L'Italia bloccata dai tribunali

venerdì 21 febbraio 2025


L’Italia è lavorativamente e patrimonialmente bloccata. Questo lo si deve ad un fisco oltremodo vorace, ma anche alla fazione della magistratura che vive sulla narrazione dell’Italia paese di evasori, criminali, razzisti, fascisti e gente comunque non rispettosa delle istituzioni europee. La politica teme fisco, magistratura e scandalismo propalato dalla cosiddetta “stampa istituzionale”; quindi evita di raddrizzare l’Italia attraverso leggi che eliminino l’obbligatorietà dell’azione penale e pongano freno pacificatorio alle aggressioni temerarie in sede civile subite dalla gente normale. Ma ormai l’orcio è pieno zeppo di disastri. In quattro anni hanno chiuso i battenti 60mila imprese: non c’è italiano che non abbia sulle spalle un contenzioso con l’Agenzia delle Entrate o una lite risarcitoria in sede civile.

Il caso del direttore d’orchestra Andrea Colombini condannato per calunnia a un anno e 4 mesi, perché querelato da tre consiglieri comunali, fa il paio con la esorbitante richiesta risarcitoria presentata dal Dis contro Piero Sansonetti direttore dell’Unità: Sansonetti come Colombini e come milioni d’italiani. Perché il numero degli italiani imbrigliati in richieste risarcitorie per cause civili progredisce di 2,5 milioni ogni anno: da un calcolo per difetto tra meno di dieci anni circa 25milioni di italiani saranno finiti in povertà irreversibile per motivi giudiziari, fiscali, bancari, finanziari. Italiani che non potranno più sortire dalla povertà, decretando che l’Italia è un paese incivile che si regge sulla tortura giudiziaria.

Soprattutto fa specie che in Italia ci sia una magistratura intenta a desertificare culturalmente la nazione: perché Colombini è un direttore d’orchestra (un musicista) e Sansonetti è uno scrittore. Se andiamo a ben esaminare il fenomeno, soprattutto dopo le parole di Pupi Avati (regista e scrittore) sulla povertà che attanaglia cultura e cinema, ci rendiamo conto che più dell’80 per cento dei registi, musicisti, scrittori, attori, poeti, giornalisti, pittori, scultori, creativi in genere, hanno sulle spalle cause civili e problemi con l’Agenzia delle Entrate. È evidente che l’ignavia politica stia facendo estinguere la creatività italiana, decretando la morte di chi scrive e compone, oppure la fuga di coloro che sono più giovani o armati d’energia e contratti all’estero.

L’altro ieri, mercoledì 19 febbraio, un giudice di Lucca ha condannato Colombini alla pena di un anno e quattro mesi, a cui s’aggiunge un risarcimento economico nei confronti dei consiglieri comunali ed un ristoro delle spese legali: ma già è noto che questa sentenza penale apra le porte alla causa civile, che poi è il risarcimento più oneroso, perché parametrato al patrimonio morale e materiale dei vincitori. Sembra davvero d’assistere alla più truculenta rappresentazione del Mercante di Venezia, che ci costringe a riflettere sul rapporto tra diritto e giustizia, tra vendetta e misericordia: perché attraverso il processo di Antonio, Shakespeare solleva domande fondamentali sulla natura del diritto e sul modo in cui esso può essere applicato. Indulgenza, perdono, garantismo, misericordia, valori che sembrano estinti nel nostro tempo, ed anche considerando che sotto Giubileo in epoche lontane si cercava un compromesso mettendo una pezza bonaria a liti, risarcimenti, detenzioni.

Colombini aveva partecipato, su invito dell’opposizione, ad un esercizio di critica letteraria: ma il gesto è stato interpretato dalla magistratura alla stessa maniera con cui i giudici di Josef Radetzky ordinavano l’arresto di musicisti ed artisti nell’allora Lombardo-Veneto.

Un parallelismo tra fatti di giustizia liberticida che da ancora una volta ragione al giurista (e filosofo) Giambattista Vico: siamo appunto alla teoria dei “corsi e ricorsi storici”, determinati eventi e avvenimenti ci vengono ciclicamente riproposti. In altre parole, la storia si ripete sempre, e sta a noi vigilare politicamente e culturalmente per arginare le derive liberticide che s’annidano nel potere giudiziario.

Perché mai come in questo momento la giustizia si sta dimostrando nemica del buonsenso. Basti solo pensare ai danni patrimoniali che sta cagionando lo “stalking condominiale”, che sta permettendo a milioni di avvocati (quelli che un tempo lucravano sui finti sinistri stradali) di guadagnare sulle cause interne ai condomini. Roma svetta nelle classifiche nazionali per cause nei condomini, al punto che il loro costo ha triplicato le spese condominiali. E non parliamo poi delle professioniste dello stalking: belle donne che circuiscono agiati signori, e poi di punto in bianco spariscono per poi ricomparire citando il benestante per risarcimenti danni da oltre 200mila euro, e per danni da stalking ed eventuale violenza, portando come prove in tribunale fiori rinsecchiti, borse e vestiti firmati, gioielli, viaggi in luoghi esclusivi e foto in centri benessere col malcapitato ma innamorato.

La giustizia non riesce a mettere un freno a tutta questa decadenza. Soprattutto le giovani magistrate e magistrati applicano la legge peggio del computer cinese. Non rendendosi conto che di questo passo avranno concorso a trasformare l’Italia in una grande Pompei, e tutto finirà a breve sotto la lava giudiziaria, tributaria, fiscale, finanziaria.

Poi un giorno lontano uno straniero s’interrogherà sul perché la politica e il popolo non abbiano trovato il coraggio necessario d’opporsi a questa eruzione d’arroganza giustizialista.


di Ruggiero Capone