Ostellari: “I giudici che non fanno politica si facciano sentire”

martedì 5 novembre 2024


Andrea Ostellari parla della decisione del Tribunale di Catania che non ha convalidato il trattenimento per un immigrato arrivato dall’Egitto, in quanto il Paese di provenienza non sarebbe sicuro.

“Io credo – attacca – che i giudici che fanno il loro lavoro senza mettersi nel campo della politica dovrebbero far sentire la loro voce. Noi non pensiamo che la magistratura sia contro il Governo. Ma abbiamo il diritto di scandalizzarci e prendere posizione se leggiamo cose come la mail in cui un magistrato definisce la premier Giorgia Meloni un pericolo”. Lo afferma il sottosegretario leghista alla Giustizia, intervistato dal Corriere della Sera. “La politica deve poter decidere. Questo è il punto, non un altro. Non vogliamo una guerra contro la magistratura, ma certamente il decidere sulle politiche dell’immigrazione è un compito nostro a cui non possiamo rinunciare”, sottolinea Ostellari, auspicando che “la maggioranza dei magistrati che lavora senza fare polemiche faccia sentire la loro voce”.

Per il sottosegretario leghista, “forse la politica potrebbe fare una riflessione sul distribuire il tema dell’immigrazione su più giudici e non soltanto su poche sezioni specializzate. Si era deciso così a suo tempo, ma non vedo perché non si possa cambiare se questo non è funzionale. Le sezioni specializzate sono ancora utili e necessarie? È una riflessione su cui la politica potrebbe serenamente discutere”. Secondo Ostellari, “a forza di tenere immigrati in Italia perché vengono da Paesi che qualcuno definisce non sicuri, il nostro Paese si trasformerebbe nel più insicuro del mondo. Se non definiamo i limiti, non ne usciremo mai”.

Intanto, è stato depositato alla Camera l’emendamento governativo al disegno di legge Flussi che aggiorna l’elenco dei Paesi sicuri di origine (in tutto 19) degli richiedenti asilo in Italia. Il testo ricopia quello del cosiddetto decreto Paesi sicuri, parallelamente all’esame del Senato e che quindi, andrebbe a cadere. Di nuovo c’è solo il comma 1 bis all’articolo 1 del ddl, per dire che il decreto Paesi sicuri “è abrogato” e che “restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici” nati sulla base di quel provvedimento. Tra i Paesi considerati sicuri il Bangladesh, l’Egitto e il Marocco. Il decreto era stato varato dal Governo dopo la bocciatura, da parte del Tribunale di Roma, della convalida del trasferimento di alcuni migranti in Albania. La settimana scorsa l’annuncio di un emendamento che inglobasse l’intero decreto aveva scatenato le proteste delle opposizioni.

“Così si scippa il Parlamento”, è stata la denuncia di Pd, M5s e Avs chiedendo di poter fare comunque le audizioni sul decreto al Senato, finché il provvedimento è in vita perché “se il decreto c’è, si rispetta il Parlamento. Le regole non le decide il Governo”. Per l’Esecutivo, invece, l’accorpamento nasce dal fatto che sono “provvedimenti affini per materia” e quindi possono essere esaminati insieme. Il disegno di legge Flussi è al vaglio della Commissione Affari costituzionali di Montecitorio e l’esame in Aula è atteso il 21 novembre. Al Senato, sul decreto Paesi sicuri questa settimana non sono previste sedute.


di Redazione