#Albait. Quanto sei imprevedibile?

giovedì 25 luglio 2024


L’imprevedibilità preoccupa e spaventa. Lo osserviamo anche nel nostro privato. Se il fornaio ci vende dell’ottimo pane ma fa discorsi erratici o violenti, lo abbandoneremo. L’effetto che ha prodotto la sconfitta delle destre in Francia deriva da questo sospetto che abbiamo verso l’imprevedibilità dei comportamenti. Non è bastata la retorica sulla fine dei fascismi, quando molti candidati hanno un passato e un presente fascista. D’altronde, come il comunismo, i fascismi non possono sparire né evaporare. Per troppi decenni siamo stati sotto l’effetto delle follie fasciste e comuniste, ovvero collettivistiche. Ci sono. Bisogna però capire che fascismo non è l’orbace e la camicia nera. Comunismo non è solo la bandiera rossa. L’essenza del fascismo è l’azione senza perché. Il fare quel che si deve, senza troppi ragionamenti. Ragionare per il fascista è attività astrusa o borghese, da professoroni. I comunisti, invece, sono per il ragionamento, ma escludono dal ragionare le masse perché inconsapevoli. Tutto è affidato all’avanguardia. Ovviamente, l’assenza di ragionamento e l’esclusione dal ragionamento aprono le porte all’imprevedibilità, consentono ogni nefandezza, ogni corruzione, il sovvertimento delle istituzioni. Vladimir Putin è forse l’unico che abbraccia entrambi i filoni. È fascista e comunista insieme. Un hegeliano puro, forse inconsapevole, considerato che molti lo descrivono furbo, ignorante e gretto. Usa lo strumento dell’accusa gratuita, associata al concetto di legalità. Una contraddizione stridente e imprevedibile negli effetti. I Paesi che vuole riportare sotto il controllo russo subiscono i suoi attacchi dominati da irragionevolezza. Il risultato è che la comunità internazionale è destabilizzata. L’accusa di nazismo agli ucraini è sciocca, insostenibile. La ragione dell’accusa, folle e senza basi, sta nella descrizione che la neo capa del servizio diplomatico europeo Kaja Kallas ha dato delle tecniche di negoziazione del Cremlino: “Chiedi l’impossibile. Ti daranno comunque qualcosa”. Parafrasando, Putin e i russi muovono accuse assurde, e confidano che qualcosa resti. È la tecnica della calunnia. Putin non è solo, nell’uso di questo stile comunicativo che segna l’imprevedibilità di azioni e comportamenti. Ma l’imprevedibilità non è una caratteristica vincente.

L’intera impalcatura sociologica esiste per garantire a tutti la possibilità di prevedere i comportamenti altrui. Le norme sociali non sono approvate da nessun organo istituzionale. Si sedimentano grazie alla vita in comunità. Non c’è alcuna alta commissione che certifichi le norme sociali. Esse sono comportamenti rituali. La loro standardizzazione volontaria è necessaria. Per rassicurare gli altri circa le proprie volontà pacifiche e collaborative. Chi orgogliosamente afferma di essere imprevedibile, di fatto, si mette fuori dal gioco sociale. Si autoelimina. Quanto più i leader danno segni di incoerenza, meno hanno futuro. Potranno avere un loro fan club, più o meno vasto, ma non possono avere successo, se sono imprevedibili. I fascismi non hanno successo non solo per la storia oscura di morte, corruzione, eccessi. La loro mancanza di successo deriva dall’imprevedibilità eccessiva delle scelte dei leader soli al comando. La destra estrema europea oggi si riunisce nel clan dei patrioti europei. Pretendono il rispetto delle regole comunitarie della Ue. Allo stesso tempo, pretendono la demolizione dell’Europa. Stesso scenario nella Nato. Erratici, imprevedibili. È piuttosto evidente che si condannino all’irrilevanza. Possono ottenere in questo modo la gratitudine di potenze straniere come la Russia? No. Chi tradisce gli interessi del proprio Paese semina sospetto proprio nei propri alleati. È infido e imprevedibile per tutti. Vittima dell’imprevedibilità è stato anche il povero generale Roberto Vannacci. Ha perso la vicepresidenza del suo gruppo parlamentare europeo. È stato il leader del Rassemblement National Jordan Bardella a bruciare la candidatura: “Non possiamo permetterci un vicepresidente del gruppo vicino al Cremlino”. Non si può essere patrioti e filorussi, insomma. I francesi si sentono loro “guida della cultura europea”. Sul punto non possono accettare alcuna lezione “russa”. La clamorosa sconfitta italiana dentro la Nato e nella distribuzione degli incarichi europei ha la medesima matrice. I patrioti europei guidati da Viktor Orbán, pagano l’essere europei e allo stesso tempo al servizio di camera del dittatore Putin. Su queste basi, le loro azioni politiche future diventano imprevedibili e quindi sospette. Oltreatlantico la partita si giocherà su temi molto simili. Donald Trump è il re dell’imprevedibilità.

È arrivato sull’orlo della guerra con Kim Jong-un. Poi il dittatore nordcoreano è diventato un suo grande amico. Un amico che continua a provocare tanto la Corea del Sud che il Giappone, storici alleati statunitensi. È naturale che diventino apprensivi. L’Europa sa che con Trump potrebbe perdere l’ombrello di difesa americano. Ha motivi di preoccupazione per l’imprevedibilità di Trump. Lui mistifica. Afferma di non sapere nulla del progetto 2025 che è di fatto un colpo di Stato americano, esattamente come sostenne l’assalto al Campidoglio. Ma per quei fatti e per le accuse di illeciti amministrativi chiede l’insindacabilità presidenziale. Il ritorno dell’assolutismo politico. Trump nei prossimi giorni incontrerà Benjamin Netanyahu e Volodymyr Zelensky. Questi incontri rappresentano altri corto circuiti. Come conciliare i buoni rapporti con Putin, l’internazionale del terrore e assicurare amicizia a Ucraina, Israele, Europa e democrazie orientali? Impossibile sapere, impossibile prevedere. Gli elettori americani voteranno l’imprevedibilità al potere senza limiti pretesa da Trump? La sua imprevedibilità può pagare? In nessuna cultura politica del mondo c’è questa possibilità. Anche nel nostro privato possiamo sperimentare questo assunto. Gli uomini e le imprese di successo sono affidabili, ovvero prevedibili. Gli altri si isolano da soli e cadono. Se sei imprevedibile, sei destinato a restare solo.


di Claudio Mec Melchiorre