martedì 28 gennaio 2025
Un diritto civile senza pride
Un’Europa più evoluta passa anche da un’Italia che ha il coraggio di disseminare la propria tradizione civilistica senza paura, senza indugi, in modo aperto ed evolutivo anche per quel che concerne l’esercizio volontaristico delle libertà personali e patrimoniali. L’evoluzione si realizza, senza perversioni antisociali, laddove le libertà sono simmetriche ad una legalità che le riconosca realizzandole pragmaticamente, attraverso i diritti civili nonché attraverso le dovute responsabilità che ne conseguono. Tutti i pride hanno almeno un diritto civile da adottare, ma non tutti i diritti civili adottano i pride per emergere. La diseredazione è quel diritto civile (senza pride) che in Italia dobbiamo ancora legalizzare.
Chi voglia fare testamento ha facoltà di escludere dalla propria successione ereditaria un parente entro il sesto grado che altrimenti gli potrebbe succedere mortis causa? Secondo alcuni orientamenti della giurisprudenza e della dottrina giuridica diseredare si può, secondo altri no. In ogni disordine sulle libertà e sui diritti il rischio d’arbitrio giudiziario è dietro l’angolo. In una civiltà di civil law, basata sulle leggi e non sui precedenti giurisdizionali vincolanti, dev’essere il Legislatore e non il giudice a garantire la generale certezza del diritto. Il codice civile vigente all’articolo 587 definisce il testamento come un atto revocabile con cui taluno “dispone”, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse. Se per antonomasia il testamento serve ad attribuire beni, giuridicamente la definizione appare neutra e in quanto tale non toglie la possibilità di escludere qualcuno dalla successione. Il testamento sarebbe così un atto non solo attributivo a causa di morte, ma anche ablativo e destitutivo.
Perché porre limiti alla libertà? Un modello di testamento libertario, e quindi più evoluto in senso personologico, risulterebbe più coerente con le corde neocostituzionali e neorepubblicane del nostro tempo e del nostro ordinamento giuridico italeuropeo. Dobbiamo riformare anche dove nessuno da vari decenni osa riformare, come in materia di diritto delle successioni ereditarie, e in particolare in materia di diritto testamentario. Il testamento italiano deve divenire una patente certa e ampia di libertà patrimoniali.
La Corte di cassazione con la sentenza numero 8.352 del 2012 ha chiarito che in un testamento la mancanza di una disposizione attributiva non equivale all’assenza di una valida manifestazione di volontà, bensì a una specifica volontà idonea di per sé a integrare la funzione testamentaria: regolare la successione ereditaria del disponente. Siccome un’altra sentenza della Cassazione potrà interpretare diversamente l’articolo 587 anzidetto (e si salvi chi può), occorre legalizzare in generale la laica libertà diseredativa quale clausola testamentaria rientrante nel ventaglio di facoltà che ciascuno, in scienza e coscienza, può scegliere. Nel 2012 il legislatore stesso ha dato la possibilità di diseredare il genitore decaduto da responsabilità genitoriale, in alcuni casi: ciò non basta. Qualcuno potrà obiettare che esiste già l’istituto dell’indegnità a succedere. Gli risponderemo che l’indegnità è stabilita dallo Stato in alcune tassative e gravissime ipotesi, rispondendo a una ratio pubblicistica. La diseredazione invece risponde alla volontà dell’io e ha una natura liberale-privatistica. Chiunque, senza abusi abnormemente discriminatori, deve essere libero di diseredare.
Una legalizzazione puntuale di tale istituto-fantasma del diritto testamentario italiano dovrà chiarire tutta una serie di problemi pratici attualmente aperti, lasciati all’interpretazione ondivaga dei giudici, di fronte a cittadini insicuri sullo stato dell’arte al riguardo. Dovrà ad esempio essere chiarito legalmente se sia possibile diseredare un successibile che sia discendente o ascendente o coniuge soltanto al di fuori della quota di legittima, o anche per la quota di legittima. Dovrà pure essere chiarito legalmente se restano diseredati a cascata anche i discendenti del diseredato eventualmente rientranti in successione per rappresentazione, oppure no. Siccome un po’ di storia non fa mai male, si ricorderà che nel periodo della Rivoluzione francese la diseredazione era detestata dai rivoluzionari in quanto essa sarebbe stata piegata, dai padri reazionari, per punire i giovani rivoltosi. Nel codice civile italiano del 1865 essa veniva esclusa perché la dottrina veterocattolica del perdono la riteneva immorale. Tale esclusione ottocentesca segnò l’omissione novecentesca nel codice civile italiano del 1942, più volte riformato nel tempo e ancora vigente, nonché ancora carente in tema di libertà diseredative.
È giunto paradigmaticamente il momento di non omettere la cura delle libertà patrimoniali che derivano dai sentimenti degli individui, come avviene per la diseredazione. Ogni omissione per incuria sarebbe illiberale. Ogni rinuncia per posizioni ideologiche vetuste sarebbe illibertaria.
di Luigi Trisolino