giovedì 27 febbraio 2025
Chi scrive non ha particolare simpatia per Daniela Santanchè. Vuoi per quel suo modo un po’ ridondante di esibire il superfluo, vuoi per quel suo carattere particolarmente spigoloso, che la porta sì ad essere veritiera – il che di per sé è un fattore assai positivo – ma ad accompagnare la sincerità con un grado di acidità nei toni un tantino eccessivo e gratuito. Sulle capacità politiche non discuto, sebbene qualche giravolta, diciamo così, “situazionista” l’abbia portata a frequentare più di una comunità partitica. Ma, va detto, sempre all’interno del perimetro conservatore, e con una gestione del turismo che potrebbe sortire ben altri effetti. Tuttavia, la “Pitonessa”, l’altro giorno, è stata da apprezzare, se non altro, per una sua dichiarazione che ha ricordato molto la famosa esclamazione presente in una fiaba di Hans Christian Andersen: “Il re è nudo!”. Infatti, quando la Santanchè, superando la sfiducia che era stata presentata nei suoi confronti, ha dichiarato che la sinistra ha in odio la ricchezza – snocciolando quelli che lei reputa essere i motivi forieri di tale astio: le scarpe firmate con tacco dodici, la collezione di borse esclusive, la frequentazione di locali lussuosi – di fatto ha colpito nel segno. In realtà, a essere in uggia al progressismo nostrano sono due elementi.
Dapprima, una filosofia di vita che, non essendo compatibile con la propria, non viene riconosciuta come tale e, per questo, diviene meritevole di biasimo. Il che sta a significare un notevole deficit di liberalismo nel Pd (almeno nella sua attuale leadership), nel M5s e in Avs. D’altronde, se dovessimo descrivere l’essenza della libertà prendendo in prestito le parole di Alberto Benegas-Lynch, ovverosia “il rispetto illimitato dei progetti di vita degli altri”, è facile intuire come tale impostazione cozzi con una forma mentis che ha partorito, nel corso della storia, una monovisione delle cose legata – ed ecco il secondo motivo – a due cardini di pensiero derivanti l’uno dal cattolicesimo democratico e l’altro da un approccio di derivazione comunista. Due visioni ideologiche, per l’appunto, accomunate da tratti concettuali similari, tra i quali è da annoverare un pauperismo sterile che porta all’esaltazione acritica della povertà e a un antagonismo spinto nei confronti della ricchezza, al netto di come essa sia stata generata.
Insomma, aveva ben donde Indro Montanelli nel sostenere che “quando un italiano vede passare una bella macchina, il suo primo stimolo non è averne una anche lui, ma tagliarle le gomme”. Il grande Indro parlò volutamente di italiani e non di italiani di sinistra, dato che una certa inclinazione mentale è appannaggio di una trasversalità piena e di ampio respiro. Oggi diremmo inclusiva. Rimane ostico per molti pensare che il miglior modo di sconfiggere la povertà sia quello di aumentare il numero di ricchi. Non perché sia un obbligo essere particolarmente benestanti o, chessò, essere collezionisti di accessori griffati Hermès, ciononostante la natura umana è protesa verso l’abbandono dell’indigenza e reputa più naturale seguire l’esempio di Pietro di Bernardone anziché le opere e le parole di suo figlio Francesco.
Poi, certo, sul piano della spiritualità non vi è partita tra il genitore e la sua prole particolarmente illuminata (dall’alto). Possiamo pure non apprezzare lo stile comportamentale della Santanchè, come di qualsiasi altro “ricco”, ma rimane il fatto che se non ci fosse chi acquista le borse firmate – sempre che queste siano firmate, viste le indiscrezioni – o chi crea dal nulla servizi di lusso per vacanzieri facoltosi, non ci sarebbero salari per operai, artigiani, impiegati et similia. Ergo, rimane una verità assoluta quella provocazione lanciata da Antonio Martino, che equiparava la povertà e la ricchezza a due malattie contagiose, visto che è conveniente avere vicino i ricchi, poiché ce ne viene qualche vantaggio, e non conviene avere vicino i poveri. Questa del professor Martino non era di certo una manifestazione di aporofobia o cose simili, ma la via più semplice e logica da applicare per aiutare coloro che vogliono legittimamente migliorare il proprio status quo. Viva la Santanchè (senza esagerare).
di Luca Proietti Scorsoni