giovedì 10 luglio 2025
Il ministro dell’Interno fa chiarezza. A Bengasi è avvenuto un “cortocircuito protocollare che riguardava la composizione delle delegazioni che dovevano incontrarsi. Ma non ha coinvolto l’Italia”. È quanto ha puntualizzato, in un’intervista al Corriere della Sera, Matteo Piantedosi, cercando di chiarire una volta per tutte la vicenda che ha sollevato non poche polemiche diplomatiche, in Italia come in tutta l’Eurozona. “Nessun respingimento – ha specificato il ministro – ma più concretamente un annullamento della riunione all’ultimo momento”. Una precisazione che non vuole minimizzare, anzi per l’ex prefetto di Roma è il “contrario, posso dire che non è un incidente da poco ed è soprattutto una occasione perduta: sarebbe stata la prima volta di una visita in Cirenaica di una delegazione guidata dalla Commissione europea. Però credo che non vadano neanche ingigantite le possibili conseguenze”.
Alla domanda se si possa parlare di umiliazione, la risposta è netta: “Credo che sia un modo semplicistico e un po’ provinciale di compiacersi di quello che sicuramente è stato un incidente diplomatico che però, lo ripeto, non è attribuibile in alcun modo alla delegazione italiana. Noi consideriamo di grande importanza la collaborazione che stiamo consolidando con entrambe le parti libiche. Su dossier così importanti l’azione del governo è sempre corale e coordinata”. Sul possibile rischio di una ritorsione migratoria da parte della Libia, Piantedosi è categorico: “Non ho nessun motivo per crederlo, anzi. Posso testimoniare la straordinaria collaborazione che le autorità della Libia, così come quelle della Tunisia, stanno dimostrando sul fronte del contrasto al traffico di esseri umani e del sostegno ai rimpatri volontari assistiti”.
Il ministro esclude poi ogni collegamento con il “caso Almasri”: per Piantedosi non significa “assolutamente nulla”. E aggiunge, sul rimpatrio effettuato su un volo di Stato: “Ho già spiegato quattro volte in Parlamento i motivi di tutela dell’interesse nazionale e di protezione dei nostri cittadini che hanno ispirato quella decisione”. Quanto alla posizione del ministro della Giustizia Carlo Nordio, Piantedosi ribadisce pieno sostegno: “È un grande ministro. È fortemente impegnato su temi e riforme epocali che lo hanno reso obiettivo principale delle opposizioni che, peraltro, fanno il loro mestiere. Anche lui ha già più volte riferito in Parlamento fatti e circostanze che non possono essere semplicisticamente contraddetti da indiscrezioni e illazioni. La prosecuzione degli accertamenti sulla vicenda dimostrerà presto come tutti noi ci siamo mossi nell’esclusivo fine dell’interesse pubblico che compete alle rispettive funzioni ministeriali”.
LA LIBIA AVVIA PROCESSO CONTRO ALMASTRI
Nel frattempo, la Procura generale di Tripoli ha emesso un ordine formale di comparizione nei confronti di Osama Najim Almasri, in relazione alle imputazioni del mandato di arresto della Corte penale internazionale (Cpi). I reati contestati si conoscono ormai benissimo: stupro, tortura, omicidio, trattamento inumano, detenzione arbitraria e altri reati riconducibili a crimini contro l’umanità. Lo ha reso noto l’Ufficio della procura generale della Libia, chiarendo che “la Procura ha avviato un procedimento pubblico nei suoi confronti secondo le norme della giurisdizione nazionale”. La Procura ha quindi “avviato il procedimento preliminare esaminando gli elementi dei reati menzionati nel mandato d’arresto emesso dalla Camera preliminare della Cpi. Ha poi esaminato i fatti trattati dai tribunali nazionali prima dell’emissione del mandato d’arresto per determinare se corrispondono agli elementi dei reati menzionati nel mandato. La Procura ha infine richiesto un ordine di comparizione per l’interessato”.
Il provvedimento di convocazione segue un precedente interrogatorio avvenuto il 28 aprile 2025, durante il quale Almasri è stato “formalmente informato delle accuse a suo carico”, si legge nel comunicato. “Le sue risposte sono state verbalizzate. E l’accusa ha quindi iniziato a raccogliere informazioni pertinenti e ha rinviato l’udienza successiva fino all'elaborazione della richiesta di assistenza legale presentata dall’accusa all’Ufficio del procuratore della Corte penale internazionale, al fine di fornirle prove dei fatti oggetto dell’accusa e materiale a supporto”, ha chiosato la nota.
di Eugenio Vittorio