mercoledì 31 luglio 2024
Negli intricati meandri del funzionamento dei lavori parlamentari, un elemento emerge con preoccupante evidenza: l’inutilità degli ordini del giorno. Una recente analisi dei dati numerici predisposta dagli uffici di Palazzo Montecitorio, rivela una realtà scoraggiante sul tempo e sulle risorse impegnati nella discussione e votazione di questi documenti. Dall’inizio dell’attuale legislatura, sono stati approvati ben 8.500 ordini del giorno. Questo dato potrebbe suggerire un’attività legislativa fervente e produttiva. Tuttavia, un’analisi più approfondita dei numeri racconta una storia diversa e molto più critica: solo 158 di questi ordini del giorno hanno ottenuto una nota di attuazione da parte del Governo, rappresentando appena l’1,84 per cento del totale. Un investimento di tempo e risorse sproporzionato. La mole di ordini del giorno approvati implica un significativo investimento di tempo e risorse da parte dei parlamentari.
Ogni ordine del giorno richiede infatti discussioni, pareri dell’Esecutivo (favorevole o contrario), accantonamenti, riformulazioni, votazioni e spesso ulteriori dibattiti per comprenderne la reale portata. E infine, solo alcune volte, l’approvazione. Si tratta di un processo che coinvolge non solo i parlamentari, ma anche i funzionari del Governo e degli uffici parlamentari. Considerando che solo una piccola frazione di questi ordini del giorno viene effettivamente attuata, si pone una domanda fondamentale sulla loro efficacia e sul valore reale di tale dispendio di risorse. L’1,84 per cento di attuazione rappresenta un fallimento sistemico delle decisioni assunte dalla Camera, suggerendo che parte degli sforzi legislativi si disperde in documenti che non producono effetti concreti.
Le ragioni di questa bassa percentuale di attuazione possono essere molteplici:
1) Priorità di Governo. Sovente gli ordini del giorno approvati non coincidono con le priorità del Governo, che potrebbe non avere interesse o risorse per darvi seguito.
2) Carico amministrativo. La macchina amministrativa potrebbe essere sovraccarica, con capacità limitate di attuare tutte le direttive provenienti dai parlamentari.
3) Ordini del giorno di bandiera. Alcuni ordini del giorno possono essere di natura simbolica o rappresentare prese di posizione politiche senza una reale intenzione di attuazione.
Questa situazione ha conseguenze rilevanti. In primo luogo, mina la fiducia nell’efficacia del processo legislativo. Se gli ordini del giorno sono percepiti come strumenti inefficaci, ciò può portare a un disinteresse generale e a una riduzione del coinvolgimento attivo da parte dei deputati. Inoltre, il continuo dispendio di risorse su attività con scarso impatto concreto rappresenta un inefficiente utilizzo dei fondi pubblici, che potrebbero essere meglio impiegati in altri ambiti della governance. È interessante notare che nella storia politica italiana vi è stato un solo ordine del giorno che ha avuto una reale e profonda conseguenza politica: l’ordine del giorno Grandi. Questo documento, approvato nel luglio 1943, è stato cruciale per la caduta del regime fascista di Benito Mussolini. L’ordine del giorno Grandi rappresenta un’eccezione notevole, dimostrando che, se utilizzato correttamente e supportato da un contesto politico favorevole, un ordine del giorno può effettivamente avere un impatto significativo. È evidente che potrebbe essere opportuno riformare il processo degli ordini del giorno. Alcune possibili soluzioni potrebbero includere:
1) una maggiore selettività, riducendo il numero di ordini del giorno approvati, concentrandosi su quelli che hanno una reale possibilità di attuazione;
2) migliorare il sistema di monitoraggio per assicurare che gli ordini del giorno approvati ricevano l’attenzione necessaria per essere attuati; rafforzare il coordinamento tra il Parlamento e il Governo per allineare le priorità e garantire che gli ordini del giorno siano realistici e attuabili.
Gli ordini del giorno potrebbero teoricamente rappresentare un importante strumento di indirizzo politico, la loro attuale gestione e il bassissimo tasso di attuazione suggeriscono, però, una profonda inefficacia. Una riforma strutturale potrebbe essere opportuna per assicurare che il lavoro dei parlamentari non sia vano e per utilizzate in modo più efficiente e produttivo le risorse pubbliche.
(*) Responsabile relazioni istituzionali e affari esteri di Confedilizia
di Giovanni Gagliani Caputo (*)