lunedì 26 agosto 2024
Ogni tanto la Russia, ad esempio, decide di reclutare tanti giovani da inviare sul fronte ucraino. La notizia passa quasi inosservata. Quello che conta è capire chi vince, chi perde e, come sempre, tifare a caso: l’interesse varia in proporzione alla distanza dai teatri del conflitto e, comunque, cala con il tempo, specie quando la sceneggiatura si fa ripetitiva. Poi, magari, si scopre che nuove reclute sostituiscano soldati morti. A decine, centinaia, migliaia. Allora sorge un sospetto: non sarà che questo videogioco televisivo a puntate sia una guerra vera, magari, solo una delle infinite in tutto il mondo? Non sarà che tanti ragazzi muoiano sul serio? Intendiamoci, né giornali, né telegiornali hanno mai nascosto nulla. Semplicemente, l’approccio non è più lo stesso: sembra che siamo stati spinti a ignorare inconsapevolmente le notizie vere e circostanziate.
Sono più avvincenti quelle create da super autori, i quali decidono per conto terzi chi sarà il buono anche se, in casi come questo, sono imbarazzati dalla ragion di Stato, quella che impone uno che scorrazzava nudo davanti agli obiettivi e ora chiede ogni giorno aiuto a mezzo mondo contro l’altro mezzo. Sul cattivo, invece, non c’è imbarazzo, ma il tono di molti racconti distoglie l’attenzione da un campo di battaglia molto reale, somigliante in tutto e per tutto a quelli del secolo scorso, con l’aggiunta di tecnologie digitali che però non salvano vite. Le notizie sono trasformate in una sorta di social-risiko per far immaginare a noi, collegati al mondo tramite smartphone, come questa guerra sia combattuta con joystick e non con armi da fuoco: i droni sono gli stessi con cui giocano i nostri figli, solo un po’ più grandi. Dunque, immaginiamo battaglie aeree fra microchip svolazzanti, e questo permetterebbe alla più piccola Ucraina di invadere addirittura la grande madre Russia.
Che ci fa fremere solo quando qualcuno pronuncia la parola “nucleare”, vago richiamo a Hiroshima, o, quanto meno, alle centrali elettriche, quelle che ci permettono di ricaricare il telefono e la Tesla che salva il pianeta. Ma mentre immaginiamo storielle infantili, tanti ragazzi muoiono in una guerra vera. E nel resto del mondo non li commiserano, non pensano che salvino le patrie, pochi sanno che le loro scomparse non possono essere resettate con il bottone virtuale in basso a destra, in un conflitto, combattuto da diplomatici che non lavorano per la sua conclusione, ma per azzeccagarbugli incomprensibili. Intanto, il soldato Nikita, partito dall’estrema periferia di Kiev, dorme sepolto in un campo di grano mentre nasce il suo nipotino, al quale non daranno lo stesso nome, russo, dello zio: lo chiameranno Mikita, e questo, è uno dei pochi atti bellici che il teatrino occidentale recepisce. La guerra, quella vera, turba cene e salotti buoni.
di Gian Stefano Spoto