venerdì 28 febbraio 2025
Susanna Ceccardi, europarlamentare della Lega dal 2019, si distingue per la sua abilità nel tessere relazioni con il mondo conservatore statunitense: un aspetto che ne ha consolidato il profilo politico a livello internazionale. L’ex sindaco di Cascina risulta in particolare sintonia con i valori della destra repubblicana, intrattiene da anni un dialogo con molte figure di primo piano dell’amministrazione Trump e ha rafforzato i legami tra il Carroccio e il Gop grazie al suo instancabile impegno nel promuovere le istanze sovraniste.
Quando la intervistai nel novembre 2023, discutemmo della sua partecipazione al New York Young Republican Club: fu l’unica ospite italiana all’evento ed ebbe l’opportunità di ascoltare dal vivo Donald Trump, allora in procinto di iniziare la campagna per la nomination del Partito Repubblicano. Stavolta, i temi al centro della nostra conversazione includono l’avventura alla Cpac, le prospettive di pace dopo l’insediamento del Tycoon, la ricetta economica di Javier Milei e il risultato delle elezioni federali in Germania. Sarà possibile abbattere in modo definitivo il cordone sanitario che opprime Berlino e Bruxelles?
La scorsa settimana hai partecipato alla Cpac, la più grande conferenza dei conservatori americani, in rappresentanza del gruppo parlamentare Patrioti per l’Europa. Erano presenti anche Anna Cisint e Silvia Sardone. Che atmosfera si respirava a Washington?
Alla Cpac si è respirata un’atmosfera di grande entusiasmo e determinazione. Si percepisce chiaramente che il mondo conservatore, patriottico e sovranista, sia negli Stati Uniti sia in Europa, è pronto a lottare per riaffermare i valori della libertà, della sovranità nazionale e della difesa delle identità dei popoli. Maga e Mega devono stringere un’alleanza forte per affrontare questa battaglia insieme. Con Anna Cisint e Silvia Sardone, a Washington, abbiamo portato la voce dei Patrioti per l’Europa, un gruppo che vuole restituire centralità agli Stati nazionali e contrastare l’ideologia globalista imposta da Bruxelles. La rielezione di Donald Trump, in questo senso, rappresenta una grande opportunità per ristabilire un equilibrio mondiale basato sulla cooperazione tra nazioni sovrane, invece che sulle imposizioni delle élite globaliste. Trump stesso ha ribadito la necessità di una politica economica che protegga le imprese e i lavoratori nazionali, invece di favorire le delocalizzazioni e il dominio delle multinazionali. L’Europa deve prendere esempio: serve una politica industriale che difenda i nostri prodotti e il nostro know-how.
Donald Trump vuole porre fine al conflitto russo-ucraino, mentre Bruxelles procede in direzione ostinatamente contraria. Non trovi che le ultime uscite di Ursula Von der Leyen tradiscano un anti-americanismo di fondo?
La posizione della Commissione europea è frutto di una politica sbagliata che non tiene conto degli interessi reali degli Stati membri. Ursula von der Leyen, come sempre, ha assunto un atteggiamento ideologico e poco pragmatico ed è palesemente priva di una strategia chiara per costruire la pace. Invece di cercare soluzioni per fermare il conflitto, continua a seguire una linea di escalation che rischia solo di prolungare le sofferenze dell’Ucraina e di indebolire l’Europa. Trump, invece, ha espresso chiaramente la volontà di negoziare una pace che metta fine a questa guerra devastante. Noi della Lega e dei Patrioti per l’Europa riteniamo che l’Unione europea debba smetterla di seguire ciecamente strategie dettate da burocrati scollegati dalla realtà e lavorare per una soluzione diplomatica, con l’obbiettivo di una pace giusta e duratura.
Hai avuto l’opportunità di incontrare Javier Milei. Grazie alla sua inarrestabile motosega, il presidente argentino sta risollevando l’economia di Buenos Aires ed è riuscito a sconfiggere lo spettro dell’iperinflazione. Non possiamo dire lo stesso dell’Unione europea: un Leviatano burocratico che regolamenta ogni aspetto della vita dei cittadini, lontano anni luce dallo spirito favorevole al libero commercio con cui è nata la Comunità Economica Europea. Credi che sia possibile esportare il modello libertario di Milei nel Vecchio continente?
L’Europa avrebbe molto da imparare dall’approccio di Milei, che ha avuto il coraggio di tagliare gli sprechi e di ridurre il peso dello Stato per rilanciare l’economia. L’Argentina stava precipitando verso il collasso economico a causa di un sistema assistenzialista insostenibile, ma Milei ha dimostrato che un cambio radicale è possibile. Ovviamente, la situazione europea è diversa da quella argentina, ma il principio di base è lo stesso: meno burocrazia, meno tasse, più libertà economica. Elon Musk, ad esempio, ha espresso grande sostegno per le riforme di Milei, riconoscendo che una politica basata sull’efficienza e sulla libertà di impresa è la chiave per il progresso economico. In Europa, invece, Bruxelles impone normative interne soffocanti, favorisce la concorrenza sleale dei Paesi terzi e aumenta la tassazione, rendendo le nostre imprese meno competitive a livello globale. La nostra battaglia in Europa è proprio quella di smantellare questo apparato ipertrofico e restituire competitività alle nostre economie nazionali. Come ho sintetizzato qualche giorno fa con uno slogan, “Meno Ursula e più Milei, è l’Europa che vorrei”.
Le recenti elezioni in Germania ci restituiscono uno scenario inedito: AfD ha ottenuto il 20,8 per cento, risultando la seconda forza politica alle spalle della Cdu di Friedrich Merz. I popolari, però, rifiutano qualsiasi accordo con la formazione di Alice Weidel in nome del “cordone sanitario” contro la destra. A tuo avviso, AfD potrà ambire a posizioni di governo nei prossimi anni? Inoltre, è possibile un suo riavvicinamento al gruppo dei Patrioti?
Il successo di AfD dimostra che sempre più cittadini tedeschi si stanno ribellando al fallimento delle politiche globaliste. L’atteggiamento della Cdu è ipocrita: invece di dialogare con un partito democraticamente eletto che rappresenta milioni di persone, preferisce allearsi con i verdi e i socialisti, responsabili del declino economico della Germania. Quanto al rapporto con i Patrioti per l’Europa, il nostro obiettivo è costruire un fronte solido per cambiare questa Unione europea. Le alleanze politiche in Europa devono basarsi su programmi concreti: difesa della sovranità, tutela dell’identità nazionale, lotta contro l’immigrazione incontrollata e politiche economiche che favoriscano il ceto medio e le imprese. Ritengo che AfD condivida questi principi e che quindi ci sarà sempre spazio per una collaborazione più stretta. Una collaborazione che, peraltro, è stata già proficua nella scorsa legislatura, quando lavoravamo insieme nel gruppo Identità e democrazia.
La conventio ad excludendum colpisce anche l’Ue. Le forze euroscettiche che aderiscono ai Patrioti per l’Europa vengono tenute ai margini, nonostante abbiano ottenuto milioni di voti alle scorse elezioni europee. In che modo la Lega e i suoi alleati faranno la differenza in questa legislatura? Quali sono le vostre proposte per rendere l’Europa competitiva?
Il sistema di potere europeo è blindato da una sinistra che ha paura del cambiamento e utilizza ogni mezzo per escludere le forze politiche scomode. Ma noi non ci faremo mettere all’angolo: i cordoni sanitari fanno male a chi li fa e il risultato di AfD alle ultime elezioni tedesche lo dimostra. La Lega e i Patrioti per l’Europa continueranno a lavorare per ridurre la burocrazia e semplificare le regole per le imprese, tagliare le tasse e fermare la follia del Green Deal che sta distruggendo il nostro settore industriale. Dobbiamo riportare la produzione in Europa, invece di lasciarla in mano alla Cina. Non possiamo continuare con un’Unione europea che impone regolamenti soffocanti alle nostre imprese e poi si stupisce se perdiamo competitività. Il vicepresidente statunitense JD Vance ha detto chiaramente che l’America deve tornare a investire nelle sue industrie invece di dipendere dall’estero, e lo stesso vale per l’Europa: serve un’Europa delle Nazioni, che metta fine al dominio delle burocrazie di Bruxelles. E poi c’è la grande battaglia per la difesa dei confini dall’invasione e dall’islamizzazione. Combatteremo per difendere la nostra sicurezza e fermare l’immigrazione illegale con misure concrete, come quelle che sta già mettendo in campo Trump negli Stati Uniti. Infine, ci batteremo per una politica estera che rispetti la sovranità degli Stati e non segua solo le direttive di Parigi e Berlino. Queste saranno le nostre battaglie nei prossimi anni.
di Lorenzo Cianti