martedì 22 aprile 2025
I funerali di Papa Francesco si terranno sabato 26 aprile, alle 10, sul sagrato della Basilica di San Pietro. La liturgia sarà presieduta dal cardinale decano Giovanni Battista Re. Dopo le esequie, il feretro del Pontefice sarà portato nella Basilica di San Pietro e da lì nella Basilica di Santa Maria Maggiore per la tumulazione. È quanto comunica l’Ufficio delle celebrazioni liturgiche. Frattanto, il Consiglio dei ministri ha proclamato il lutto nazionale per cinque giorni, fino a sabato. Ai funerali solenni parteciperanno numerosi capi di Stato e di Governo. È prevista la presenza della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, della presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola, del presidente statunitense Donald Trump insieme alla moglie Melania, del presidente argentino Javier Milei, del presidente del Brasile Luiz Inácio Lula da Silva, del cancelliere tedesco Olaf Scholz, del presidente della Repubblica federale tedesca Frank-Walter Steinmeier, del premier britannico Keir Starmer, del presidente francese Emmanuel Macron, del presidente del Portogallo Marcelo Rebelo de Sousa, del premier portoghese Luís Montenegro, del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, del re Felipe e della regina Letizia di Spagna, del re Filippo e della regina Mathilde di Belgio, dell patriarca ecumenico Bartolomeo I, del metropolita Antonij Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca.
Il Conclave per eleggere il nuovo Papa dovrebbe iniziare tra il 5 e il 10 maggio. Sono 135, al momento attuale, i cardinali con diritto di voto e che potranno entrare nel Conclave. In bilico si registra solo la posizione del cardinale spagnolo Carlos Osoro Sierra, il più anziano del consesso, che compirà gli 80 anni il prossimo 16 maggio, seguito di solo un mese dal guineano Robert Sarah. Il più giovane del Conclave sarà l’ucraino Mykola Byčok, 45 anni compiuti il 13 febbraio. E già da tempo circolano i nomi dei possibili “papabili”: dal segretario di Stato Pietro Parolin all’arcivescovo di Bologna Matteo M. Zuppi, dal patriarca di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa all’ungherese Peter Erdo, dal francese Jean-Marc Aveline all’olandese Willem J. Eijk, fino al filippino Luis Tagle per rappresentare la Chiesa asiatica o al congolese Fridolin Ambongo Besungu per impersonare l’eventualità africana, o ancora al brasiliano Leonardo Ulrich Steiner, arcivescovo di Manaus, per i latinoamericani. Una quota, quella di 135 elettori, che supera ampiamente la soglia massima di 120 fissata dalla costituzione apostolica Romano Pontifici Eligendo di Paolo VI (1° ottobre 1975), e confermata dalla Universi Dominici Gregis di Giovanni Paolo II (22 febbraio 1996). Tuttavia, sia lo stesso Karol Józef Wojtyła sia i suoi successori hanno spesso derogato alla norma. In particolare, con l’ultimo suo Concistoro del 7 dicembre scorso, il decimo del pontificato, in cui ha creato 20 nuovi “elettori”, è come se il già quasi 88enne papa Francesco avesse voluto costituire una “riserva” stabile, una sorta di soglia di tranquillità nel caso si presentasse appunto la necessità di eleggere un nuovo Pontefice. Francesco superava così anche i Concistori indetti da Giovanni Paolo II, che ne tenne nove. Papa Bergoglio in tutto ha creato 163 cardinali. Ad oggi gli elettori da lui nominati sono 108: un numero che costituisce la stragrande maggioranza dei 135 abilitati a entrare in Conclave (22 quelli creati da Benedetto XVI, ormai solo cinque quelli nominati da Papa Wojtyła), anche se non si può dire che si tratti di un gruppo omogeneo, men che meno monolitico dal punto di vista della visione sulle questioni che riguardano la vita e il Governo della Chiesa.
Basti dire che tra chi ha ricevuto la porpora da Francesco c’è un suo fiero oppositore come il tedesco Gerhard Ludwig Mueller, prefetto della Dottrina della fede con Papa Ratzinger (che però non lo fece mai cardinale), e che a Bergoglio non ha fatto mai mancare aspre critiche su vari temi. Lo stesso dicasi anche per diversi cardinali africani, che sui temi etici, o ad esempio sull’approccio verso l’omosessualità, non sono certo in linea con quanto si professa in Europa, e tanto meno con la benedizione delle coppie gay legittimata nel documento Fiducia supplicans. Quello che sicuramente ha realizzato Papa Francesco con il complesso delle sue nomine cardinalizie, comprese le ultime, sono una Chiesa e un Sacro Collegio sempre meno eurocentrici, sempre meno a trazione italiana e occidentale, con uno sguardo attento e puntiglioso alle periferie e alle Chiese “di frontiera” in tutto il pianeta. Guardando ancora al Conclave, 59 saranno i cardinali provenienti dall’Europa (19 dall’Italia), 37 dalle Americhe (16 dall’America del Nord, quattro da quella Centrale, 17 dall’America del Sud), 20 i cardinali dall’Asia, 16 dall’Africa, tre dall’Oceania.
E sicuramente le istanze che saranno portate prima nelle congregazioni generali e poi nel voto in Conclave sono rappresentative di una Chiesa meno arroccata sulla difesa di vecchi privilegi e rendite di posizione, più aperta alla cura delle ferite dell’umanità in tutti gli angoli del globo, alla difesa del creato, alle povertà e disuguaglianze in tutte le loro dimensioni, alle periferie, come le definiva Bergoglio, “sia fisiche che esistenziali”. Un enorme punto interrogativo, non solo in rapporto ai conflitti armati che oggi insanguinano il pianeta, con la “Terza guerra mondiale a pezzi” coniata anch’essa da Papa Francesco, è il rapporto con la politica, in un mondo che da questo punto di vista conosce una fase di rapidi cambiamenti ed evoluzioni. Una curiosità? Quanti saranno i rappresentanti degli ordini religiosi presenti in Conclave. In tutto 34: cinque salesiani, 4 gesuiti (l’ordine di Bergoglio), un frate cappuccino, quattro francescani, tre francescani conventuali, due domenicani, due vincenziani, due redentoristi, due verbiti, e poi gli altri, fino al missionario della Consolata Giorgio Marengo.
di Mino Tebaldi