Lo “scudo democratico”? Serve a proteggere Calenda

mercoledì 26 marzo 2025


Sapete qual è, nei fatti, la reale finalità dello “scudo democratico” pensato e proposto da Carlo Calenda? Proteggere la democrazia da ingerenze straniere? Non proprio. Contrastare l’attività propagandistica finalizzata alla manipolazione del dibattito pubblico? Neppure. Tutte scuse, utili soltanto a rendere più “digeribile” una proposta di legge antidemocratica e profondamente illiberale. Nelle reali intenzioni del suo “ideatore”, il leader di Azione per l’appunto, lo scudo in questione, che appare tutto fuorché democratico, dovrebbe giovare a schermare sé stesso (e il suo partito) dall’ennesimo flop politico-elettorale, per molti versi già ampiamente annunciato. È questa la verità, inutile girarci troppo intorno. Altro che difesa della democrazia da presunte interferenze esterne, come l’ex ministro dem sprezzantemente sostiene. Chiacchiere, tutte chiacchiere, nient’altro che chiacchiere utili solo a perorare la sua personale causa nell’intento di allontanare il più possibile lo spettro del fallimento che, da sempre, incombe come una scure sulla sua testa. Sin dal momento in cui, su input di Luca Cordero di Montezemolo, ha scelto di volgere il suo sguardo verso il mondo della politica, un po’ per interesse e un po’ per ripiego, il buon “Carletto” non ha fatto altro che collezionare colossali fallimenti politici e rimediare sonore batoste elettorali.

Prima i disastri in qualità di titolare del Mise dei Governi guidati da Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, soprattutto per quanto concerne la rovinosa gestione del dossier Ilva, ma non solo. Poi i fiaschi elettorali messi insieme, uno dopo l’altro, con la sua creatura politica (Azione), da ultimo, il mancato superamento della soglia minima di sbarramento del 4 per cento alle ultime Elezioni europee. Nel mezzo, la dispendiosissima corsa solitaria al Campidoglio, conclusasi tuttavia con un misero nulla di fatto, e i vari tentativi, anche questi tutti rigorosamente falliti, di costruire improbabili cartelli elettorali centristi utili soltanto ad accaparrarsi il voto moderato e occupare quello spazio politico mediano a sinistra dei partiti componenti la maggioranza di Governo e a destra del Partito democratico. Pertanto, complessivamente, al netto delle generose nomine politiche sin qui ottenute, perlopiù figlie dei “buoni uffici” di cui da sempre gode, dei seggi blindati strappati, prima a Bruxelles e poi a Roma, dei continui proclami e dell’immenso, ma evidentemente infruttuoso, spazio mediatico concessogli, non si può prescindere dall’osservare che, almeno sin qui, la carriera politico-istituzionale di Carlo Calenda sia stata tutt’altro che esaltante. Come, del resto, poco entusiasmanti appaiono i presagi legati al futuro prossimo, che, salvo clamorosi e inaspettati stravolgimenti (servirebbe giusto un miracolo), non sembrerebbe essere così foriero di inebrianti successi per il “democraticissimo” fondatore di Azione.


di Salvatore Di Bartolo