martedì 28 gennaio 2025
La nona edizione del Festival della cultura della libertà, organizzata da Carlo Lottieri, ha affrontato un argomento di assoluta importanza nel panorama culturale contemporaneo: il pluralismo all’interno delle mura scolastiche, come suggerisce il titolo della kermesse “Libertà educativa. Meno Stato, più società”. I dibattiti presso la Sala Panini del PalabancaEventi di via Mazzini hanno delineato con grande precisione la crisi che investe il nostro sistema educativo, incapace di emanciparsi dai dogmi collettivisti per valorizzare il merito e consentire a ciascun giovane di emergere facendo affidamento sulle proprie capacità. Anche quest’anno la rassegna dedicata alla memoria di Corrado Sforza Fogliani si è distinta per l’eccellente tenore degli approfondimenti tematici e i pregevoli contributi a cura dei maggiori esperti italiani del liberalismo. Proponiamo di seguito alcuni spunti emersi dalla conferenza piacentina.
La sessione introduttiva di sabato 26 gennaio si è soffermata sul pensiero di Luigi Einaudi, esaminando la sua concezione di una scuola libera e avulsa dal monopolio statale. Roberta Adelaide Modugno, storica delle dottrine politiche, ha aperto il convegno con una sofisticata disamina de Le prediche inutili e ha analizzato due modelli didattici che si collocano agli antipodi. Da un lato il sistema napoleonico, propenso all’uniformità, all’omologazione, all’uguaglianza e alla pervasività burocratica, che impiega criteri di valutazione imposti dagli uffici governativi e ha influenzato gli orientamenti accademici dell’Europa continentale; dall’altro, il sistema anglosassone tipico della Gran Bretagna e degli Stati Uniti, che mira a garantire il pieno sviluppo dell’individuo mediante curricula personalizzati e premia il principio della concorrenza tra pubblico e privato. Nella parte finale del suo intervento, Modugno ha ricordato l’opposizione di Einaudi a quella che considerava la “lugubre farsa del valore legale del titolo di studio”. Quando lo Stato non è garante della libertà educativa e del pluralismo, conduce inevitabilmente alla schiavitù.
“Libertà nell’educazione, educazione alla libertà” è il tema centrale della relazione di Paolo Silvestri, professore di Filosofia del diritto all’Università di Catania. Lo studioso ha ripercorso l’antropologia cristiana e anti-perfettista della riflessione einaudiana fornendo la definizione che il primo Presidente della repubblica ha attribuito al liberalismo: una dottrina che pone l’uomo al di sopra di qualsiasi altro valore, in cui l’elevamento e il perfezionamento della persona umana si accompagnano alla concezione di un’esistenza varia e rigogliosa, che consiste in un “atteggiamento di apertura all’ignoto e all’incerto dove si può intravedere e conseguire un avvenire nuovo, superiore”. A concludere la mattinata una lectio magistralis tenuta dal commercialista e deputato del Consiglio nazionale elvetico Paolo Pamini, intitolata “La Svizzera è un modello?”
Nella prima conferenza pomeridiana, lo storico Eugenio Capozzi e il filosofo del diritto Andrea Favaro hanno dibattuto sulle ragioni della parental school enucleando i pregi di un metodo educativo che reagisce all’indottrinamento indiscriminato e combatte la longa manus dello Stato nell’istruzione. Entrambi i relatori convengono sulla causa che ha determinato l’impoverimento delle prestazioni scolastiche in Italia: la sciagura del sessantotto, nemico giurato dell’individualismo libertario e livellatore al ribasso in nome dell’ideologia marxista. Si passa poi a parlare di scuole libere tra disparità regionali, crisi e prospettive future in una tavola tripartita con Suor Anna Monia Alfieri, legale rappresentante delle scuole Marcelline, Sandro Scoppa, avvocato e presidente di Confedilizia Catanzaro-Calabria, e Tiziana Marzaroli, insegnante di filosofia e pedagogia al liceo artistico Cassinari di Piacenza.
La seconda giornata ha preso il via con la quarta sessione del festival: “Imprese e istruzione: un rapporto da costruire”. L’imprenditore agricolo Roberto Brazzale ha individuato negli anni Settanta l’inizio della parabola discendente della qualità formativa, da imputare alle riforme che hanno burocratizzato il sistema liceale ingessando il settore privato. Il direttore di ItaliaOggi, Pierluigi Magnaschi, ha sentenziato la crisi ormai irreversibile della scuola italiana, nella quale troviamo “punti di eccellenza e qualità media molto bassa”. Una crisi che, secondo il giornalista piacentino, deriva dal fatto che “i processi educativi sono governati da Roma, dove abbiamo burocrati prigionieri dei sindacati”. Altro problema, a parere di Magnaschi, è “l’affidamento dei programmi ministeriali ai pedagogisti, che li rendono ideologici” e lontani dalla realtà. Per non parlare della scarsa conoscenza dell’inglese, dovuta al fatto che per troppi anni nelle nostre scuole si è insegnato come prima lingua straniera il francese “per una sorta di sudditanza verso la Francia”.
Nella quinta sessione Carlo Lottieri e lo storico delle dottrine politiche Diana Thermes hanno indagato il tema del finanziamento dell’istruzione in una società libera. Come ha argomentato il direttore scientifico del festival, la scuola “è finanziata dal contribuente, spesso senza saperlo e senza avere qualcosa in cambio. Il nostro è un sistema educativo socialista basato sulla coercizione e che punta all’egualitarismo piuttosto che credere in una società dinamica che possa dare opportunità con finanziamenti volontari e privati”. Sull’educazione civica ha aggiunto: “È fortunatamente relegata a un ruolo secondario, ma ha lo scopo di introdurre la dogmatica istituzionale, la teologia politica, l’idolatria dello status quo al fine di promuovere la costruzione del cittadino, del soldato e del contribuente”. Diana Thermes ha illustrato il pensiero della scrittrice statunitense di origini russe Ayn Rand, che ha sempre giudicato la libertà d’istruzione come l’unico mezzo per formare uomini liberi. La madre dell’oggettivismo ha ingaggiato un duello contro gli educatori progressisti, accusati di manipolare le menti dei bambini nello stesso modo in cui i Comprachicos del Seicento deturpavano i lineamenti dei neonati per renderli dei mostri.
La sesta sessione, “Università contemporanee e dogmatismo dominante”, ha visto al tavolo dei relatori il filosofo Raimondo Cubeddu, il coordinatore nazionale di Students for Liberty Gabriele Marmonti e Alessandro Vitale, docente di Geografia politica presso l’Università Statale di Milano. Il debordare dei compiti amministrativi negli atenei italiani ed europei ha portato alla rarefazione delle scoperte negli ultimi decenni, con la conseguente perdita di centralità della ricerca scientifica. A tal proposito, Vitale indica la “livellazione delle teste che emergono” e critica la figura ossificata del professore che ripete le stesse cose senza avvertire lo stimolo di aggiornare la propria metodologia. Quella a cui si riferisce è una vera e propria paralisi innovativa, la cartina al tornasole della crisi della civiltà occidentale: “La burocratizzazione ha prodotto un sistema malato per cui oggi siamo di fronte a processi di arretramento”.
Carlo Lottieri ha già anticipato il tema del prossimo anno, in occasione del decennale della kermesse: i rapporti tra Europa e Stati Uniti dopo i risultati delle elezioni presidenziali. Dopo aver ringraziato le associazioni che hanno reso possibile lo svolgimento del festival, Lottieri ha concluso così i lavori: “Ci siamo trovati qui a Piacenza per riflettere, ragionare e capire meglio perché è importante la libertà di educazione. Spero che ognuno di noi torni a casa con un’idea che lo abbia arricchito. Io ne porto con me due: in presenza di istituzioni sovrane che pretendono di essere sopra tutto, non c’è spazio per la libertà educativa; ogni libertà in meno dissolve anche le altre libertà”.
di Lorenzo Cianti