Carceri: Giorgia, abbiamo un problema

venerdì 4 luglio 2025


Giorgia, abbiamo un problema. E non servivano certo le parole di Michele Fina, il senatore dem che, a margine del suo intervento in Aula nel dibattito sulla riforma della separazione delle carriere, ha voluto leggere alcuni passaggi del diario di Gianni Alemanno sulla condizione dei detenuti a Rebibbia, per certificarlo o rendere meglio l’idea di quanto esplosiva possa essere oggi la situazione nelle carceri italiane. La temperatura all’interno delle celle, denuncia nei suoi diari l’ex sindaco di Roma, cresce a dismisura salendo i piani del penitenziario, tanto che all’ultimo ci sono dieci gradi in più rispetto al piano terra. Ma “la politica dorme con l’aria condizionata”, ripete ogni volta Alemanno. L’ex ministro, si ferma poi a raccontare come il mix esplosivo di sovraffollamento e calura, renda “una tortura” la vita in carcere, e punta il dito direttamente contro quel mondo della politica di cui lui stesso, per lungo tempo, ha fatto parte: “Questo caldo rovente che ci porteremo nei prossimi mesi si aggiunge alla vergogna del sovraffollamento. La politica non si accorge che già a giugno siamo arrivati a cinque proteste carcerarie, (oggi anche reato, dopo il Decreto sicurezza) da parte dei detenuti, follia da cervelli surriscaldati e da persone accatastate una sull’altra. Quando si fa politica – conclude Alemanno – e soprattutto si prendono impegni istituzionali, non si può volgere la testa dall’altra parte, non si può chiudere gli occhi perché non conviene vedere. Perché questo non è solo uno sbaglio, è una vergogna”.

Uno sfogo dunque durissimo, quello in cui è incorso l’ex primo cittadino capitolino, poi prontamente enfatizzato dalle opposizioni e strumentalizzato in funzione antigovernativa per “dare addosso” a una maggioranza, che, comunque sia, non può assolutamente permettersi il lusso di sottovalutare, o ancor peggio di ignorare il problema. Quella del sovraffollamento delle carceri, e della contestuale carenza del personale di sorveglianza, è una questione seria e quanto mai attuale, e peraltro ormai prossima a diventare insostenibile. Una vera e propria bomba a orologeria destinata, presto o tardi, ad esplodere e a mietere vittime illustri anche all’interno di quel mondo della politica a cui Gianni Alemanno ha giustamente fatto riferimento nei suoi “diari di cella”. Cercare di sminuire il problema, spostando altrove il focus dell’attenzione e facendo in modo che se ne parli il meno possibile, o continuare a procrastinare, sperando che tutto possa miracolosamente risolversi senza intervento alcuno, non può certo essere la soluzione di quella che è oggi, a tutti gli effetti, una delle grandi emergenze sociali del nostro tempo. Serve, invece, agire, con determinazione e solerzia, predisponendo un piano di interventi urgenti e strutturali tesi a ridurre la popolazione carceraria mediante un maggiore ricorso a misure alternative alla detenzione, garantire condizioni di vita dignitose ai detenuti, e interrompere la drammatica escalation di suicidi a cui oggi, silenti, assistiamo. L’imperativo categorico non può che essere “agire”. Adesso. Per disinnescare un pericoloso ordigno, utilizzabile anche e soprattutto da chi vorrebbe tanto frenare il percorso di riforma della Giustizia coraggiosamente intrapreso dalla coalizione di centrodestra, che potrebbe determinare effetti collaterali letali per la tenuta dell’Esecutivo.


di Salvatore Di Bartolo