Il “giorno dopo”, parla Liliana Segre

martedì 29 aprile 2025


Il giorno dopo “il grande funerale” di Papa Francesco, cosa resterà dell’indimenticabile 25 aprile 2025? Le parole di Liliana Segre. Le ha pronunciate su Rai 3, alle 21.20 del 26 aprile, nel corso del documentario Liliana Segre ricorda. Testimone dell’Olocausto di Peter Freeman e Paola Leoni, a cura di Michela Sellitto. Regia di Matteo Minissi, per la serie La grande storia. Non è l’unico documento della senatrice a vita. Lunedì 20 gennaio scorso è uscito nelle sale Liliana Film, un documentario diretto da Ruggero Gabbai, che racconta la straordinaria storia della testimone italiana più illustre della Shoah. Sono 97 minuti di pellicola, che solo nelle prime 5 settimane hanno incassato 220mila e 203 euro nel primo weekend. Come avrà vissuto la senatrice Segre la morte di Papa Francesco? E cosa penserà di tutto il crocevia che Jorge Mario Bergoglio lascia qui sulla Terra: un crocevia di religioni, guerre, contese, questioni, affari, salvezza. Una cosa è certa. All’indomani del “funerale” che ha reso spettacolari le immagini da Piazza San Pietro inequivocabilmente “centro della cristianità”, Liliana ha sciolto il suo dolore, le sue reticenze, un groviglio di paure e responsabilità, il dovere e l’ineluttabile conto con la vita. “Ero una bambina italiana, una bambina allegra, felice, che andava a scuola con le altre bambine”.

Inizia così la puntata speciale. E Liliana Segre, nata nel 1930, dopo aver perso la mamma nei primi anni di vita, cresciuta da una famiglia di commercialisti e piccoli imprenditori, esempio perfetto della borghesia produttiva milanese, narra quell’intreccio pesante e particolare che non è solo l’essere “ebreo”, ma la religione. “I Segre – dice la voce fuori campo – erano laici e atei e il padre antifascista”. Tuttavia la senatrice racconta di essere stata battezzata con rito cattolico e che andava a scuola dalle suore. Questa, forse, fu la differenza. Perché quando dopo l’8 settembre 1943, dopo l’armistizio di Pietro Badoglio, la comunità ebraica fu decretata “nazionalità nemica” e i figli delle famiglie ebree proseguirono gli studi nelle proprie “scuole ebraiche”, la piccola Liliana aveva nel cuore ancora le sue suore. È vero che anche a lei era toccato sentirsi dire “a 8 anni non puoi più andare a scuola” e lei, come si capisce dal filmato, avrà pensato “non potrò fare la terza”. “Perché?”, chiese al padre. “Perché è così”, risposero. E la futura senatrice italiana al momento “ci rimase male”. Male di cosa? Che la suora, la maestra, il suo piccolo mondo di bambina le diceva “non siamo noi, non possiamo fare niente”. Ecco come una pallina di neve diventa una valanga, per usare proprio una sua espressione. Lo stacco è impressionante. Le immagini, che sono d’epoca, riportano la verità. Le stesse scene, le stesse cose, che mi raccontava anche mia madre. Le scolarette che salivano in ordine gli scaloni dei vetusti fabbricati scolastici, le gambette nude, i grembiuli immacolati, tutte uguali, la lavagna, il gesso, la cattedra, le cattedre di una volta, la cara maestra e la bella calligrafia. Consiglio di vedere o rivedere la puntata.

Una bambina finisce di scrivere la frase alla lavagna, si volta e alza la mano, di scatto, veloce e altrettanto di scatto e velocemente si alzano tutte le compagne. Cosa si saranno dette? Penso, immagino: “Io ho terminato il mio compito, chi vuole proseguire?”. Tutte in piedi col braccio alzato. È possibile? Non lo so. Era così la scuola ai tempi, così amata, così disciplinata, così importante? La risposta è nei fotogrammi successivi. Il titolo della parte, che segue a questa prima memoria, recita così: “Liliana ricorda. Matricola 75190”. Panoramica sui campi di concentramento. Mi interrogo: sono finiti quei campi di concentramento? Forse non sono tali, forse perfino peggiori, forse potrebbe venire come si dice “il peggio del peggio”. Ecco allora che “il miracolo” che pure lo storico-giornalista Paolo Mieli, nel fondo in apertura a sinistra del Corriere della Sera scrive che non c’è stato, io credo che sia invece tutto in divenire. Perché se questi non sono miracoli, il papa, il funerale, i grandi della Terra, milioni di cittadini universali e migliaia di presenti in piazza San Pietro, gli 80 anni della Festa della Liberazione, la morte di Papa Francesco il giorno dopo la Resurrezione, le guerre, la pace, le stabilità economiche in tutti i lati, l’immagine del presidente degli Stati Uniti Donald Trump seduto di fronte al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, entrambi su due sedie davanti alla “porta principale” della cattedra dell’Apostolo Pietro. Se non sono miracoli questi, cosa sono?


di Donatella Papi