martedì 12 novembre 2024
È stato scelto il Senato per presentare una serie di leggi che promuovano nei fatti e con i fondi la maternità in un’Italia a crescita sotto zero. Con una conferenza stampa tenutasi nel salone dedicato ai caduti di Nāṣiriya lo scorso 5 novembre. Un evento anche visibile sul sito di Radio radicale. Uno degli sponsor del “Rennaissance act” è Vittorio Sgarbi, che sul concetto di un “nuovo Rinascimento” che servirebbe all’Italia, ci ha fondato un partito. Ma il primo motore dinamico, tutt’altro che immobile di queste 8 proposte di legge, una delle quali costituzionale, è Francesca Agostino, una vera e propria esperta di tecnica legislativa nel Parlamento italiano. Un talento del settore, a dirla tutta. Il concetto di tutta questa opera legislativa per aiutare l’Italia a trovare un circolo virtuoso per invertire la tendenza alla denatalità – che secondo studi Istat e di Confindustria dovrebbe portare entro il 2040 a una vera e propria Caporetto delle nascite, nel 2023 sono state solo 379mila in tutta Italia con un calo di quasi il 4 per cento rispetto al 2022 – è quella di cambiare poche parole all’articolo 31 della Costituzione sostituendo il verbo “tutela”, riferito alla maternità, con “incoraggia”. Non è poco. Si va dalla stasi del diritto alla sua dinamica.
Anche perché servirebbe a poco il continuare a tutelare qualcosa che non ci sta più o quasi. Cioè la maternità come scelta primaria di vita da parte delle donne, variamente “ricattate” sull’argomento nei rispettivi posti di lavoro, e le conseguenti non nascite. Nel dettaglio le altre proposte di legge parlano ad esempio di un nuovo Ministero per la natalità, la genitorialità e dei diritti fondamentali della prima infanzia, che differisce, dal Ministero per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità in quanto dovrebbe essere dotato di un portafoglio. Circostanza che spesso fa un’enorme differenza.
Seguono poi, nell’odine, “norme per la promozione da parte del Governo italiano, di iniziative modificative della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza dell’Onu”, e questo al fine dell’introduzione del diritto del bambino ad essere allattato, ogni qualvolta la madre si trovi in condizioni psicofisiche tali da garantire l’allattamento; poi altre norme per “per la promozione da parte del Governo italiano, di iniziative modificative della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza dell’Onu, al fine di introdurre in tale Convenzione il diritto trascorrere la propria infanzia a contatto con i genitori, anche se lavoratori, ogni qualvolta la mansione svolta dalla madre lavoratrice o dal padre lavoratore lo consenta”. La quinta proposta di legge è volta a potenziare la rete degli asili nido all’interno dei luoghi di lavoro, sia nel settore pubblico che in quello privato. “Anche questo modello di integrazione tra genitorialità e lavoro consente alle donne lavoratrici di conciliare al meglio le esigenze di cura e allattamento del bambino e le proprie mansioni lavorative”, come sottolinea nella presentazione di questa rivoluzione genitoriale la stessa Francesca Agostino. Naturalmente si propone anche di introdurre l’esplicito divieto di discriminazione, nelle progressioni di carriera, tra lavoratrici e lavoratori in ragione dello status di genitore.
Infine, “coerentemente alla normativa che tutela le dimissioni volontarie nel primo anno di età delle donne assimilandola al licenziamento ai fini Naspi, va allineata la norma che disciplina i tempi di erogazione del Trattamento di fine rapporto. Attualmente l’Inps non può liquidare tale trattamento prima che siano decorsi 24 mesi in caso di dimissioni volontarie, non distinguendo tra le dimissioni volontarie tutelate delle madri dei figli minori di un anno di età e le dimissioni volontarie semplici. A ben vedere se questa multipla proposta legislativa passasse così come è stata cogitata, magari con un’ampia maggioranza trasversale in Parlamento, ci troveremmo di fronte a un cambiamento epocale paragonabile a quello introdotto dal diritto di famiglia ai tempi del divorzio. E d’altronde, per citare da ultimo una frase che amava ripetere il compianto Marco Pannella, “se non ora quando”?
di Dimitri Buffa