giovedì 13 marzo 2025
Il 12 marzo 1977 viene definito “il giorno più violento della storia democratica italiana” eppure nella maggior parte delle cronologie viene omesso il ricordo dell’omicidio del ventinovenne brigadiere Giuseppe Ciotta. A quasi 50 anni dalla scomparsa ricordiamo quel fatidico giorno con Potito Perruggini Ciotta, nipote del brigadiere ucciso, che da sempre lotta affinché la verità su famigerati anni di piombo venga a galla e rimanga nella memoria.
Ecco come si svolsero i fatti: alle 8.00, mentre si accingeva a salire sulla propria autovettura per recarsi al lavoro, il brigadiere Giuseppe Ciotta ‒ già in servizio presso l’Ufficio politico della Questura di Torino e in quel periodo addetto alla sorveglianza esterna di facoltà universitarie e istituti scolastici di quella città – venne ucciso con numerosi colpi d’arma da fuoco esplosigli contro da distanza ravvicinata.
L’aggressione fu rivendicata dai terroristi delle “Brigate Combattenti Prima Linea” quale rappresaglia contro le forze dell’ordine. Dai processi emergerà che del fatto erano stati autori esponenti del gruppo terroristico che lo aveva rivendicato e già responsabili di altri gravi fatti criminosi. L’omicidio fu organizzato e voluto per colpire coloro che, come il brigadiere Ciotta, avevano contribuito in modo determinante alla istruttoria del processo di Torino contro il “nucleo storico” delle “Brigate Rosse”: un processo che doveva iniziare poco più di un mese dopo e per impedire il quale le “Brigate Rosse” non esiteranno a colpire altri investigatori come il commissario Antonio Esposito e il maresciallo Rosario Berardi, con i quali il Ciotta aveva collaborato, insieme all’avvocato Fulvio Croce e il giornalista Carlo Casalegno.
di Alessandro Cucciolla