La rinascita dell’Italia passa anche dalla giurisprudenza liberale

venerdì 7 febbraio 2025


Ci lamentiamo spesso, a ragione, dell’inadeguatezza dell’attuale classe politica, che si limita a galleggiare senza affrontare le cause dell’inviluppo italiano, prima tra tutte la “fiscocrazia”, quel nefasto intreccio di alta fiscalità e defatigante burocrazia (anche digitale…), che paralizza le nostre imprese e di riflesso tutto il sistema economico, invocando le sacrosante riforme costituzionali e istituzionali necessarie ad un Paese al passo coi tempi; ma parliamo di rado del ruolo, non meno importante, che ai fini di questo degrado svolge una magistratura inadeguata.

Non mi riferisco al pur deprecabile fenomeno della magistratura politicizzata, che minando la tripartizione dei poteri impedisce il corretto funzionamento della democrazia: sappiamo bene che si tratta di una frangia minoritaria, sia pur organizzatissima e influente.

No, qui mi riferisco al ruolo che l’interpretazione giurisprudenziale svolge sul funzionamento del sistema economico e istituzionale: abbiamo un disperato bisogno di una giurisprudenza liberale. Troppe sentenze, in particolare dei giudici amministrativi, che avallano le posizioni stataliste e burocratiche della pubblica amministrazione e che deprimono così l’attività imprenditoriale, o ne decretano addirittura la morte. Certo, esiste qualche eccezione alla regola, e non si tratta solo di opportunismo (vedi il vecchio adagio: le norme si applicano per gli amici e si interpretano per gli amici); l’interpretazione ha sempre qualcosa di soggettivo, conosciamo tutti la questione del mezzo bicchiere: vederlo mezzo pieno o mezzo vuoto dipende anche dall’imprinting culturale di chi giudica.

Il fatto è che le sentenze emesse quotidianamente dai giudici ne riflettono troppo spesso il conformismo, e a volte la sciatteria, e difettano di quel coraggio capace di dire no ai potentati burocratici per dare ragione al privato, secondo una visione di giustizia liberale che pone lo Stato al servizio del cittadino.

L’interpretazione giudiziale conformista o pavida alimenta poi un circolo vizioso con gli interessi dei burocrati e la pigrizia del legislatore, facendo precipitare in una stagnazione anche morale. È la situazione in cui, purtroppo, versa oggi l’Italia.

Da questa palude si può uscire solo con il coraggio di andare controcorrente, tramite interpretazioni dirompenti delle leggi, figlie di una forte tensione morale e culturale liberale. Naturalmente, la via giudiziale maestra passa sempre dalle interpretazioni della Corte costituzionale, alla quale però il cittadino non può accedere direttamente, ma con il “filtro” di un giudice. Però anche le altre magistrature superiori potrebbero far molto.  Se – per fare un esempio – il Consiglio di Stato, colto da improvviso furore liberale, cambiasse l’orientamento restrittivo nell’interpretazione della legislazione urbanistica, sconfessando la regola dell’imprescrittibilità dell’azione dei Comuni oppure della regola della “doppia conformità” urbanistica per le sanatorie edilizie, consentirebbe di colpo la regolarizzazione dell’edificazione esistente e darebbe la possibilità di utilizzarla per le attività economiche di migliaia di soggetti (spesso incolpevoli, avendo ereditato situazioni immobiliare molto risalenti), dando così un impulso alle attività economiche − e quindi alla creazione di lavoro e ricchezza per tutti (compreso lo Stato, per il maggior gettito d’imposta conseguente) − non inferiore ad una manovra di bilancio dello Stato.

Insomma, se siamo messi male, non è solo perché manca la volontà politica, ma anche perché latita quella giurisprudenziale.


di Luca Maria Blasi