Antisemitismo: a rischio il museo della Shoah di Roma

giovedì 13 marzo 2025


Gli allarmanti episodi di antisemitismo ormai dilagano in tutta Italia (oltre che in tutta Europa e nel resto del mondo). L’ultimo casus belli riguarda la costruzione del Museo della Shoah di Roma, da diversi anni in costruzione in via Torlonia, zona Nomentano.

Dopo l’ennesimo caso di atti vandalici ed intimidatori scoperto la mattina del 6 marzo, quando il direttore dei lavori ha trovato escrementi sul lucchetto del cantiere proprio nel giorno in cui si celebrava la “Giornata in memoria dei Giusti dell’umanità”, i residenti di zona hanno firmato un esposto per esprimere il proprio disagio e malessere.

L’avvocato Rosa Sciatta Ferri ha spiegato: “Oggi è stata formalmente consegnata tramite pec, su incarico dei molteplici firmatari, al Dipartimento di Sicurezza Pubblica, al Questore di Roma, al Commissariato di Zona, la segnalazione di atti di violenza, intimidatori e minacce in via Alessandro Torlonia, la via dove è previsto che venga realizzato il nuovo Museo della Shoah”, specificando che “i residenti del quartiere invocano il loro diritto a vivere in sicurezza e chiedono che la sicurezza pubblica sia tutelata, ‘prevenendo’ il compimento di reati che danneggerebbero persone e cose”.

Insomma, il museo non andrebbe fatto a causa della crescente violenza dei gruppi pro-Palestina. E i cittadini hanno paura di essere vicini a un obiettivo sensibile che, a detta loro, non può essere adeguatamente tutelato. Scritte, escrementi e teste di maiale, dice ancora Sciatta Ferri, testimoniano “la costante presenza nel luogo di soggetti pericolosi. Ciò non può che alimentare lo stato di incessante minaccia e allerta in cui i residenti sono costretti a vivere dall’apertura del cantiere”.

Nell’esposto i residenti si rivolgono al municipio di Roma Capitale, chiedendo che si “rivaluti la localizzazione del progetto, provvedendo allo spostamento del monumento in altra zona meno popolata e più agevolmente tutelabile”, sottolineando che lo stesso destino è stato riservato all’asilo israeliano e lamentando come “non si comprende perché non si è fatto altro per tutelare la sicurezza di tutti gli altri cittadini, proprietari e residenti nella zona”.

Insomma, in nome della sicurezza e della prevenzione della violenza, invece di indagare su chi quella violenza la attua ovvero i soggetti pericolosi, si vorrebbe impedire la creazione di un polo culturale che non fa altro che informare su un passato che sarebbe bene non dimenticare mai, discriminando ancora una volta le vittime predilette.

Alla faccia del multiculturalismo. Alla faccia dell’integrazione.


di Claudia Diaconale