mercoledì 30 aprile 2025
La raccomandazione (non giuridicamente vincolante) adottata il 23 aprile 2025 dalla Commissione Affari giuridici del Parlamento europeo ha posto in luce rilevanti criticità giuridiche in merito all’utilizzo dell’articolo 122, paragrafo 1, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (Tfue) quale base normativa per l’istituzione dello strumento Safe (Security and Defence Investment Facility), concepito come elemento centrale del piano “ReArm Europe”.
L’oggetto della raccomandazione non è l’intero progetto strategico volto al rafforzamento della base industriale e tecnologica europea nel settore della difesa, bensì la scelta della base giuridica per la sua componente finanziaria, fondata sull’emissione di debito comune a sostegno di investimenti nel comparto militare-industriale.
L’articolo 122, paragrafo 1, Tfue consente al Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea di adottare, su proposta della Commissione, misure appropriate in presenza di “gravi difficoltà” nell’approvvigionamento di determinati beni con riferimento esplicito al settore energetico.
Si tratta di una disposizione normativa eccezionale, che trova giustificazione in contingenze straordinarie e imprevedibili e che si caratterizza per una funzione eminentemente suppletiva e transitoria.
Essa si colloca, per sua stessa natura, all’interno della categoria delle norme di emergenza, il cui impiego presuppone una situazione di crisi acuta e l’assenza di strumenti ordinari adeguati ad affrontarla.
Utilizzare tale norma per introdurre un meccanismo finanziario complesso, strutturato e di lunga durata, quale Safe, destinato a finanziare in modo sistemico l’industria della difesa, appare giuridicamente forzato in quanto implica un’interpretazione estensiva e teleologicamente deviata del testo normativo.
La finalità dell’articolo 122, paragrafo 1, non è, infatti, quella di consentire la creazione di politiche pubbliche permanenti, quanto di autorizzare interventi straordinari e puntuali.
La portata materiale della norma, inoltre, è chiaramente settoriale e limitata alla gestione delle crisi nel mercato interno, non estendendosi alla definizione di politiche industriali o di sicurezza.
La sua ratio, pertanto, non può essere manipolata per sorreggere iniziative di carattere strutturale in ambiti altamente sensibili e privi di competenza legislativa attribuita all’Unione, come quello della difesa.
In questo senso, l’uso della disposizione in esame risulta anche funzionalmente distonico, poiché altera la coerenza sistemica del diritto primario, distaccando la norma dalla sua funzione originaria e rendendola strumentale a fini che eccedono il suo ambito logico e teleologico.
Come già accaduto durante la pandemia e poi con le politiche climatiche la Commissione Europea guidata da Ursula von der Leyen ha deciso ancora una volta – una volta di troppo – di esercitare un potere senza, oltre e contro il diritto, dimenticando che in un vero sistema democratico e in un reale Stato di diritto le ragioni del diritto devono sempre prevalere sulle ragioni di qualunque altra specie, come quella sanitaria, quella ambientale, quella bellica.
Il diritto ignorato o piegato alle esigenze pur emergenziali della politica è un diritto violato e tradito, e un sistema politico e istituzionale che ignora le inderogabili ragioni del diritto è un sistema che si oppone frontalmente e sostanzialmente alla razionalità giuridica tipica dello Stato di diritto per vestire i panni dell’arbitrio decisionale tipico dello Stato totalitario.
Tralasciando, infine, la compatibilità di questo strumento con il Trattato di Lisbona del 2007, resta un fatto ben rilevato da Lucano, autore del poema epico Pharsalia, che così scriveva a proposito della guerra civile tra Cesare e Pompeo: “Arma tenenti omnia, dat qui iusta negat. Chi nega il diritto (le cose giuste), dà ogni cosa a chi porta le armi”.
di Daniele Trabucco e Aldo Rocco Vitale