Aria raggrumata, maionese impazzita

giovedì 6 marzo 2025


C’è, in certi autori, artisti, musicisti, giornalisti, un tragico destino. Descrivono splendidamente drammi, l’orrore, il vuoto che avvolge tanta parte dell’umanità, afflitta dell’assassinio quotidiano di Dio e dei Minima Moralia. Quegli autori descrivono perfettamente e con chiarezza il mondo oscuro che hanno dentro; sono nichilisti perché, come scrisse Thomas S. Eliot, sono “pieni di niente”. La descrizione della tragedia è dolce da leggere, vedere, ascoltare. Rischiamo però di entrare anche noi in quel mondo. Quelli descrivono l’inferno di vetro in cui sono caduti e, in quella dannazione forse non eterna, ma certo quotidiana, somigliano a mosche bloccate in una stanza chiusa, ma piena di finestre e specchi. Così continuano a sbattere il capo contro quel vetro che non si vede ma c’è. Lo odiano. Si tormentano invano. Vedono il sole di fuori, ma non possono raggiungerlo. E il vetro, quel vetro, che è lo specchio della loro anima inafferrabile, sembra ogni minuto di più una forma di aria rappresa, una congiuntura del destino che ha separato la realtà esterna – che si vede ma non riescono a raggiungere – dalla camera di vetro in cui sono rinchiusi. L’aria rappresa della loro anima diventa una prigione dalla quale escono solo attraverso pensieri di odio e invidia per le mosche che volano libere nel sole. Così odiando i voli liberi nel ghiaccio del mondo continuano ad amare, senza saperlo, quell’aria rappresa e calda, l’anima di vetro che li tiene stretti, la prigione in una stanza.

Questo continuo coagulo di odio è più marcato nel campo del potere, fondato sulla Trimurti dei monopoli economici, giornalistici e politici. Le persone non hanno più molto di cui parlare, se non di quanto viene rappresentato dai media (ridotti a epifania delle vecchiacce nascoste dietro le imposte, che spiavano il mondo sotto i loro occhi, per poi farne chiacchiericcio risentito con le loro sodali). Dato che i media diffondono odio e spaccature colossali, siamo diventati come una maionese impazzita, i cui elementi se ne stanno ognuno nella sua stanza di vetro, maturando risentimento verso le persone per come sono descritte, non per come sono toccandole con mano. Il profeta di ciò fu Beppe Grillo, col suo vaffa come (pre)giudizio universale. Fu così che l’Etica fu annegata da uno sciacquone. Questo mondo è simile al quadro di Goya Il sonno della Ragione genera mostri, o quello dello stesso autore intitolato Il 3 maggio 1808, dove i ribelli spagnoli vengono fucilati dagli invasori napoleonici. Forse il quadro più attuale di questo periodo è Il Colosso, sempre di Goya, che rappresenta il momento dell’invasione napoleonica della Spagna. Oggi c’è l’Ucraina.

Nella politica giornalistica, come nel giornalismo politico, c’è un solo imperativo: l’educazione all’odio dell’Altro. Stranamente, l’additare il nemico è più marcato in quella parte che si professa “inclusiva” (“inclusiva ‘sticazzi”, avrebbe detto Gigi Proietti). Capisco la sofferenza di ridursi da Goya alla politica, ma ci tocca riportare alcuni nomi di grandi additati: Palmiro Togliatti il migliore e Alcide De Gasperi il peggiore, Don Camillo e Peppone, i presidenti Antonio Segni e Giovanni Leone, Giulio Andreotti, Bettino Craxi, Silvio Berlusconi, Massimo D’Alema, senza contare i più recenti. Odiare per profitto della propria parte ha reso tutti più odiosi sia nell’Olimpo dei politici, sia nella vita quotidiana. I giovani si salvano fingendosi ignoranti, la lettura dei classici ne libera qualcuno. Purtroppo oggi sarebbero costretti a leggere ciofeche letterarie dai siti e dalle pagine culturali, e grazie a una scuola che diffonde qualunquismo verdastro e falsi storici in chiave politicamente corretto, così i giovani respingono in blocco la politica, a parte i pochi insurgenti che vivono nei falsi miti di Che Guevara (presidente del Tribunale speciale di Cuba, sede senza vergogna di condanne a morte di omosessuali, preti, dissidenti), o nel mito di Mao Zedong, che produsse massacri per fame e con la “devoluzione culturale”, il quale Mao dormiva in un lettone pieno di concubine. Il chiasso dei media ingigantì il priapismo di Berlusconi, ma nulla ancora oggi aggalla sulle concubine di Mao Zedong. Così eccoci ridotti ad avere occhi ma senza poter vedere, avere orecchie senza poter sentire, avere bocca ma poter parlare per dire noi stessi invece di maledire l’altro. Siamo come mosche finite in una stanza piena di finestre chiuse, appunto. Anche chi è libero di volare soffre l’isolamento e il silenzio: i media lo occultano, la politica non lo considera. Eppure solo i liberi potrebbero aprire il mondo. Non chi si è fatto rinchiudere. Più ingrandiscono i caratteri di stampa del quotidiano La Repubblica (è avvenuto ieri) e meno riusciremo a leggerlo. Meglio caratteri più grandi o un senso più altruistico di verità? Il mondo non sarà salvato dall’ironia e dal sorriso, due valori che sono scomparsi dalla bocca e dal viso delle persone perse. Ma partirei comunque da lì, per recuperare un poco di convivenza civile, smettendo di mangiare maionese impazzita dietro vetri di aria rappresa. 


di Paolo Della Sala