venerdì 15 novembre 2024
Ursula Von der Leyen rischia grosso. Il nodo sui vicepresidenti esecutivi è di difficile soluzione. Da una parte, lo stallo dei socialisti su Raffaele Fitto, dall’altra i dubbi dei popolari su Teresa Ribera mettono in discussione l’intera Commissione europea, compresa la sua presidente. Nessuno dei gruppi parlamentari sembra disposto a cedere, così c’è già chi pensa di tagliare il problema alla radice sostituendo von der Leyen. Con chi? L’ipotesi più accreditata riguarda il nome di Mario Draghi, che con il suo report si è fatto alfiere del rilancio della competitività europea. Intanto, ieri, ricevendo Fitto al Quirinale, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella gli ha augurato buona fortuna per la sua nuova, “importante missione”, riconoscendo il peso di un ruolo che rappresenta l’Italia nel cuore delle istituzioni continentali. Ma, come scrive Il Tempo, la strada davanti al commissario in pectore è tutt’altro che semplice. In ogni caso, la vera battaglia riguarda la spagnola Ribera, fedelissima di Pedro Sánchez. Fitto, nelle votazioni della commissione competente, avrebbe i numeri per passare al terzo scrutinio, quello segreto a maggioranza semplice: passerebbe senza il sì dei socialisti e con l’appoggio dell’estrema destra, ma passerebbe. Ribera, senza il sì del Ppe, non ha invece una maggioranza possibile. E tra i socialisti su un punto non hanno dubbi: “Se salta Ribera, salta Ursula”. A tutto ciò va aggiunto il caso di Oliver Varhelyi, il candidato ungherese che S&D e Renew vorrebbero depauperato di alcune deleghe e che è ancora in attesa del responso del Parlamento europeo alla sua audizione.
Nel frattempo la maggioranza Ursula continua a spaccarsi in Aula. Lo ha fatto in occasione del voto sul rinvio delle misure sulla deforestazione, dove gli emendamenti del Ppe e il testo finale sono passati con il “no” dei socialisti e grazie alla maggioranza Venezuela (popolari, Patrioti, ultradestra di Afd) e ad una buona fetta di Renew, che ha ottenuto l’accoglimento delle proprie proposte. Il voto ha ulteriormente avvelenato il clima. La presidente dell’Eurocamera Roberta Metsola poco prima aveva provato a fare da pompiere, ricordando come per la formazione della nuova Commissione – il voto in Plenaria è il 27 novembre – “c’è ancora tempo” e “l’Aula prende molto seriamente questa sua responsabilità”. Von der Leyen appare impietrita nel suo silenzio. Ma, spiegano fonti parlamentari, solo prendendo l’iniziativa potrebbe tentare di sciogliere l’impasse. Magari con una dichiarazione nella quale metta nero su bianco che la Commissione si muoverà nell’alveo della maggioranza fatta da socialisti, popolari e liberali. Si dovrà muovere Ursula, si stanno già muovendo i leader. Indiscrezioni parlamentari fanno riferimento ad una videocall di mercoledì sera – interlocutoria e dai toni non serenissimi – tra Pedro Sánchez, Olaf Scholz, Manfred Weber ed Emmanuel Macron. A Monaco di Baviera, domani, ad incontrarsi saranno Antonio Tajani e lo stesso Weber. Il pressing sul leader del Ppe per abbandonare a sé stessa l’offensiva del Partido popular potrebbe crescere. Restare fermi sulle proprie posizioni potrebbe costar caro. Ai leader dei gruppi al Parlamento europeo. Alla stessa von der Leyen, che mai avrebbe immaginato un riemergere dei possibili profili a lei alternativi ad un passo dal traguardo. “Chiunque non sia preoccupato è cieco”, è la constatazione che in queste ore circola nei corridoi del Berlaymont.
di Ugo Elfer