lunedì 19 maggio 2025
Secondo l’International Institute for Strategic Studies (Iiss) la Russia potrebbe sferrare un attacco ai paesi baltici fra un paio d’anni, soprattutto se gli Usa uscissero dalla Nato. Ciò che è certo, per il momento, è che la Russia ha attaccato l’Ucraina. E non intende ragione perché, sul piano diplomatico, è davanti agli occhi di tutti la sua reiterata “tecnica” del rinvio e del suo auspicare la pace come un obiettivo contro il quale non è lei bensì il resto del mondo ad opporsi. Pare davvero di essere tornati ai tempi della Guerra Fredda quando l’Unione Sovietica indirizzava i suoi proclami ai paesi e ai popoli “amanti della pace” − espressione subito adottata dal Pci − proprio mentre dedicava una fetta piuttosto notevole del suo bilancio agli armamenti di tutti i tipi, nucleari in primo piano, lasciando alla fame milioni di russi.
Quanto all’uscita degli Usa dalla Nato, come condizione attesa dalla Russia per aggredire Lettonia o Estonia, Lituania o, magari, Finlandia, sembra essere del tutto ipotetica per non dire campata in aria. Gli Stati Uniti, di fronte ad un attacco del genere sopra indicato, non starebbero comunque solo a guardare, come hanno del resto fatto nella Prima e nella Seconda Guerra Mondiale. Il punto vero è, semmai, la valutazione, da parte del Cremlino, della probabilità di successo. Una probabilità che, fino ad oggi, è apparsa alla Russia oggettivamente bassissima ma che, domani, potrebbe cambiare. Il potenziale mutamento potrebbe consistere non tanto, come detto sopra, nell’assenza degli Usa nel gruppo della Nato che, secondo il noto articolo 5, impegna tutti i Paesi membri ad intervenire contro un possibile aggressore di uno qualsiasi dei paesi aderenti, quanto nella mancanza di volontà di reagire da parte dei Paesi europei. D’altra parte, per reagire con efficacia, occorrono da un lato forti convinzioni circa la legittimità della difesa e, dall’altro, strumenti adeguati a concretizzarla.
Stabiliti questi ovvi principi, ciò che più sconcerta, nell’attuale situazione, tanto complicata quanto pericolosa, è l’ostilità della sinistra a qualsivoglia proposta di ammodernamento e rafforzamento delle nostre forze armate e di quelle europee. Anche qui, si sentono vagiti che vengono da lontano, quando il Pci e le anime belle dei catto-comunisti si opponevano alla Nato, vagiti che vengono tuttora intonati su un tema decisamente geniale e originale, ossia… la pace. Senza però chiedersi come perseguirla. Su vari giornali e in vari talk show viene rinnovato ogni giorno lo “scandalo” derivante dall’intenzione del nostro Governo, come degli altri, di migliorare la nostra capacità di difesa sostenendo, da una parte, che quei soldi sarebbero più utili per la sanità o per altre spese socialmente utili e, dall’altra, che invece di pensare alle armi sarebbe meglio ricorrere alla diplomazia. Passando sopra, con un’audacia che finisce nell’imbecillità, alla evidente intrattabilità diplomatica di Putin e alla sua inaffidabilità. Che i soldi sarebbero meglio spesi per la sanità è certo: ma sarebbe come se, di fronte ad un aggressore, uno pensi di poter trovare il tempo per curarsi dalla gotta avviando nel frattempo un sereno “dialogo” con chi gli sta puntando una rivoltella. Sarebbe il caso di chiedere a coloro che blaterano, in Italia e in altri Paesi europei, davanti a milioni di telespettatori inneggiando ad una pace senza volto, condannando le spese militari: parlereste così in un talk show a Vilnius, a Tallinn, a Riga o magari a Helsinki? Temo che la risposta sarebbe affermativa ma solo perché pronunciata in un comodo e, per ora, sicuro studio televisivo italiano.
di Massimo Negrotti