mercoledì 9 ottobre 2024
Il ministro senza portafoglio per gli Affari regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli (Lega), ha affermato, in varie occasioni, che un referendum abrogativo sulla legge ordinaria dello Stato 26 giugno 2024 numero 86, attuativa dell’articolo 116, comma 3, della Costituzione vigente (concernente il regionalismo differenziato), sarebbe dichiarato inammissibile da parte della Corte costituzionale. Ora, lasciando al giudice delle leggi l’ultima parola, i rilievi del ministro e di alcuni costituzionalisti non paiono particolarmente convincenti. In primo luogo, non è sostenibile la tesi secondo la quale il quesito referendario, avente ad oggetto l’intera legge numero 86/2024, non sarebbe dotato del requisito della omogeneità, toccando diversi aspetti della fonte-atto. Palazzo della Consulta, in merito, ha precisato come l’omogeneità implica il non obbligare gli elettori a pronunciarsi cumulativamente (per l’abrogazione o non) su questioni da decidere separatamente (così sentenza numero 16/1978 della Corte costituzionale e, in dottrina, Aljs Vignudelli).
La formulazione del quesito, sul punto, soddisfa in pieno quanto richiesto dal giudice costituzionale, trovandosi gli elettori di fronte ad una ratio unitaria, ossia quella di abrogare o mantenere in vigore la modalità adottata dal legislatore statale di dare concreta attuazione all’articolo 116, comma 3, del testo fondamentale. Né si può replicare che la legge contiene disposizioni normative che danno attuazione ai Lep (i livelli essenziali delle prestazioni) ritenuti distinti dall’autonomia, dal momento che si dovevano fare già dal 2009 per il disegno di legge federalismo fiscale (legge di delegazione numero 42/2009). Proprio il fatto che siano stati ritenuti rilevanti dal legislatore statale ai fini della procedura attuativa dell’articolo 116, comma 3, non li separa dal loro essere parte integrante, per espressa volontà delle Camere, dello specifico iter contenuto nella legge numero 86/2024.
In secondo luogo, non convince neppure la tesi, sostenuta da una parte della dottrina costituzionalistica di Mario Bertolissi, in base alla quale la legge sarebbe esclusa dal referendum in quanto a contenuto costituzionalmente obbligatorio. Com’è noto, accanto alle materie espressamente indicate nel comma 2 dell’articolo 75 della Costituzione (leggi di autorizzazione alla ratifica di Trattati internazionali, leggi di amnistia e indulto, leggi tributarie e di bilancio), la giurisprudenza costituzionale, a partire dalla sentenza numero 16/1978, ha ricavato “una serie di cause inespresse, previamente ricavabili dall’intero ordinamento costituzionale del referendum abrogativo”.
Tra queste rientrano anche le leggi a contenuto costituzionalmente obbligatorio, ovvero leggi essenziali per il funzionamento del sistema democratico, il cui scopo è di evitare che gli organi costituzionali e di rilievo costituzionale siano esposti, anche in via solo teorica, ad una paralisi nell’espletamento delle loro funzioni. Tuttavia, l’eventuale abrogazione totale della legge ordinaria dello Stato numero 86/2024 non incide su funzioni né dello Stato, né delle Regioni, né di altri organi costituzionali o di rilievo costituzionale. Lo stesso giudice delle leggi ha chiarito (sempre sentenza numero 16/1978) come non sia sostenibile che tutte le leggi ordinarie, comunque costitutive o attuative di istituti, organi e procedure, di principi stabiliti o previsti dalla Costituzione siano sempre sottratte a referendum abrogativo. La legge “Calderoli”, infatti, non realizza che una delle tante soluzioni astrattamente possibili per attuare il disposto costituzionale.
In terzo ed ultimo luogo, l’argomentazione per cui la legge numero 86/2024, avendo anche un contenuto rilevante sul piano finanziario rientrerebbe nel novero delle “leggi tributarie” e, dunque, cadrebbe nell’espresso divieto di possibilità di referendum abrogativo trattandosi di materia esclusa dal comma 2 dell’articolo 75 della Costituzione, non è così dirimente. La Corte costituzionale ha oscillato tra una nozione più restrittiva di norma tributaria (sentenza numero 26/1982 della Corte costituzionale.) ed una più estensiva (sentenza numero 11/1995 e sentenza numero 37/1997, entrambe in materia di sostituto di imposta), arrivando a ritenere che siano escluse dal referendum abrogativo sia le norme che riguardano il momento costitutivo dell’imposizione, sia gli aspetti dinamici del rapporto (sentenza numero 51/2000). Questi due aspetti, però, esulano dalla legge Calderoli, dal momento che le disposizioni prettamente finanziarie riguardano il finanziamento dei Lep (articolo 9) e le misure perequative (articolo 10).
In conclusione, dunque, una volta superato il giudizio di legittimità da parte dell’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione, una eventuale inammissibilità da parte della Corte costituzionale presterebbe il fianco a numerose critiche.
(*) Professore strutturato in Diritto costituzionale e Diritto pubblico comparato presso la Ssml/Istituto di grado universitario “San Domenico” di Roma. Dottore di ricerca in Istituzioni di Diritto pubblico.
di Daniele Trabucco (*)