giovedì 19 dicembre 2024
Il Governo ha posto la fiducia sulla Manovra. Il ministro ai Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani si è scusato personalmente e a nome del Governo, “per il ritardo con cui stamane sono iniziati i lavori” parlamentari. “So che le giustificazioni stanno a zero e non intendo ricorrere lo scaricabarile come pure potrei”, ha aggiunto Ciriani. Il quale ha ribadito il suo “massimo impegno affinché tutti i ministeri garantiscano doverosamente e prioritariamente la presenza in Aula e nelle commissioni affinché episodi del genere non si verifichino più”. La sospensione iniziale ha rallentato la tabella di marcia. Scongiurato il ritorno in commissione del testo: la Ragioneria non avrebbe rilevato necessità di intervenire sul testo. Al contrario avrebbe individuato una sovracopertura di 100 milioni di euro nel 2025 e altrettanti nel 2026. Nonostante il ritardo sulla tabella di marcia registrato questa mattina (con il ministro Ciriani che ha posto la questione di fiducia dopo le 13), la riunione dei capigruppo ha confermato il timing della Manovra in Aula. Domani alle 11 è prevista votazione per appello nominale, con dichiarazioni di voto alle 9.30, l’esame proseguirà dalle 12.30 alle 20, con le votazioni dei restanti articoli, delle proposte emendative e degli ordini del giorno. Dalle 21 alle 22.30 restano fissate le dichiarazioni di voto finale e il voto finale.
Frattanto, si è conclusa la discussione generale. Il vicepresidente di turno Fabio Rampelli ha comunicato che non si darà luogo alle repliche, poiché i relatori di minoranza hanno esaurito il tempo a disposizione, mentre i relatori di maggioranza e il Governo hanno rinunciato. La questione pregiudiziale presentata da Alleanza verdi e sinistra non verrà messa ai voti, poiché è stata ritenuta inammissibile in quanto volta a pregiudicare la discussione sulla Legge di bilancio che deve essere portata a compimento entro il termine della sessione di bilancio. A questo punto, entro domani sera bisogna ottenere il disco verde dalla Camera. Resta confermato, secondo quanto si apprende, l’obiettivo di arrivare al sì dell’Aula alla Manovra entro la chiusura della settimana. Posta la fiducia, la tempistica al momento sarebbe quella di tenere domani le dichiarazioni di voto a partire dalle 12, per poi proseguire con la chiama e intorno alle 14.20 gli ordini del giorno. Intorno alle 18-19 dovrebbe svolgersi il Consiglio dei ministri sulla nota di variazione, mentre il voto finale dell’Aula dovrebbe arrivare intorno alle 23, senza dunque la necessità di uno slittamento a sabato mattina. La seconda lettura in Senato partirà invece lunedì 23 dicembre in commissione, mentre l’ok dell’Aula è previsto tra Natale e Capodanno. Nella settimana di votazioni sono andati in scena stop and go, riunioni di maggioranza e confronti con l’opposizione, maxi-emendamenti ritirati e poi spacchettati e una decina – almeno – di riformulazioni di Governo e relatori e il testo, iniziale, in effetti, ha subito una decisa metamorfosi. E ora, nelle 36 ore canoniche dal via libera in commissione all’Aula, le norme vanno ricomposte con la verifica di votazioni e tabelle. E su tutto questo pesa un timing ormai decisamente stretto e complicato. Nella maggioranza si parla dell’eventuale necessità di un “allineamento delle tabelle”.
Non lo interpreta allo stesso modo l’opposizione. Intanto, si rincorrono le voci sulle misure che potrebbero richiedere un aggiustamento tra le altre, ad esempio, l’emendamento sulla detassazione dei premi per i medagliati della Milano-Cortina, norma che risultava in un primo tempo ritirata dai relatori ma che invece dovrebbe essere destinata ad entrare. Su tutto pesano le notti passate in commissione ma anche le tensioni tra alleati su diversi temi. Uno fra gli altri quello dei revisori dei conti Mef nelle imprese che ricevono contributi statali, che Antonio Tajani aveva definito “da Stasi”. La misura alla fine salta, con il plauso di Confindustria. “Bene, era un’ingiustizia”, commenta il presidente Emanuele Orsini dopo il passo indietro. “Siamo soddisfatti della manovra, abbiamo convinto gli alleati”, dice il vicepremier e leader azzurro. Intanto, Matteo Salvini incassa 1,4 miliardi in più per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. Ma i suoi, a partire dal capogruppo Riccardo Molinari, rivendicano anche una serie di misure che riguardano altre infrastrutture di diversa collocazione geografica: dalla Tav al Terzo Valico dei Giovi a Genova.
di Manlio Fusani