martedì 18 marzo 2025
Dopo la mancata entrata in vigore della Comunità europea di Difesa, negli anni Cinquanta del secolo scorso, il ripiegamento del processo d’integrazione sulla economia, a partire dai Trattati di Roma del 1957, fino all’unione monetaria e all’Euro, il ritorno in forza alla geopolitica sul piano globale, con lo scivolamento in secondo piano delle organizzazioni internazionali, soprattutto universali, l’Onu e altre, l’Europa appare condannata all’irrilevanza. Una guerra si combatte al centro del Vecchio continente, in Ucraina. Il governo ucraino è sostenuto da Unione europea, Gran Bretagna, Stati Uniti d’America, ma un poco vigliaccamente; armiamoci e partite: noi occidentali inviamo armi ma nessuno dei nostri soldati mette gli scarponi sul terreno. Il nuovo (si fa per dire) presidente degli Usa, Donald Trump, vuole svincolare il contribuente nordamericano dalla spesa, secondo lui a vuoto, e si tira fuori. Avvia una trattativa col presidente della Federazione Russa, Vladimir Vladimirovič Putin, per cominciare con una tregua e poi costruire una pace sulle spoglie dell’Ucraina. Il Regno Unito e l’Ue non sono invitati al negoziato o, se alla fine fossero ammessi, verranno trattati come comprimari irrilevanti delle due aquile: quella nordamericana dell’Impero d’Oltreoceano e la bicipite di quello d’Oriente.
La Gran Bretagna e alcuni Stati dell’Unione stanno mettendo in piedi una coalizione di volonterosi per sostenere e assistere l’Ucraina in questa fase, nonché assicurare la tutela della stessa in caso di pace da assicurare successivamente. Quello che va chiarito, però, è come l’iniziativa si collochi o coordini con la cooperazione in politica estera e di difesa dell’Unione europea, posta la presenza britannica tra questi volonterosi, dopo che il Regno Unito, con la Brexit, ha lasciato la cooperazione in politica estera di sicurezza di difesa comune degli Stati membri dell’Unione. Senza questo chiarimento è impossibile avere le idee chiare sulla cultura strategica come esige, nello spirito e nella lettura, il Trattato di Lisbona del 2009. C’è da dire che l’aggressione russa all’Ucraina ha rappresentato l’occasione per mettere in azione il meccanismo. Il Consiglio Affari esteri si riunisce anche nella configurazione dei ministri della Difesa. In queste materie, però, è previsto che nel Consiglio dei ministri dell’Ue e nel Consiglio europeo si usi il voto unanime, con l’effetto bloccante ben noto di questa pratica. Essa non vale però per una cooperazione strutturata permanente, all’interno della quale basta una maggioranza qualificata. In questo quadro rientra anche una politica europea delle capacità e degli armamenti. Ora, quasi in contemporanea con l’aggressione russa all’Ucraina, ha iniziato ad adottarsi il documento fondamentale della bussola strategica che dovrebbe orientare tutta la politica di sicurezza e difesa dell’Ue.
A questo punto, ciò di cui i cronisti in materia dovrebbero occuparsi, in presenza di iniziative quale quella dei volonterosi con uno Stato ormai terzo, il Regno Unito, o il programma per la produzione di armamenti lanciato da Ursula von der Leyen, che presiede la Commissione esecutiva, o la disponibilità del presidente della Francia, Emmanuel Macron, di fare dell’atomica francese una forza di deterrenza comune dell’Unione europea, è come queste iniziative sono o verranno inquadrate nella politica di sicurezza e difesa dell’Unione europea. Il che porta con sé un altro aspetto: come si porranno di fronte a queste questioni le forze conservatrici d’Europa, dato il fastidio evidente di Trump per l’esistenza stessa dello sviluppo politico del processo d’integrazione, cioè di confederazione europea? È evidente come il tycoon preferisca un divide et impera tra gli Stati europei. E una Giorgia Meloni riflette quanto ciò cerchi di condannare l’Europa, Italia compresa, all’irrilevanza?
di Riccardo Scarpa