martedì 10 dicembre 2024
Il Graffio di Trisolino
Intervistiamo Corrado Clini, che nel Governo Monti ha ricoperto l’incarico di ministro dell’Ambiente, della Tutela del territorio e del mare, a proposito di ecologia nucleare. L’Unione europea ci dice che il nucleare pulito di ultima generazione con i piccoli reattori modulari (o Smr) avrà “un ruolo chiave nel mix energetico dell’Europa”, ma sappiamo che spetta comunque ai singoli Stati membri definire il loro mix energetico, Italia inclusa.
Per realizzare le transizioni energetiche e ambientali in modo sfidante ma realistico, l’Italia necessita degli Stati Uniti d’Europa o basta questa Unione europea?
Guardiamo le cose così come stanno. La competitività dell’Ue com’è oggi rispetto alle grandi economie, in particolare Cina e Stati Uniti ma dobbiamo cominciare a considerare anche India e Indonesia, è molto complessa, molto faticosa. Se vogliamo reggere il confronto e non diventare un mercato marginale dal punto di vista del peso politico abbiamo bisogno di rafforzare la struttura dell’Unione europea. Chiamiamoli Stati Uniti d’Europa, chiamiamoli in altro modo, ma comunque un’organizzazione che abbia la capacità di assumere in maniera congiunta le decisioni strategiche per il futuro. Lo abbiamo fatto un po’ con il Covid, bisogna fare molto di più.
A prescindere dall’euro-federalismo, per gestire al meglio la materia del nucleare pulito, oggi per lo più riservata alla discrezione nazionale degli Stati membri, dovremmo rendere questa materia di competenza europea?
Il problema vero non è se è di competenza europea o se è di competenza nazionale, il problema vero è scegliere. Il nucleare è considerato fra le tecnologie che hanno minore impatto, spesso minore rispetto al fotovoltaico. Allora la prima decisione da prendere, che in parte l’Unione europea ha preso, ancora non in maniera chiara, è che il nucleare è un asset per l’Europa. Dobbiamo rafforzare a livello europeo la capacità di progettazione, di realizzazione e di controllo, perché il nucleare è un’infrastruttura che va gestita secondo una serie di procedure comuni, creando una classe dirigente comune in grado di controllarla. Non è molto difficile perché l’Europa ha queste competenze, si tratta di riorganizzarle.
A proposito di una autorità di controllo, si è parlato molto di un’autorità amministrativa indipendente o sulla scorta di questo modello per il nucleare in Italia. Potremmo pensare a un’agenzia europea al riguardo?
In parte già c’è.
Non basta.
Il problema vero che noi abbiamo è di competenza. Noi possiamo immaginare tutte le strutture amministrative terze, di controllo, eccetera, ma se non abbiamo capacità e competenza queste diventano sovrastrutture burocratiche.
Il Governo Meloni ha detto che i progetti prioritari nel campo energetico non saranno più soltanto quelli legati all’eolico, al solare e all’idroelettrico, ma saranno tutti quelli che permettono di conseguire gli obiettivi nazionali di decarbonizzazione, e che risultano economicamente sostenibili. Il nucleare di ultima generazione, effettivamente, appare interessante sia sotto il profilo della sostenibilità ecologica sia sotto il profilo della sostenibilità economica. Lei è contento di ciò che sta facendo il Governo Meloni sul nucleare? Si ritrova nelle linee d’azione del ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin?
Direi che è stata avviata una strada. La cosa importante è che finalmente il Governo ha assunto il nucleare come una delle infrastrutture energetiche per il futuro dell’Italia. Ora quello che dobbiamo fare è mettere insieme tutte le competenze che abbiamo in Italia, fare in modo che le imprese decidano programmi a medio e lungo termine di investimento, ed è positiva la newco di Enel, Ansaldo e Leonardo. Abbiamo bisogno di questa base. Possiamo parlare finché vogliamo del nucleare ma se non abbiamo le infrastrutture tecniche di competenze industriali sarà poi molto difficile svilupparlo.
Nella guerrafondaia Russia putiniana si trova quello che è stato il primo impianto di piccoli reattori modulari (Smr) con la cosiddetta “nave-reattore” sui mari siberiani. Alla fine del 2023 nella non liberaldemocratica Cina, che emette tanto Co2, è stato impiegato questo tipo di energia nucleare. La nostra patria italo-europea – a me piace definirla così – deve temere queste mosse economiche, ecologiche e geopolitiche russe e cinesi?
Noi abbiamo bisogno come Europa di attrezzarci per essere in grado di competere, e la competizione deve essere sulla capacità di progettazione e di realizzazione e di controllo. Questo è fondamentale. Il panorama geopolitico non offre grandi esempi di democrazie oltre a quello che abbiamo in Europa e negli Stati Uniti, però questo non è mai stato, nemmeno nel passato più faticoso della guerra fredda, un ostacolo alla cooperazione, perché questa è l’unica strada per evitare i conflitti. Nel momento in cui siamo capaci di costruire una nostra infrastruttura ad alto livello per la progettazione e realizzazione del nucleare, dobbiamo essere capaci di essere cooperativi con gli altri, e con i cinesi questo sta già avvenendo.
Certamente la differenza tra Cina e Russia in questo momento storico si sente.
In Cina noi abbiamo molti esperti americani, molti esperti europei che lavorano insieme con le istituzioni scientifiche e con le società energetiche cinesi anche sul nucleare, come sulla fusione. Il problema vero è essere capaci di essere un interlocutore, sennò purtroppo devi subire la capacità degli altri.
E a mio avviso dovremmo essere più competitivi, come giustamente ricordava lei, però per essere più competitivi abbiamo bisogno di più Europa e soprattutto di una migliore Europa, magari non subito federata perché dobbiamo rimanere realisti. Sicuramente questa Europa va un po’ più irrobustita e attrezzata, questa è la mia visione di euro-federalista realista, pragmatico.
È giusto. Come si fa a essere pragmatici? Diciamo, io lo vedo da un punto di vista tecnico. Per essere pragmatici decidiamo di sviluppare un programma, di finanziarlo, di realizzare le condizioni per governarne lo sviluppo.
Sarebbe già tanto.
Questo è quello che abbiamo fatto in altre fasi europee, perciò non è una roba che non si può fare, si può fare, ha bisogno di una volontà dei Paesi, dei 27 Paesi. Tra l’altro questo è un interesse comune, non è che c’è qualcuno che non è interessato a far diventare l’Europa più competitiva, perché più competitiva è l’Europa migliore è anche la capacità di crescita economica. Poi ci sono altre problematiche di altro tipo, di visione politica, però sostanzialmente possono anche coesistere.
Una battuta flash sulla proposta di legge di iniziativa popolare per portare il nucleare qui in Italia? Speriamo! Speriamo!
Noi dobbiamo riaprire in Italia il ragionamento sul nucleare. Lo dobbiamo fare sia attraverso queste iniziative, sia attraverso un programma e questo sarà compito del Governo, dei centri di ricerca, di Enea. Dobbiamo fare un grande lavoro di informazione. Dobbiamo informare perché sostanzialmente direi che le informazioni sul nucleare sono molto scarse e spesso anche molto confuse.
di Luigi Trisolino