martedì 29 aprile 2025
Ma Papa Francesco è stato davvero un pontefice liberale, oltre che chiaramente un populista peronista? Di sicuro, per 12 anni, con lui il Vaticano e la sua figura pietrina sono stati al centro della risonanza mediatica, grazie alle capacità innate di comunicatore del successore di Benedetto XVI, quest’ultimo colto e accorto ma anche lui vittima delle “velenerie” vaticane. Da decenni, ormai, nessuno degli assurti al soglio di Pietro sa come affrontare la scristianizzazione dell’Occidente e le chiese vuote, a fronte della crescita del cristianesimo nei continenti meno sviluppati. Soprattutto, le giovani generazioni disertano i rituali tradizionali (come la Santa Messa) e gli insegnamenti della catechesi cattolica, oggi incomprensibili a molti dei nati dopo gli anni Novanta. Così, seminari, conventi e chiese non trovano né preti per le parrocchie, né sufficienti vocazioni per diffondere la parola e l’esempio di Cristo nel resto del mondo. Con Francesco, la difesa a tutto campo dei diritti dei migranti, a favore di un’accoglienza indiscriminata, è stata oggetto di un’ossessiva, instancabile, super pubblicizzata e politicizzata comunicazione papale. Per di più, le sue continue chiamate in correo in merito alle responsabilità governative per l’adozione di politiche anti-immigratorie, ha creato serio imbarazzo all’interno delle democrazie occidentali e delle loro opinioni pubbliche a maggioranza anti-immigrazionista, favorendo la crescita inarrestabile di partiti di estrema destra xenofobi e anti élitari. Mai una parola papale sulla necessità del controllo delle nascite, per evitare centinaia di milioni di nuovi nati indesiderati, che nessuno sa come mantenere in continenti sovrappopolati e insicuri.
Per di più, il discorso pro-immigrazione bergogliano si è rivelato particolarmente scivoloso e ambiguo almeno su tre aspetti fondamentali. Il primo, riguarda il complesso criminale internazionale dei nuovi negrieri, che favoriscono in ogni modo l’assalto dei migranti non autorizzati alle frontiere terrestri e marittime di molti Stati occidentali, e nordamericani in particolare. Ora, ci si sarebbe potuti ragionevolmente aspettare una scomunica papale nei confronti di tutti questi schiavisti moderni, e dei loro complici interni e internazionali, invocando la giustizia divina e terrena per la loro punizione ampiamente meritata. Sarebbe bastato, che so, etichettarli come meritano da formazioni terroristiche, che praticano indiscriminatamente (a fini di lucro e di terrore) la violenza, le torture, lo sfruttamento di ogni tipo e genere su persone innocenti. Il secondo aspetto, invece, riguarda molto più da vicino la politica, rispetto al primo punto che ha evidenti contorni criminali. Anche se esiste ed è dimostrato l’uso strumentale delle migrazioni di massa e della loro pietosa condizione umanitaria, come arma di ricatto da parte di soggetti statuali, soprattutto rivieraschi. Questi ultimi, infatti, concentrano al loro interno numeri enormi di migranti illegali, in attesa di imbarco per le destinazioni europee. E proprio l’Italia, in cui ha sede lo Stato del Vaticano, rappresenta negli ultimi anni l’hub di questi arrivi indiscriminati e indesiderati per milioni di unità.
Ora, è ben strano che nessuno né qui da noi, né all’estero, abbia fatto notare la cosa più evidente del mondo, ovvero: se, per sua scelta morale, la Chiesa di Roma suggerisce di accogliere (a carico di tutte le altre Nazioni!) tutti i migranti che lo richiedono, allora il Vaticano dovrebbe rendersi disponibile a fare la sua parte, concedendo centinaia di migliaia di status di rifugiato. Magari attrezzando per l’accoglienza temporanea le sue innumerevoli proprietà, sparse su tutto il territorio nazionale italiano, come le strutture conventuali, oggi deserte. Il terzo punto, è invece politicamente ben più grave, per quanto riguarda le intemerate bergogliane pro-migrazioni indiscriminate. In sintesi, si tratta di questo. Molti milioni di migranti provengono da Paesi ricchissimi di terre fertili e di materie prime, come l’Africa e l’America Latina. Ora, è chiarissimo (basta un onesto excursus storico per questo) che proprio i regimi autoctoni post-coloniali hanno creato tutte le condizioni destabilizzanti della miseria e della violenza diffusa, che sono poi la prima causa delle migrazioni. Da un lato, come accade in America Latina, lasciando che i gruppi criminali della droga e delle estorsioni facciano il bello e il cattivo tempo, costringendo decine di milioni di persone a cercare rifugio e sicurezza in Occidente.
Dall’altro, come accade da almeno mezzo secolo in Africa, consentendo alle élite più corrotte e sanguinarie post-colonialiste di appropriarsi dell’intera ricchezza dei loro popoli, a beneficio di ristretti clan di potere. Nei loro confronti, la comunità internazionale (onusiana in particolare) non ha mosso un solo dito per metterli fuori legge; né si è organizzata per disarmare e smantellare decine di feroci gruppi di guerriglia, che terrorizzano, depredano e spingono all’emigrazione per disperazione decine di milioni di persone. Del resto, qual è la regola per sanzionare tutti costoro, impedendo che inviino delegati all’Onu? Non sono, forse, quei regimi corrotti e sanguinari i veri responsabili del bisogno di migrare di centinaia di milioni di individui, a causa del fatto che i responsabili politici locali non hanno dimostrato alcuna cura verso di loro, mentre sperperano le immense ricchezze comuni in lussi, armi e altre amenità? Che senso ha lamentarsi delle terribili povertà che infestano le spaventose favelas delle megalopoli africane e sudamericane, senza mai denunciare le responsabilità politiche di questo disastro umanitario, che sono tutte interne a quegli stessi Paesi e continenti? Queste centinaia di milioni di migranti irregolari, che vanno ad aggiungere altro degrado alle periferie urbane già degradate delle città occidentali, non sono forse i nuovi schiavi di un capitalismo globale senza regole?
Perché, ad esempio, non si è mai chiesto dall’alto di quella Cattedra un piano (sul modello della Road & Belt cinese) da decine di trilioni di dollari, finanziato da tutto l’Occidente, per la costruzione di infrastrutture vitali (impianti di desalinizzazione; reti infrastrutturali di primaria importanza per il trasporto di acqua, elettricità, telefonia, smaltimento delle acque scure, e così via) a beneficio dei continenti economicamente depressi, demolendo milioni di chilometri quadri di baraccopoli per far posto a insediamenti che siano in armonia con l’ecosistema e le ricchezze naturali locali? Ma, soprattutto, se si vuol far vivere di buona agricoltura miliardi di persone, perché nessuno ha detto come si potrebbe fare per avvantaggiarli nei commerci mondiali, abbattendo le relative barriere protezionistiche? Conclusione e un auspicio per il prossimo erede di Pietro: le persone non debbono essere costrette a migrare per disperazione e povertà, ma vanno poste nella condizione di poter vivere dignitosamente lì dove sono nate, soprattutto se i loro Paesi non mancano di ogni ben di Dio che la terra ha conservato per loro da milioni di anni. La povertà trova, innanzitutto, i suoi responsabili all’interno delle comunità in cui si verifica: prego il futuro Padre Santo di verificare e denunciare, prima di invitare chiunque sia a lasciare la propria terra d’origine, ricordando loro ogni giorno la Parabola dei Talenti!
di Maurizio Guaitoli