164° dell’Unità e indifferenza

mercoledì 19 marzo 2025


Il 17 marzo scorso ricorreva il 164° anniversario dell’Unità (la proclamazione ufficiale del Regno d’Italia avvenne a Torino il 17 marzo 1861). A meno di una colpevole distrazione di chi scrive l’avvenimento non è stato riconosciuto come degno di menzione sulle prime pagine dei giornali, né ha rappresentato l’occasione per riflettere sulle ragioni in forza delle quali nel nostro Paese continua a esserci un diffuso sentimento di freddezza e di estraneità rispetto allo Stato nazionale. Se non ci fosse stato l’intervento del capo dello Stato la data che segna la nascita dell’Italia sarebbe passata nel silenzio generale. Capovolgendo un noto proverbio potremmo scrivere che chi mal comincia prosegue peggio. Infatti, il processo di unificazione avvenne – con la sapiente regia di Camillo Benso di Cavour e di casa Savoia – ad opera di una ristrettissima élite dotata di scarsa legittimazione sociale e senza alcun legame di massa. Uno stato di cose lucidamente descritto dallo storico inglese Christopher Duggan in Creare la nazione, quando osserva che “ventidue milioni di persone si trovarono a essere improvvisamente italiani, mentre per loro l’Italia significava poco o nulla”.

Un Paese sconosciuto a sé stesso, mentre i passaggi storici successivi concorsero, in luogo degli indispensabili processi di nazionalizzazione, ad accentuare – semmai ve ne fosse stato bisogno – la già pesante divisività sia geografica che politico-culturale. D’altro canto, “le tre le forme di regime che l’Italia ha conosciuto, liberale, fascista e repubblicana – scrive lo storico Massimo L. Salvadori in Storia d'Italia, crisi di regime e crisi di sistema – devono la loro origine a una guerra civile che ha mescolato in diversa combinazione, la lotta delle armi con quella dei valori, delle ideologie e degli interessi, opponendo in maniera inconciliabile forze aventi concezioni dello Stato e dei rapporti sociali antitetiche. Ogni volta che una delle parti ha assunto nelle proprie mani il controllo dello Stato, la classe dirigente non è mai riuscita a ottenere il riconoscimento da parte delle forze di opposizione, per cui il rapporto fra di essi ha assunto un carattere di reciproca negazione”. Si tratta di una perfetta radiografia di ciò che è sempre accaduto dall’Unità in poi e che ha fatto dell’Italia un’anomalia nel panorama delle democrazie occidentali. In un contesto siffatto, riuscire a traghettare l’intera nazione dentro lo Stato continua a essere ancora oggi un’impresa di difficile realizzazione. Restiamo, a giudicare dall’indifferenza dimostrata rispetto al 164° anniversario dell’Unità, un Paese senza una condivisa tradizione nazionale. Una condizione che si traduce in fragilità e indecisione, a fronte dei grandi mutamenti storici in atto.


di Francesco Carella