sistema giudiziario sempre più efficiente, equo e trasparente”.
E il ministro Nordio ha definito il Ddl “un passo molto importante verso l’indipendenza della magistratura da sé stessa, dalle sue correnti e anche un balzo gigantesco verso l’attuazione del processo accusatorio voluto da Giuliano Vassalli”. Il partito che ha rivendicato maggiormente il passaggio è stato Forza Italia che ha dedicato il sì a Silvio Berlusconi: Pierantonio Zanettin ha fatto la dichiarazione di voto dal seggio che fu del Cavaliere. “Si compie un grande sogno perseguito con tenacia dal presidente Berlusconi e da Forza Italia. Un sogno di libertà, di sicurezza, di garanzie per i cittadini”, ha detto Tajani, e altrettanto ha detto il capogruppo Maurizio Gasparri. La Lega, con Erica Stefani, ha sostenuto che la riforma “non è contro la magistratura”. Esulta la senatrice leghista Giulia Bongiorno, “Finalmente avremo la terzietà del giudice. Accusa e difesa sullo stesso piano. Tutti i cittadini devono essere consapevoli dell’importanza di questa riforma.
Secondo Fratelli d’Italia, “giustizia è fatta. Avanti con le riforme”, recita uno striscione srotolato a Piazza San Luigi dei Francesi, a due passi da Palazzo Madama, da una delegazione di parlamentari. A festeggiare per il risultato, con i capigruppo di FdI di Camera e Senato, Lucio Malan e Galeazzo Bignami, si presenta un nutrito gruppo di parlamentari tra senatori e deputati, incluso il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove, e il presidente della commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, Alberto Balboni che ha preso la parola subito dopo i ringraziamenti di Malan ai presenti. “Tutta la sinistra protesta contro questa norma che sancisce la separazione delle carriere, ma in realtà”, dice Balboni, “ciò che dà davvero fastidio non è questa parte della riforma, ma quella che taglia le unghie alle correnti della magistratura, quella che sancisce l’estrazione a sorte per la composizione del Csm per quanto riguarda la componente togata. Questo”, incalza, “è ciò che loro non digeriscono, perché in questo modo si interrompe lo strapotere delle correnti sui magistrati. Io frequento i tribunali tutti i giorni e vi garantisco che la grande maggioranza dei magistrati è contenta di questa riforma, perché finalmente farà carriera chi davvero lo merita e non chi è asservito a una o all’altra corrente”. “E poi con questa riforma finalmente ci saranno due Csm: uno che si occuperà dei pubblici ministeri e uno che si occuperà dei giudici. Perché”, ribadisce Balboni.
“È contrario a ogni principio liberale che giudici e pubblici ministeri decidano insieme, gli uni nei confronti degli altri, la carriera, le promozioni, i trasferimenti e persino i procedimenti disciplinari. È questo”, assicura, “che dà fastidio alla sinistra e a certa magistratura perché in questo modo noi tagliamo la cinghia di trasmissione tra certa mala politica e certa magistratura”. Lucio Malan prende il microfono per ringraziare tutti coloro che “hanno fatto la prima e più complessa lettura” del decreto costituzionale. In primis il ministro della Giustizia Nordio che “è stato costantemente presente nel lavoro d’Aula, sopportando anche interventi non riguardosi ne’ della sua persona, né della sua carica. Il ministro Nordio”, ricorda Malan”, è stato alleato del Parlamento nel portare avanti questa riforma con la sua esperienza di magistrato di quarant’anni di carriera, senza macchia e con la massima credibilità. Anche come ministro sta portando avanti un lavoro straordinario per la giustizia della nostra nazione”.
Di segno opposto le opposizioni. Per Giuseppe Conte la riforma “realizza il disegno di Licio Gelli e della P2”, mentre in Aula Roberto Scarpinato ha detto che “la separazione delle carriere è un regolamento di conti della casta dei potenti contro la magistratura”. Secondo Peppe De Cristofaro, capogruppo di Avs, il Ddl mira a rompere la separazione dei poteri, subordinando alla politica il potere giudiziario. Giudizio condiviso dal Pd ma Dario Franceschini ha paventato “un boomerang”: Il Csm dei soli Pm, “separato, autonomo, autogestito, dai confini ignoti” farà dei Pm “dei superpoliziotti”, il che conduce “a un rischio ignoto”. Virulenta anche la critica di Matteo Renzi a Nordio per la vicenda Almasri. Solo Carlo Calenda ha annunciato il voto favorevole, benché gli altri senatori di Azione si siano astenuti, così come quelli di Italia viva. Non è mancata la voce dell’Anm. Secondo l’Associazione “la riforma addomestica i magistrati”, “toglierà garanzie ai cittadini” con il chiaro intento di far sì che la magistratura “rinunci al proprio compito di controllo di legalità”. La promessa è di far sentire la propria protesta fino al referendum. Passaggio che il centrodestra auspica mostrando sicurezza ma che per Dario Franceschini, si tramuterà in un altro “boomerang” trasformandolo in un nuovo “Papeete” che costringerà Meloni alle dimissioni.
Quali sono i contenuti della riforma della giustizia
Una magistratura, due carriere
L’attuale articolo 104 della Costituzione afferma che “la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”, frase a cui la riforma aggiunge che essa “è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente”.
Due Csm
All’attuale Consiglio superiore della magistratura (Csm) ne subentreranno due: uno “della magistratura giudicante” ed uno “della magistratura requirente”; entrambe “sono presieduti dal presidente della Repubblica”; “ne fanno parte di diritto” rispettivamente “il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione”.
Csm estratti a sorte: i due Consigli non saranno elettivi
Essi saranno composti per un terzo da membri laici e per due terzi da togati; i primi saranno estratti a sorte da un elenco di giuristi predisposto dal Parlamento in seduta comune; i secondi saranno sorteggiati tra tutti i magistrati, giudicanti e requirenti, che avranno i requisiti che stabilirà una legge ordinaria successiva. I componenti dei due Csm “durano in carica quattro anni e non possono partecipare alla procedura di sorteggio successiva”.
Poteri dei due Csm
I due Csm perdono i poteri disciplinari oggi affidati a una Sezione speciale dell’attuale Csm. Essi avranno competenze per quanto riguarda “le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le valutazioni di professionalità e i conferimenti di funzioni nei riguardi dei magistrati”.
Alta corte disciplinare
La giurisdizione disciplinare nei riguardi di tutti i magistrati “è attribuita all’Alta Corte disciplinare”. Essa sarà composta da 15 membri: 3 nominati dal presidente della Repubblica; 3 estratti a sorte da un elenco di giuristi che il Parlamento in seduta comune “compila con elezione”; 6 estratti a sorte tra i magistrati giudicanti con 20 anni di attività e con esperienze in Cassazione; 3 sorteggiati tra i magistrati requirenti con vent’anni di attività e esperienza in Cassazione. I togati sono quindi la maggioranza, ma il presidente viene eletto tra i laici. Durano in carica 4 anni, l’incarico non è rinnovabile.
Sentenze non impugnabili
Le sentenze sono ricorribili solo davanti alla stessa Corte che giudicherà in secondo grado in una composizione diversa rispetto al primo. Le sentenze non sono impugnabili in Cassazione come prevede l’articolo 111 della Costituzione. Una legge ordinaria disciplinerà gli illeciti disciplinari, le sanzioni, la composizione dei collegi, il procedimento e il funzionamento dell’Alta Corte.
Leggi attuative
L’ultimo articolo della riforma stabilisce che “entro un anno” dall’entrata in vigore (quindi dopo il referendum) devono essere varate le leggi attuative. Nel frattempo continuano ad osservarsi le leggi vigenti.
di Michele Perseni