lunedì 20 gennaio 2025
Dietro la battaglia contro il vino si cela un attacco alla libertà individuale e alla cultura italiana. Non è solo una questione di salute, ma un tentativo di trasformare cittadini consapevoli in sudditi da educare.
Una tempesta perfetta si sta abbattendo sul mercato del vino italiano. Etichette anticancro sulle bottiglie e multe sempre più severe per chi guida dopo aver bevuto: un doppio fronte che allarma anche i produttori di superalcolici e che ha spinto al ribasso i titoli in Borsa di molte aziende del settore.
Il vino rappresenta per l’Italia molto più di un prodotto alimentare. È cultura, identità e tradizione, arte e comunità. Ogni bicchiere racconta la storia di un territorio, di generazioni di viticoltori che con passione e dedizione hanno trasformato la natura in cultura. Tuttavia, recenti iniziative legislative, sia a livello nazionale che internazionale, stanno mettendo a rischio questa eccellenza. Negli Stati Uniti Vivek Murthy, il Surgeon General ossia il portavoce principale in materia di salute pubblica nel governo federale, ha proposto un bollino sanitario sulle etichette che indica i presunti rischi cancerogeni legati all’alcol. L’Europa non è rimasta a guardare: alcuni Stati membri hanno già adottato misure simili, equiparando il consumo moderato di vino all’abuso.
Nel nostro Paese, l’introduzione del nuovo Codice della strada ha ulteriormente penalizzato il settore. Le nuove sanzioni per chi guida dopo aver bevuto un bicchiere di vino sono particolarmente rigide. Il risultato? Comitive di giovani che condividono una sola bottiglia temendo l’alcoltest. La cultura della convivialità mediterranea rischia di essere sostituita da un approccio punitivo e moralizzatore.
Non si tratta solo di una problematica economica. La battaglia contro il vino è il simbolo di una deriva paternalista che minaccia la libertà individuale. Le etichette anti-vino non sono altro che un tentativo dello Stato di assumere il ruolo di educatore, la forma più pericolosa di Stato-etico, imponendo un modello di comportamento che presuppone l’incapacità del cittadino di prendere decisioni autonome.
Gli effetti economici delle nuove misure sono già evidenti. Secondo Filiera Italia, nel 2025 la produzione alimentare sarà uno dei pochi settori in crescita rispetto alla manifattura generale. L’export di vino italiano rappresenta uno dei pilastri della nostra bilancia commerciale. Se il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca potrebbe preoccupare per una possibile recrudescenza dei dazi, queste etichette anti-vino sono una minaccia ben più concreta e subdola.
Dietro siffatte crociate moralizzatrici si celano interessi economici giganteschi. La promozione dei vini dealcolizzati, spesso ottenuti con processi chimici, potrebbe aprire un mercato multimiliardario per le grandi multinazionali del settore alimentare. Bisogna però chiedersi, a quale prezzo? Il vino naturale, autentico, rischia di essere sostituito da prodotti industriali che nulla hanno a che fare con la tradizione e la qualità.
La battaglia contro le etichette anti-vino non riguarda soltanto i produttori o gli estimatori del buon bere: è una questione che tocca ogni cittadino. Difendere il vino significa, in fondo, difendere la libertà. Non si tratta solo della libertà di scegliere cosa versare nel proprio bicchiere, ma di affermare il diritto a vivere secondo le proprie convinzioni, senza essere costantemente sorvegliati, giudicati e guidati dallo Stato. La vera libertà, infatti, è il vino più prezioso che abbiamo: un dono che va custodito e assaporato con responsabilità e gratitudine.
Ogni consumatore consapevole dovrebbe poter decidere in autonomia, senza imposizioni moralizzatrici o divieti che tradiscono l’essenza stessa del vivere civile. Il rispetto e la moderazione non si trasmettono attraverso leggi coercitive, né tramite avvisi su etichette spaventose. Si imparano in famiglia, si coltivano nella cultura, si rafforzano nella società. Quando lo Stato si erge a educatore, pretende di trasformare cittadini liberi in sudditi conformi a un modello imposto dall’alto, negando così l’unicità di ciascun individuo.
In conclusione, il vino non è solo una bevanda: è il riflesso di una storia millenaria, un simbolo di convivialità, libertà e scelta. Proteggere la tradizione significa custodire un pezzo della nostra identità e difendere il diritto di vivere senza continue ingerenze statali. Il rischio è di ritrovarci in una società dove ogni gesto viene regolamentato e sanzionato, privandoci non solo del piacere, ma anche della responsabilità di scegliere per noi stessi.
Come ha scritto Goethe: “La vita è troppo breve per bere vini mediocri”. Una frase che ci invita a cercare qualità, piacere e libertà in ogni sorso, ricordandoci che il vino è molto più di ciò che appare in un bicchiere: è un’esperienza, un’arte, un diritto da preservare.
di Sandro Scoppa