mercoledì 25 giugno 2025
Transparency International, realtà associativa che si batte per promuovere la legalità e la cultura dell’anticorruzione nelle istituzioni come nelle imprese, insieme ad altre venti associazioni italiane e ad altre trentasette organizzazioni della società civile provenienti da tutta Europa, ha pubblicato una lettera aperta al Consiglio dell’Ue e al Parlamento europeo. L’obiettivo della missiva è quello di implementare nonché irrobustire le misure anticorruttive nell’Unione. Mission: impossible? No.
Nella corrente nuova era, la missione dello Stato di diritto costituzionale, infatti, è quella di rendere effettivi, sostanziali, sburocratizzati i procedimenti di contrasto e prevenzione di ogni pactum sceleris. La devianza e l’illegalità non risiedono soltanto nel dolo dei killer o nelle dinamiche omicidiarie, ma anche nei gangli reazionari delle burocrazie e nei volubili cartelli dei mercati mobiliari.
Per lottare contro tali disfunzioni che deprimono il sistema produttivo, nel 2023 la Commissione europea ha proposto una direttiva, approdata ai cosiddetti “triloghi”, ossia ad una fase finale con i negoziati interistituzionali. Il fine di ogni direttiva è di impegnare gli Stati membri a realizzare determinati risultati, lasciando i legislatori nazionali liberi nella scelta di forme e mezzi, salvo ove si tratti di direttive “self executing”, dotate di un maggior grado di specificità. Nell’armonizzare adeguatamente la legislazione dei 27 Paesi membri, si è proceduto a rendere obbligatoria nei confronti di questi l’incriminazione dei reati previsti dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (Uncac).
Ogni Paese dell’Ue, quindi, adotta le misure legali necessarie a criminalizzare la corruzione attiva e passiva dei funzionari pubblici, punendo con sanzioni dissuasive anche la complicità e l’istigazione. Il novero degli strumenti a disposizione delle forze dell’ordine nelle indagini, e nel perseguimento di tali reati, sarà oggetto di ulteriori ripensamenti ed efficientamenti. Ma il cuore del problema risiede nell’apparato burocratico e nel sistema di controllo dei controllori.
Come nelle più alte febbri da cavallo occorrono termometri precisi, così Transparency International con il suo Global Corruption Barometer (Gcb) ha rilevato che solo il 21 per cento dei cittadini europei ritiene che i funzionari pubblici subiscano sanzioni adeguate, nei casi di corruzione di cui sono colpevoli. Mentre il 53 per cento pensa che i governi siano dominati da grandi interessi privati. Questa percezione è davvero preoccupante.
Le nuove frontiere della leadership eurounionale, dunque, dovranno aprirsi a coloro che sapranno congiungere l’ethos popolare con la legalità istituzionale ed impresaria. I leader dei popoli europei dovranno studiare nuovi mezzi per comunicare a tutti l’urgenza di rafforzare sempre di più la posizione del Parlamento europeo.
Edificare l’Europa quale casa della democrazia, e delle nazioni libere, rappresenta quella sfida geopolitica che deve graffiare le coscienze di ogni schieramento politico all’avanguardia. La guerra alle corruttele, alle mafie e all’illegalità necessita di un’arma che nessun criminale potrà mai utilizzare: il garantismo securitario. L’obiettivo è essere severi con chi sbaglia molto, senza mai costruire macchine del fango o capri espiatori giudiziari.
È importante declinare il paradigma dell’anticorruption culture secondo i cardini liberali della giustizia giusta. La Convenzione dell’Onu Uncac, un vero e proprio must multilaterale di diritto internazionale a cui la stessa Ue si ispira, non ha mancato di ribadire l’insopprimibile principio penalistico del ne bis in idem. Corruttivo o non corruttivo, sistemico o non sistemico, uno stesso fatto di reato una volta sola va punito.
di Luigi Trisolino