mercoledì 12 febbraio 2025
Gli italiani amano lo Stato centralista. Lo Stato per la maggioranza di essi è una mucca da mungere. Per le imprese, abituate a campare pigramente di aiuti pubblici – come quelli del Pnrr, in cui gozzovigliano, da un triennio – e per i cittadini, che reclamano incentivi e sostegni o, come si chiamano oggi, “bonus” per questo o per quello. Con quali soldi? Con le tasse, preferibilmente pagate da altri. O come sostengono i mai scomparsi, ma solo mutati d’abito, vetero o neocomunisti, con la lotta all’evasione (che, in troppi casi, è una lotta contro chi cerca di sopravvivere) o la tassazione dei “ricchi”, che sono una categoria il cui livello di reddito o patrimonio, comincia sempre “n’anticchia” sopra quello che posseggono i lamentosi egualitaristi.
È un rapporto di mutuo parassitismo, sconsolatamente descritto da Giuseppe Prezzolini – vero liberale, costretto, rassegnato, a rifugiarsi prima negli Stati Uniti (di cui divenne cittadino) e poi in Svizzera. Un sistema sociale intriso, insieme, di egualitarismo marxista e moralismo clericale. L’Italia è, spesso, ingiustamente descritta come “borbonica” – paragonandola alla dinastia regnante che, per la verità, ha anche, discretamente, governato in varie parti della Penisola, incluse Parma e Piacenza, oltre che, storicamente, in mezza Europa. Forse è più affine a un sistema sociale bizantino. Ma, ancora di più, assomiglia all’organizzazione socioeconomica del Basso Medioevo, quella delle Corporazioni e delle Arti Minori e Maggiori: ciascuna a tutela del proprio orticello (da cui l’espressione, calzante anche oggi: “che va per la maggiore”). I moralisti dell’etica economica pubblica, sedicenti o aspiranti antistatalisti, come gli ex-compagni folgorati sulla via di Matteo Renzi, Carlo Calenda o Luigi Marattin, si dovrebbero ripassare il motto evangelico: chi è senza peccato…
Se riusciamo, ancora oggi, nonostante tutto, inclusa la lamentosa nenia di sottofondo, a sopravvivere più che confortevolmente, lo dobbiamo, paradossalmente, al nostro coabitante spirito individualistico e quasi anarchico.
di Raffaello Savarese