lunedì 26 agosto 2024
Pare che il naufragio dell’enorme veliero, battente bandiera britannica, col quale ha lasciato questo mondo un magnate di Londra – con la figlia e alcuni suoi ospiti – al largo della Sicilia, sia apparentemente inspiegabile, date la dimensione e stabilità del natante. La tragedia, sembrerebbe dovuta a un’improvvisa tromba di mare. Si teme un qualcosa di simile per il Governo di Giorgia Meloni. Dopo secoli di esecutivi ballerini della risorta Italia unita, se si sommano il periodo statutario e quello repubblicano, questa Nazione – in seguito ad un voto chiarissimo per una maggioranza conservatrice e la sua guida – pare un’eccezione nel quadro dell’Unione europea. Ivi adesso, persino in Francia, Germania o Belgio si ha difficoltà a comporre governi o tenerli stabili. Eppure, in questi giorni, il più moderato e compassato membro del Consiglio dei ministri, Antonio Tajani, già membro della Commissione europea e presidente del Parlamento europeo, ha “piantato una grana” col sollevare l’idea dello jus scolae, cioè d’assicurare la partecipazione scolastica ai figli dei migranti, anche irregolari.
La presidente del Consiglio ha tentato di evitare lo scontro all’interno del Governo, con l’assenza del punto nel programma dell’Esecutivo, in previsione della contrarietà della Lega. Matteo Salvini ha replicato, pacatamente, con l’osservazione – cifre alla mano – che l’Italia è lo Stato membro dell’Unione europea nel quale si riconoscono più cittadinanze agli immigrati. La qual cosa è un po’ come rispondere “lucciole per lanterne”. Infatti, non è questo in discussione, ma la “qualità culturale” dei nuovi cittadini. Non si può essere in disaccordo col ministro degli Esteri quando afferma di preferire un nuovo cittadino, sia di pelle bianca, scura, rossa o gialla, il quale canti, sapendolo, l’Inno di Mameli, ad un italiano da più di sette generazioni il quale, per ignoranza o disfattismo, non lo canti. Gli esperti più di me dicono, però, che per il bimbo immigrato – anche a quelli non accompagnati – l’andare a scuola è un obbligo assicurato. Allora, se non cantano l’Inno il problema è degli insegnanti.
La questione, comunque, non è questa. È che è il momento peggiore per indebolire il Governo della Nazione. Entro fine mese la presidente della Commissione dell’Unione europea, Ursula von der Leyen, deve presentare la lista, con le deleghe, dei membri del suo Esecutivo e il Governo italiano mirerebbe ad una vicepresidenza con incarichi di peso. Sul piano nazionale, la riforma di Carlo Nordio, con la separazione delle carriere tra pubblico ministero e magistratura giudicante, deve essere votata e l’opposizione promette battaglia. Poi si deve passare alla riforma costituzionale per introdurre il premierato. Senza ridurre i poteri del capo dello Stato, essa, come abbiamo illustrato, è un poco il ritorno al consolato romano, sotto la cui vigenza l’Urbe costruì la sua potenza sull’Orbe.
Ci si potrebbe accontentare del Mediterraneo, oggi quasi una laguna minore, ma per la quale passano una serie di traffici per l’Europa. Tutte cose che il ministro degli Esteri ben conosce. Alcuni vedono dietro questa tempesta in un bicchiere d’acqua l’ombra della famiglia Berlusconi. A parte il poco rispetto per Antonio Tajani, il quale, se un tempo è stato il portavoce del de cuius, s’è poi fatto le ossa nell’Unione europea, guadagnandosi un rispetto supernazionale ed internazionale. Gli eredi di Silvio, se avessero mire politiche, dovrebbero aver presente quanto quel premierato consolare li metterebbe al sicuro dagli agguati nei quali cadde il padre. Si guardino bene, costoro, di non essere vittime delle influenze divisive di bassi “spiriti arimanici”, per dirla con Rudolf Steiner.
di Riccardo Scarpa