venerdì 10 gennaio 2025
Parallelismi forse un poco forzati quelli che seguono, va detto a mo’ di premessa infarcita con tracce di spoiler. Però, a pensarci, si sta facendo via via sempre più marcata la distanza politica tra la figura di Giorgia Meloni e una visione d’insieme della sinistra italiana largamente intesa. D’altronde, mentre la premier metteva a frutto i suoi rapporti eccellenti con gli Stati Uniti, peraltro in tempi assai rapidi per le logiche della diplomazia internazionale e in una fase di transizione con un Governo esautorato dai suoi poteri e con un altro solo in procinto di acquisire il comando, e al contempo dava sfoggio di arte diplomatica con un Paese come l’Iran all’interno di uno scacchiere mediorientale che definire complesso è, più o meno, un eufemismo, ecco, mentre la Meloni faceva tutto questo ottenendo il ritorno in Italia e alla vita di Cecilia Sala, la sinistra, nelle sue varie declinazioni, è sembrata vieppiù interessata ad affrontare questioni che appaiono sospese tra il nonsense e l’anacronismo allo stato puro.
Tradotto: a Milano il progressismo amministrativo ha tentato di elaborare una sorta di Stato etico in versione lillipuziana impedendo ai cittadini di cimentarsi con il fumo sotto il cielo già di per sé velato (non ho scritto stellato, ma velato) dallo smog padano; a Roma ogni anno, alla stregua di un rito post natalizio, si solleva il caso delle braccia tese di Acca Larentia, sorvolando così su pugni chiusi moralmente non meno ripugnanti e, soprattutto, su un pluriomicidio ancora impunito a dispetto dei decenni; in Sardegna una presidente di Regione, a marchio 5 stelle, si è impantanata nella procedura legata alla gestione dei fondi durante la campagna elettorale. Un episodio che reputo veniale in termini giudiziari, sebbene dica molto sull’approssimazione relativa al “modus operandi” di talune figure, le prime ad emanare strali ogni qualvolta ravvedono lievi e increspature nella loro logica distopica e puritana applicata alle vite altrui.
Avrei ulteriori esempi da segnalare ma mi fermo qui. Accostamenti un tantino coatti, ne convengo e lo ripeto. Ma difficile non cogliere piani differenti nel quadro politico nazionale in questo frangente storico. E anche laddove si ravvisa un ravvedimento dal campo avverso nei confronti della Meloni, anche in questo caso, è come se scattasse una molla d’origine ancestrale, per cui pure il complimento più blando viene impregnato da un odio malcelato. Per essere chiari: la prima pagina del Manifesto, il quotidiano che ci tiene a far sapere nel suo occhiello di essere un foglio comunista (nel caso in cui non si capisse leggendolo). Ebbene, con la foto ormai iconica dell’abbraccio tra la Sala e la Meloni il titolo sovraimpresso recita così, testuale: “Anche cose buone”. Una constatazione oggettiva e ciononostante veicolata con quella punta di veleno che rimanda a quel passato che forse non è poi così passato (l’Ur-fascismo di Umberto Eco), che richiama quel legame latente ma (per loro) presente tra la destra attuale e quella mussoliniana, che scimmiotta quella frase tipica di taluni nostalgici usata per giustificare o, per lo meno, mitigare un’esperienza politica e storica che lasciò l’Italia letteralmente in macerie. Della serie: hai ragione, hai vinto. Però rimani comunque della stessa sostanza dei reprobi, di coloro che si collocano fuori dal perimetro del corretto, del giusto, della storia. Non avversari ma nemici. Non un’altra visione della società ma l’incarnazione dell’irrazionale. Sinistra e Destra. La differenza ad oggi sta tutta qui.
di Luca Proietti Scorsoni