Depotenziate le nazioni, torna l’Imperatore d’Europa

mercoledì 8 gennaio 2025


In tanti si chiedono dove stia andando a finire la libertà nella nostra Europa. Soprattutto a molti sorge il dubbio che il cosiddetto sistema abbia per noi in serbo una sorta d’involuzione. Abbiamo tutti notato quanto la ristretta cerchia di sostenitori di Ursula von der Leyen consideri i parlamenti nazionali un coacervo di pulsioni populiste. Quasi che la cosiddetta politica comune debba pensarsi esclusivamente lungo la direttrice Bruxelles-Strasburgo. Questa visione ha scatenato rivolte in molti Stati europei, non ultima quella che ha visto i trattori marciare su Bruxelles che, di rimando, ha parlato di potenziare una polizia europea per fronteggiare tali fenomeni. Ai più buontemponi è parso che l’Unione europea voglia tornare a regole ed imposizioni feudali. Così la fantasia è volata verso un tempo misconosciuto ai più, quando il re dei tedeschi veniva eletto da un gruppo di principi detti “elettori”, e diveniva imperatore solo se incoronato dal Papa di Roma: e rare e tanto importanti erano quelle casate elettrici a cui veniva concesso di votare sia per il papato che per l’Impero.

Fürst, ovvero “principe elettore”, è il titolo ancora nominalmente detenuto dalla casata von der Leyen: e badate bene, principi elettori sia romani che imperiali. Fino a tempi relativamente lontani due membri della famiglia von der Leyen erano sempre arcivescovi di Treviri e Magonza, quindi elettori del Papa, mentre uno di loro manteneva il rango di Principe elettore ed Arcicancelliere del Sacro Romano Impero.

I membri della Casa di Leyen hanno ancor oggi diritto al trattamento da Altezza Serenissima: perché il governo tedesco consente l’uso dei titoli nobiliari al posto del cognome e considera ancora lo status aristocratico funzionale alla forma di cui si sostanziano molti poteri. A livello di pura formalità simbolica il casato dei von der Leyen ha ancora le chiavi del cimitero teutonico del Vaticano.

I von der Leyen (Ursula e Heiko) rivolgono un sorriso magnanimo e di circostanza a noi europei, poi nei riservatissimi conciliaboli internazionali parlano di politica ed affari con regnanti e magnati di tutto il pianeta: appuntamenti nei quali le corone d’Olanda, Belgio, Svezia, Gran Bretagna, Danimarca e Svezia confidano che la Presidente della Commissione europea porti alto l’onore delle compagnie multinazionali possedute dalle teste coronate d’Europa. Badate bene che si sorvola volutamente sulla Spagna che, seppur monarchia, non gode della benevolenza dei “frugali d’Europa”.

Necessita riflettere sul fatto che i poteri europei, sia bancari che politici, stiano da troppi anni lavorando a far sì che la cittadinanza europea possa mettere in soffitta le sovranità nazionali: queste ultime conquistate col sangue all’indomani della fine delle monarchie assolute. È evidente sia in essere un progetto che passi attraverso la futura estinzione della rappresentanza legislativa nazionale, e punti all’unica presenza di un Parlamento europeo eletto dai cittadini dei cosiddetti paesi membri. Assetto che, secondo certi beninformati, potrebbe avverarsi entro il 2040. Ovviamente, come nel Medioevo, verrebbe lasciata ai popoli l’elezione di borgomastri e capitani città: attualizzando, rimarrebbe solo il voto per europarlamentari e rappresentanze negli enti regionali e nelle città. Quindi, finiti i parlamenti nazionali, i cittadini sceglierebbero solo la rappresentanza in Europa e quella di presidenti di regione, consiglieri regionali, comunali e sindaci. Un progetto che frazionerebbe in regionalismi il potere dei popoli, permettendo all’Europa di riesumare una forma moderna e “democratica” di Sacro Romano Impero.

Capitani di città e borgomastri erano apparsi in epoca comunale, quando i cittadini s’erano armati per proteggersi e scongiurare che i nobili conquistassero le città depredando la gente libera: ovvero chi aveva scelto di non essere servo nelle campagne e farsi pagare in città perché consapevole della propria arte di vasaio, fabbro, inventore, commerciante.

Ma scendiamo nel dettaglio dei trattati per capire quanto l’Europa corra il rischio d’involuzione. Nell’articolo 17 del Trattato di Lisbona si stabilisce che il Consiglio europeo, tenuto conto delle elezioni europee, propone il candidato alla presidenza della Commissione europea e il Parlamento lo elegge: procedura che, secondo i soloni di Bruxelles, mirerebbe a restituire la sovranità ai cittadini europei bilanciando lo strapotere dei capi di governo con un Parlamento europeo democraticamente eletto. Obiettivo? Probabilmente, dopo il 2040, e attraverso aggiustamenti europei, il tramonto dei parlamenti nazionali porterebbe al potenziamento dei regionalismi ed alla nomina per via europea (attraverso la Commissione) dei vari governi delle macroaree, ovvero le nazioni che oggi costituiscono l’Unione europea.

Del resto, lo Stato moderno è cosa assai recente, un soggetto romantico ed ottocentesco chiamato nazione ed accusato d’essere coacervo di populismi. Lo Stato moderno, prima ancora di essere assurto a formula giuridico-istituzionale, ha rappresentato una situazione di potere costruita su un governo nazionale: sulla presenza di uno schieramento di forze sociali che influenzano i partiti ed il consenso del popolo.

Nelle democrazie moderne il sistema dei partiti è stato il luogo dove ha abitato la sostanza del potere, ma oggi quel potere è in altre mani. Anzi è tornato là dove abitava prima del “contratto sociale”. La prospettiva europea sarebbe oggi la formazione di un sistema partitico elitario che prescinde dal consenso dei popoli, e che afferma nuovi “grandi principi elettori”: eredi, forse a loro insaputa, di una tradizione che ha governato il Vecchio Continente dal sorgere del Sacro Romano Impero fino al 1918.

Questo progetto è in itinere, e sta progressivamente spostando a livello europeo la parte sostanziale del potere politico: morti i parlamenti nazionali, esisteranno solo Parlamento e Commissione Ue, Corte di Giustizia europea e Banca centrale. Una natura quasi federale, come ai tempi di Carlo V, non più subordinata ai morenti governi nazionali che si riunivano nel Consiglio europeo. Ai cittadini verrà detto che finalmente la democrazia parlamentare europea ha soppiantato gli ormai anacronistici parlamenti nazionali. Verrà detto alla gente d’Europa che senza i parlamenti nazionali verranno ridotti i costi della politica, consentendo di elevare il contenuto democratico delle elezioni europee: ci diranno “perché gli elettori potranno scegliere non solo i membri del Parlamento europeo, ma anche il capo dell’esecutivo europeo ed il suo programma di governo, come avviene nei regimi democratici maturi”.

Di fatto il sistema partitico europeo fingerà d’avvicinarsi al modello degli Stati Uniti: ma negli Usa i governatori probabilmente continueranno ad essere eletti, mentre probabilmente le scelte dell’Ue andranno verso la nomina europea dei governanti nelle ex nazioni. La scelta ricadrà ovviamente sui grandi elettori, presi dalla società civile per governare i vari paesi membri.

I principi elettori del Sacro Romano Impero non sono mai andati via, e con la fine degli Imperi centrali, dopo la Grande Guerra, hanno vestito i panni di banchieri, industriali, amministratori di multinazionali, editori e mecenati della politica.

La casata dei von der Leyen è antica famiglia tedesca regnante, appartiene agli Hochadel, ovvero alta nobiltà a cui veniva concesso votare per l’imperatore del Sacro Romano Impero: nel loro castello di Gondorf (e non è nome da favola) i suoi membri si riunivano per decidere chi di loro dovesse ereditare il rango di siniscalco (banchiere) dell’Imperatore. I von der Leyen rappresentavano l’elettorato di Treviri, che per tanto tempo ha mediato tra Papa ed imperatore tedesco. Il loro antenato Philipp Franz von der Leyen aveva possedimenti anche in Austria, ed al Congresso di Vienna si dimostrava uno dei più severi nemici del Bonaparte (l’Italiano corso d’Ajaccio tanto caro a Papini). Il principe Philipp-Erwein IV von der Leyen è l’attuale capofamiglia, e non fa mistero di discendere da Federico II, da Vsevold I di Kiev, da Ugo Capeto, da Eric il Vittorioso, da Aroldo II d’Inghilterra, da Papa Giulio II come da Papa Paolo III.

Va riconosciuto che il Sacro Romano Impero è sempre stato formalmente una monarchia elettiva, anche se monopolizzata dalla nobiltà tedesca e austriaca che ha cementato prima gli Hohenstaufen di Svevia e poi gli Asburgo fino alla fine dell’Impero, secondo certi dovuta nel 1806 a Napoleone e secondo altri alla sconfitta subita da tedeschi ed austriaci nel 1918. Cari italiani non facciamoci ingannare, a noi nel Sacro Romano Impero c’è andata male. L’imperatore germanico dei romani non ha nulla della nostra Roma, è il Römischer Kaiser tedesco.

Naturalmente il solito buontempone ci ricorderà che, anche nei primi secoli di esistenza del Sacro Romano Impero il sovrano era scelto da un ampio gruppo di principi amici e magnati. E già, gli stessi principi amici e magnati elencati da Erwein Otto Philipp principe von der Leyen a David Rockefeller ed Ernst van der Beuel (economista delegato della corona d’Olanda) durante la riunione del 29 maggio del 1954 presso l’hotel de Bilderberg, ad Arnhem, nei Paesi Bassi. 

Comunque, consolatevi, nessun italiano era nel novero dei graditi al Bilderberg, nemmeno quelli che a Ventotene avevano sognato una democratica Europa.


di Ruggiero Capone