venerdì 8 novembre 2024
Se vince Donald Trump è una catastrofe, il vento di destra americano è pericoloso perché alimenterà le destre europee: la politica democrat non riesce proprio ad imparare la lezione. E così prima delle elezioni il ciuffo più antipatico di New York è stato processato, sbranato dalle campagne mediatiche, infangato più di quanto non riesca a fare da solo ed etichettato come un disgraziato che comprometterà le sorti del mondo. Dall’altro lato una sempre sorridente Kamala Harris presentata come la speranza, il riscatto, la soluzione senza però fornire agli americani (e al mondo) una spiegazione plausibile. E di lì in poi solo marchette mainstream a reti unificate, endorsement delle star e pacche sulle spalle da parte delle oligarchie per quella brava per definizione.
Mettetevi nei panni di un elettore a cui presentano la vice di Joe Biden come la salvezza del suo Paese. Il povero indeciso ha di fronte due dati: una presidenza disastrosa e un circo mediatico che preme per vendere Kamala insistendo con la protervia di chi ritiene che la gente voti come dicono loro. La gente ha votato contro Hollywood e contro quei poteri forti che hanno fatto di tutto pur di prevalere. L’americano medio non ha votato certo per Donald Trump. Ha votato contro le icone woke sempre sorridenti che pensano di vincere perché sono democratiche e tanto basta.
La gente ha votato contro l’arroganza democratica che riesce ad autoassolversi anche di fronte ad una palese incapacità di fare ciò che l’America ha sempre fatto nel mondo, e cioè evitare l’estendersi dei conflitti armati. Il Medio Oriente brucia, l’Europa brucia, la Corea del Nord mette il naso fuori dai propri confini e la Cina avanza. E loro chiedono un voto per salvare il mondo da Trump? Lo stesso dicasi dal punto di vista economico: la buona politica democratica ha trascorso tutta la campagna elettorale a mettere in guardia sul pericolo protezionista repubblicano quando invece Biden ha già rafforzato il cosiddetto Buy American Act, portando gli approvvigionamenti federali acquistati esclusivamente in Usa dal 50 al 75 per cento entro il 2029. Oggi siamo al 60 per cento, a dimostrazione del fatto che quello protezionistico è un pallino americano trasversale rivolto in special modo (ma non solo) al mercato cinese.
di Vito Massimano