lunedì 28 ottobre 2024
Secondo gli inquirenti il materiale raccolto finora è “inquietante per i possibili scenari che apre”. L’inchiesta di Milano sui dati rubati si allarga. Come scrive l’Agi, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha dato mandato al capo della Polizia, Vittorio Pisani, di acquisire dall’autorità giudiziaria gli atti di indagine utili per avviare verifiche su ipotizzati accessi abusivi alle banche dati del Ministero dell’Interno o sull’utilizzo illecito delle stesse. “Noi l’abbiamo spedita a venti persone, più tre mail, una mail intestata a Sergio Mattarella, con nome e cognome che se vanno a vedere l’account è intestato al presidente della Repubblica”. Questo dice Nunzio Samuele Calamucci a Carmine Gallo, entrambi arrestati nell’ambito dell’inchiesta sui dati rubati. Da quanto si è appreso agli atti dell’indagine al momento esiste solo questa intercettazione che fa riferimento al presidente della Repubblica. Calamucci e Gallo, scrivono i magistrati, “lasciano intendere di aver intercettato un indirizzo email assegnato alla massima carica dello Stato, il presidente Sergio Mattarella o comunque di essere riusciti a utilizzare abusivamente o a clonare il predetto account”.
Come scrive il Corriere della Sera, un “report” sul presidente del Senato Ignazio La Russa e su suo figlio Geronimo sarebbe stato commissionato nel maggio 2023 dal presidente di Fondazione Fiera Milano Enrico Pazzali al migliore hacker della sua agenzia investigativa Equalize srl, lo stesso Calamucci. “Ora – afferma sconcertato La Russa – l’unica cosa che mi premerebbe sapere è chi possa aver commissionato il dossieraggio contro la mia famiglia. Sono disgustato dal fatto che ancora una volta i miei figli, Geronimo e Leonardo, debbano pagare la colpa di chiamarsi La Russa, se risulterà confermato che anche loro sono stati spiati. Conosco da anni Enrico Pazzali che ho sempre ritenuto una persona perbene e vorrei poter considerare, fino a prova contraria, un amico di vecchia data. Attendo di avere altri elementi, quindi, prima di un giudizio definitivo assai diverso su di lui. È noto – osserva La Russa – che i suoi attuali ruoli in Fiera non dipendano da Fratelli d’Italia né tanto meno da me e sono stupito più che allarmato, dalle notizie di una sua azione di dossieraggio nei miei riguardi”. Per il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, siamo in presenza di “scenari preoccupanti e potrebbero rappresentare una minaccia alla democrazia. Ma è l’intera classe politica a gridare allo scandalo. Sul fenomeno dei dossieraggi la premier Giorgia Meloni non nasconde la sua preoccupazione: “Nella migliore delle ipotesi, c’è un sistema di ricatto ed estorsione, ma nella peggiore siamo davanti al reato di eversione”. La presidente del Consiglio si riferisce, tra l’altro, anche all’inchiesta della Procura di Bari e al caso del conto spiato di sua sorella: “Credo che si accaniscano su Arianna perché non ha le tutele che posso avere io, ma colpire lei è come colpire me”.
La Lega annuncia una proposta in Parlamento per “punire ancora più severamente chi viola la privacy per ricattare e condizionare”. Antonio Tajani ritiene inaccettabile la storia dei dossier. “È una minaccia alla democrazia”. Secondo il segretario di Forza Italia, “va estirpato subito questo male. Non è escluso, peraltro, che questi dati siano utilizzati anche da chi è nostro nemico dal punto di vista geostrategico. Non è escluso che li utilizzino anche la Russia e i Paesi che non sono certamente nostri amici”. Per il presidente dei senatori di Fratelli d’Italia, Lucio Malan, “è necessario che al più presto sia fatta chiarezza, accertando i mandanti di tali attività, ma anche le loro finalità. Questo fenomeno costituisce un attentato alla nostra democrazia e alla nostra libertà, che ha nella tutela e nel rispetto della privacy uno dei suoi fondamenti, chiaramente sancito nella Costituzione”.
Ancora più duro il giudizio del ministro della Difesa Guido Crosetto: “Da quando ho lanciato l’allarme sul caso Dossier (sui poteri affidati dallo Stato per la sicurezza, ndr) si è aperto un vaso di Pandora”. Scrive il ministro: “Prima l’inchiesta di Cantone, nata dalla mia denuncia, poi il caso di Bari sull’accesso ai conti bancari di persone note e oggi questo enorme scandalo milanese di hackeraggio e dossieraggio. All’inizio, ma ancora in questi giorni, in molti ironizzavano e cercavano di sminuire gli allarmi di Crosetto o i complotti evocati da Crosetto. Ora, in tanti stanno capendo ed ammettono, i più tacciono e quelli che continuano a sminuire lo fanno evidentemente in autotutela. Non ho parlato più di questo tema ma oggi una cosa voglio dirla: l’abuso non è finito, come si dimostra con l’inchiesta milanese di oggi, ma continua imperterrito”.
Crosetto chiede che si muova anche il Parlamento: “Occorre, e il Governo si sta muovendo in tal senso, rendere impossibile l’utilizzo delle banche dati per scopi che non siano quelli autorizzati dalla legge. Occorre punire chiunque ne abbia abusato finora, sia dipendente pubblico che privato”. Il dem Walter Verini chiede che la premier riferisca direttamente in Aula. Per il leader di Italia viva, Matteo Renzi, “se non mettiamo limiti alle intercettazioni abusive e limiti alle pubblicazioni illegali nessun cittadino sarà più libero. La privacy è un diritto umano inalienabile. A me l’hanno sottratta da tempo: lavoriamo perché non succeda lo stesso anche a voi. Quello che sta accadendo è enorme, non sottovalutatelo”. Per il presidente di Noi Moderati Maurizio Lupi, “serve il contributo di tutta la politica”. Angelo Bonelli, portavoce di Europa Verde e deputato di Alleanza verdi e sinistra rileva che “il Governo, che dispone di tutti gli strumenti necessari poiché controlla i servizi segreti e la Polizia, deve intervenire per garantire la sicurezza dello Stato e la sua inviolabilità”.
Nell’inchiesta della Dda di Milano sulla banda di presunte cyber-spie è stato sequestrato l’archivio dell’ex poliziotto Carmine Gallo, di cui parla anche nelle intercettazioni e che avrebbe tenuto nascosto in un garage. Un archivio soprattutto cartaceo. Spuntano anche presunti dossier su cittadini russi negli atti dell’inchiesta della Dda di Milano sulla banda di cyber-spie. Samuele Calamucci, hacker del gruppo, intercettato parla di un “report” su un “famoso oligarca russo” e in altri passaggi i pm scrivono che si è cercato di accertare l’identità del russo e l’unico elemento è “una vicenda che vede coinvolti dei cittadini russi-kazaki (Victor Kharitonin e Alexandrovich Toporov)” e “la costruzione di un hotel a Cortina d’Ampezzo e la gestione di svariati resort di lusso”. Un accesso abusivo, poi, avrebbe riguardato Vladimir Tsyganov e Oxana Bondarenko, attivi nel settore moda.
Nel gennaio 2023 Calamucci parla con Camponovo, anche lui ora ai domiciliari, di una “applicazione per la traduzione simultanea della lingua russa”, che gli “consentirebbe di realizzare un report relativo alla presenza di alcuni asset economici russi in Europa”. E sempre l’hacker dice a Carmine Gallo, l’ex super poliziotto arrestato venerdì scorso: “mi sono installato una app per la traduzione simultanea!”. E gli mostra un report: “Ti faccio vedere una roba quello che gli ho consegnato oggi per la chiesa ... questo è il famoso oligarca russo. Gli ho ricostruito tutto, compresi gli asset, le proprietà che ha, che ha sua moglie e via dicendo, le banche e tutti i documenti originali che ci hanno chiesto perché si vede che li devono sanzionare o qualche cagata del genere”. Anche nel giugno del 2023 si parla di accertamenti su un “russo”. I pm scrivono, però, che non hanno trovato riscontri sulla sua identità, se non “una vicenda” che vede coinvolti Victor Kharitonin – magnate russo, vicino al governo di Mosca, attivo nel settore farmaceutico e socio di Roman Abramovic, nonché proprietario di El Camineto di Cortina gestito da una società di Flavio Briatore – e Alexandrovich Toporov, magnate kazako proprietario dell’Hotel Savoia a Cortina e attivo nel campo immobiliare. Nell’integrazione di fine settembre alla richiesta di custodia cautelare, firmata dal pm Francesco De Tommasi, poi, compare un capo di imputazione per presunti accessi abusivi, lo scorso 13 marzo, alle banche dati Sdi e Punto fisco su Vladimir Tsyganov e Oxana Bondarenko, quest’ultima che risulterebbe titolare di una serie di showroom in Russia. Prelievi di dati che sarebbero stati effettuati da Giuliano Schiano, militare della Guardia di finanza e destinatario di misura interdittiva. La richiesta delle verifiche sarebbe arrivata da Calamucci, il presunto capo dell’associazione per delinquere.
Frattanto, sono previsti per giovedì prossimo gli interrogatori di garanzia, davanti al gip di Milano Fabrizio Filice, delle sei persone destinatarie di una misura cautelare, di cui quattro finite agli arresti domiciliari, nell’ambito delle indagini su una presunta rete di “spioni”. Il 31 ottobre, salvo un cambio di programma, davanti al giudice compariranno l’ex super poliziotto Carmine Gallo in qualità di ad della Equalize e i tecnici della sua squadra, Nunzio Calamucci, Massimiliano Camponovo e Giulio Cornelli. Inoltre, saranno interrogati anche l’ex poliziotto e un finanziere sospesi dal servizio. Tra le accuse a vario titolo associazione per delinquere finalizzata all’accesso abusivo a sistema informatico, corruzione, intercettazione abusive e rivelazione del segreto d’ufficio.
In una nota, Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, attacca l’opposizione. “Il fronte della sinistra – scrive – pressoché muto nel caso del dossieraggio di Striano e Natoli, cerca oggi di buttarla in caciara a fronte di un altro vaso di Pandora di illeciti controlli e di violazione della privacy che si è aperto a Milano. Anche la pretesa di addossare al centrodestra responsabilità nella vicenda appare sintomatico dell’intenzione delle sinistre di volere ostinatamente aprire fronti polemici e ciarlieri, anziché convenire sui profili al limite dell’eversione della vicenda. Se non altro perché, come emerge dalle indagini, proprio esponenti delle istituzioni eletti nel centrodestra sono tra i destinatari, unitamente ai componenti delle rispettive famiglie, della morbosa ricerca di chissà quali informazioni da parte di una rete spionistica che annovera tra le sue fila anche dipendenti infedeli dello Stato. Il senso di responsabilità di fronte a fatti così gravi dovrebbe suggerire alle forze politiche un atteggiamento responsabile. All’evidenza così non è per la sinistra e non resta che prenderne atto. Anche stavolta i proclami della sinistra fazione vengono prima della tutela degli interessi della nazione”.
Il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri, a L’Aria che tira su La7 sostiene che, “statisticamente, è il centrodestra il più colpito da accessi illegali a dati privati. La maggior parte degli intercettati e degli spiati è di centrodestra. Che cosa fa il governo? Intanto molti di questi accessi riguardano inchieste giudiziarie, quindi spetta alla magistratura indagare. Il governo non può fare l’inchiesta al posto della magistratura o della Commissione antimafia. La Commissione Antimafia, ad esempio, ha il potere investigativo e sta indagando sullo scandalo della Procura Antimafia, che allora era guidata da Cafiero De Raho, oggi vicepresidente della Commissione. È evidente che c’è un problema di compatibilità, perché deve indagare sul suo passato. Poi per quanto riguarda il furto di dati vedremo cosa succederà. Penso che un dibattito parlamentare in Aula debba esserci per decidere cosa fare. Le leggi sono insufficienti? Abbiamo numerose autorità indipendenti, come l’Agcom, l’Autorità per la privacy, l’Autorità per la cybersecurity, proprio per dare un potere ad organi terzi. Funzionano? Non funzionano? Sarà lecito parlarne”.
Il presidente della Commissione Difesa della Camera Nino Minardo sottolinea che “la vicenda portata alla luce dall’inchiesta di Milano che vede sistematiche violazioni di dati personali e l’accesso illecito a banche dati governative non è riducibile a un affare di spioni e spiati ma si configura, come giustamente evidenziato dai magistrati, come una vera e propria questione di sicurezza nazionale. Le violazioni al Sistema d’indagine informatico in uso alle Forze dell’Ordine o ad altre banche dati statali – spiega Minardo – e la conseguente fuoriuscita di dati che potenzialmente potrebbero finire in mano alla criminalità o all’intelligence di paesi ostili rappresentano un serio problema per la sicurezza delle Istituzioni e dell’intero Paese, servono allora contromisure efficaci oltre ad un necessario inasprimento delle pene. La commissione Difesa della Camera sta conducendo un’indagine conoscitiva sulla Sicurezza nazionale, penso sia la sede più opportuna per avviare una seria riflessione su come difendere efficacemente i dati dai predatori digitali di qualunque provenienza. Dobbiamo provare ad essere più bravi di chi ruba dati mettendo a punto strategie che consentano di creare un sistema di protezione dei dati più resiliente e indubbiamente aperto all’innovazione”.
In un post su Facebook, il leader del M5s Giuseppe Conte, scrive che “sul caso dei dossieraggi di Striano esponenti del centrodestra hanno orchestrato una campagna di fango contro il nostro campione dell’antimafia De Raho, tirandolo in ballo in maniera vigliacca e strumentale, nonostante quei dossieraggi abbiano toccato persone a me vicine, compresa la mia compagna, addirittura quando ero presidente del Consiglio. Sul caso delle violazioni della privacy a Bari Giorgia Meloni ha raccontato un complotto nei suoi confronti, mentre si accedeva ai conti bancari di migliaia di persone, compresi esponenti dell’attuale opposizione. Ora, dall’enorme caso milanese della “banda dei dossier” emerge che a dover dare spiegazioni sono esponenti del centrodestra oltreché del mondo imprenditoriale. Vedremo se chi ieri infangava De Raho gli chiederà scusa dimostrando quantomeno senso dell’onore”.
Nicola Fratoianni, di Avs, scrive su Facebook. “Per giorni la maggioranza al governo ha fatto la guerra a giudici e giornalisti, additandoli come il male di questo Paese. E sono settimane che Giorgia Meloni cerca nemici ovunque, fra le opposizioni innanzitutto. E poi si scopre che esiste un’organizzazione criminale che ha accesso ai dati di tutta Italia, che spia politici e addirittura alte cariche dello Stato per conto di manager e imprenditori davvero molto vicini alla destra, se non proprio su richiesta di alcuni esponenti della maggioranza, come sembra apparire dalle intercettazioni pubblicate sui giornali”.
Il responsabile nazionale sicurezza del Pd, il deputato democratico, Matteo Mauri firmatario insieme a Chiara Braga, Simona Bonafè, Gianni Cuperlo, Federico Fornaro e Silvia Roggiani, firmano un’interrogazione parlamentare in cui chiedono di sapere come sia “stato possibile riuscire a violare la banca dati dello Sdi, Sistema di indagine delle forze dell’ordine, e chi sono i reali mandanti di questa attività nonché quali urgenti e improcrastinabili iniziative intenda assumere il governo per rafforzare la sicurezza nazionale sulle banche dati e per contrastare adeguatamente i crimini informatici informando tempestivamente il Parlamento”. I firmatari dem sostengono che “quello che è accaduto è un fatto gravissimo che ha a che fare con la sicurezza nazionale, delle istituzioni e dei cittadini a cui sono stati sottratti dati sensibili. Un fatto inquietante che pone una questione di democrazia: il governo dovrebbe fare meno convegni e più fatti per questo abbiamo chiesto alla presidente del Consiglio Meloni di venire in parlamento a riferire perché qui ne va del futuro del Paese”.
Intanto, emerge una delle intercettazioni agli atti dell’indagine della Dda di Milano che ha portato a 4 arresti, tra cui quello dell’ex super poliziotto Carmine Gallo, uno dei coordinatori di un gruppo di presunti “spioni” che avrebbe “esfiltrato” informazioni da banche dati strategiche in Italia. “Il ragazzo giù che si estrapola ste robe qua, che mi ha detto che c’ha quelle due o tre categorie che non può fare se no gli parte l’alert, quindi i politici nazionali, uomini di interesse. Mentana, ad esempio quella roba lì gli parte l’alert”. In una conversazione tra Nunzio Calamucci e Giulio Cornelli, due degli arrestati, si parla del fatto che interrogando lo Sdi, in caso di personaggi in vista o delle istituzioni, scatta un “alert”. I due fanno l’esempio, oltre che di esponenti politici, del direttore del tg La 7, come persona di un certo peso: le ricerche su di lui, a dire dei due indagati, farebbero scattare l’allarme.
La Dda di Milano ha già depositato in queste ore il ricorso al Tribunale del Riesame per chiedere tredici custodie cautelari in carcere per altrettanti indagati, tra cui Carmine Gallo e Nunzio Samuele Calamucci, finiti ai domiciliari su decisione del gip, e gli arresti domiciliari per altri tre, tra cui Enrico Pazzali, titolare della Equalize, società al centro dell’inchiesta sui presunti dossieraggi illegali, e presidente della Fondazione Fiera Milano. Il gip Fabrizio Filice, infatti, su 16 posizioni aveva disposto solo quattro misure di domiciliari e due interdittive, non applicando alcuna custodia cautelare per Pazzali. Il Copasir, a quanto si apprende, ha chiesto gli atti dell’inchiesta di Milano sui dossieraggi, compatibilmente con il segreto istruttorio. Sono emersi dalle carte diffuse finora presunte acquisizioni di documenti dell’intelligence ed il gruppo degli indagati godrebbe, si legge nell’ordinanza, di “appoggi di alto livello”, anche “quello dei servizi segreti, pure stranieri”. Il Comitato vuole così vederci chiaro per i profili che riguardano il coinvolgimento degli 007, come ha fatto in passato con l’inchiesta di Perugia legata agli accessi alle banche dati del finanziere Pasquale Striano.
Stando alle ipotesi della Dda di Milano, che indaga sui presunti dossieraggi illegali, sarebbero anche molte di più di 800mila le persone che potrebbero essere state spiate con accessi abusivi alle banche dati. Nunzio Samuele Calamucci, come emerso dagli atti, diceva che avrebbe avuto “a disposizione” un “hard disk contenente ottocentomila Sdi”, ossia informazioni acquisite dalla banca dati delle forze dell’ordine. Emerge anche da intercettazioni, “era nascosto in un garage”. Nell’inchiesta della Dda di Milano sulla banda di presunte cyber-spie è stato sequestrato l’archivio dell’ex poliziotto Carmine Gallo, di cui parla anche nelle intercettazioni e che avrebbe tenuto nascosto in un garage. Un archivio soprattutto cartaceo. Nell’indagine della Dda di Milano con al centro un network di presunti ‘spioni’ che ha saccheggiato, rubando informazioni riservate da banche dati strategiche a livello nazionale, come lo Sdi, è stato sequestrato un server in Lituania. Il sequestro disposto dal pm Francesco De Tommasi, che con l’aggiunto Alessandra Dolci e il procuratore Marcello Viola coordina l’inchiesta delegata ai carabinieri di Varese, arriva dopo gli arresti di venerdì scorso tra cui quello dell’ex super poliziotto Carmine Gallo. La Procura sta valutando anche una rogatoria in Inghilterra, dove c’era una sorta di centrale di hacker guidata da una donna.
Pierfrancesco Barletta, ex socio di minoranza di Equalize srl con il 5 per cento, già nel cda di Leonardo-ex Finmeccanica e attualmente vice presidente della Sea, è indagato nell’indagine della Dda di Milano con al centro un network di presunti spioni. Nell’inchiesta si contesta al manager il concorso in accesso abusivo a sistema informatico in relazione a due report da lui commissionati. Inoltre è anche vittima di un episodio di dossieraggio. C’è un capitolo sul “rilascio facile dei passaporti” pur in “presenza di precedenti penali o di polizia” che richiedono procedure più lunghe o il “diniego” nell’indagine della Dda di Milano su una rete di presunti spioni che ha rubato e venduto informazioni riservate. Come si legge negli atti, per la “collaborazione e disponibilità pressoché totale” dell’apposito ufficio del Commissariato di Rho, nel Milanese, Carmine Gallo, l’ex super poliziotto ai domiciliari, “riesce ad assicurare a clienti e amici, anche pregiudicati” passaporti “spesso “merce di scambio” per avere “utilità per lui o per altri a lui legati”.
“Con riferimento alle notizie di stampa sull’indagine avente ad oggetto l’attività della Equalize srl, la dottoressa Carla Romana Raineri intende manifestare la sua estraneità agli illeciti ai quali è stata accostata”. Lo si legge in una nota dell’avvocato Nicola Menardo dello studio legale Grande Stevens, che assiste la presidente della prima sezione civile della Corte d’Appello di Milano. “Enrico Pazzali è una persona che ho sempre stimato e che continuo a stimare. Di questa faccenda sono stupito perché io non sapevo assolutamente nulla di queste iniziative e di queste attività”. Lo afferma il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana sull’inchiesta sui dossieraggi. A chi chiedeva se Pazzali debba fare un passo indietro dalla Fondazione Fiera Milano, Fontana ha replicato che “ne parlerò col sindaco Beppe Sala, ci dovremo incontrare perché la nomina è stata fatta in maniera congiunta”.
di Manlio Fusani