giovedì 15 maggio 2025
Qual è il paradosso di una commissione che si occupa di libertà di stampa? Censurare un partecipante.
Se fosse una barzelletta, sarebbe una freddura e non farebbe molto ridere. Però è successo davvero. Guarda caso in quel di Bruxelles.
Ieri, 14 maggio, il gruppo interno alla Commissione Libe (libertà civili, giustizia e affari interni), che si è riunito per monitorare lo stato di diritto e libertà di stampa in Italia, presieduto dalla belga Sophie Wilmès, ha creato l’ennesimo pasticciaccio brutto in sede europea. Come? Scegliendo di far intervenire il conduttore di Report Sigfrido Ranucci ed il direttore di “Fanpage” Francesco Cancellato ed impedendo, tramite esclusione, che intervenissero rappresentati di posizioni politiche opposte come il direttore de “Il Tempo” Tommaso Cerno e Manuela Biancospino, tra le fondatrici dell’associazione Giornaliste Italiane. La politica nostrana ha prontamente organizzato una conferenza stampa e il macro-mondo di destra per una volta è riuscito a rimanere unito nel sostenere gli esclusi.
Al netto di tutte le dichiarazioni rilasciate, rimane un senso di smarrimento davanti alle scelte che l’Unione europea sta prendendo, in più settori. Non ci si può stupire se molte persone dichiarano con forza di non volere questa Europa!
Un passaggio della nota di Mariastella Gelmini, capodelegazione di Noi Moderati in Senato, è particolarmente significativo: “La stampa in Italia per qualcuno è libera solo se attacca il governo: a questo in Italia siamo abituati, ma è inaccettabile che il Parlamento europeo faccia propria questa impostazione in modo acritico. Trovo paradossale che chi dovrebbe garantire il pluralismo e dare voce a più soggetti possibili decida, invece, di limitare il dibattito ascoltando giornalisti e stakeholder in alcuni casi chiaramente di parte. La Commissione Ue faccia retromarcia e rimedi a questo clamoroso errore. E la sinistra, che non perde mai occasione per urlare alla deriva autoritaria, condanni con fermezza questa scelta. Un dibattito ampio e plurale dovrebbe essere interesse di tutti”. A quanto pare, invece no.
Eppure, qualche sparuta voce fuori dal coro si trova pure a “semi-sinistra”. Il deputato di Italia Viva, Francesco Bonifazi, ha avuto la decenza di sottolineare: “La libertà di espressione è la base fondante dei valori occidentali: non è con la censura che si costruiscono democrazie più forti. Spesso non la penso come Tommaso (Cerno, ndr), ma oggi gli mando tutto il mio sostegno”.
Visti i suoi compagni di merende, non possiamo che plaudire questo atto di onestà intellettuale così raro ed isolato.
Però il problema della faziosità in sede europea (e non solo) c’è e rimane.
Nello stesso giorno in cui il Tribunale dell’Unione europea ha accolto il ricorso presentato dal New York Times e dalla cronista Matina Stevis-Gridneff, annullando la decisione con cui la Commissione Ue aveva negato l’accesso agli sms scambiati tra Ursula von der Leyen e l’amministratore delegato di Pfizer Albert Bourla (nel periodo tra il primo gennaio 2021 e l’11 maggio 2022), la stessa Commissione ha dimostrato il proprio schema comportamentale. Sempre di censura si tratta, ma con fini molto diversi. Il solito vecchio gioco dei due pesi e due misure.
di Claudia Diaconale