Il sogno dimenticato della destra

lunedì 22 luglio 2024


Da un lato abbiamo gli epigoni di Umberto Eco, tra i quali Luciano Canfora, Corrado Augias ed altri, a continuare a gridare contro un pericolo di ritorno del fascismo, una sorta di “fascismo eterno” che esiste esclusivamente nei loro pensieri che non hanno saputo cogliere il vento del cambiamento portato da questa destra meloniana che dal Ventennio ha preso sempre più le distanze.

La definizione di “fascismo”, soprattutto ma non solo in campo culturale, per il governo di Giorgia Meloni è semplicemente assurda se non risibile. Post-fascisti? Ma perché questo nostro Paese ha sempre la fissazione maniacale delle categorizzazioni incasellanti, quasi tutto dovesse essere ridotto a una bacheca entomologica con gli insetti trafitti ed etichettati dal loro nome scientifico.

Il fascismo è un fatto storico, nel bene e nel male concluso e compiuto, che non può ritornare perché non esistono più né i presupposti storici né quelli sociali e persino quelli culturali affinché ciò avvenga.

Non più di quanto potrebbero ‒ e questo sì a me invero dispiace ‒ tornare lo splendore del Rinascimento e la luce del Medio Evo. Nulla, con buona pace di Giambattista Vico, fa ritorno ugualmente a sé stesso e il ventennio mussoliniano è stato consegnato definitivamente ai libri di storia e agli studiosi della stessa; dunque, è inutile e persino controproducente per i progressisti continuare ad utilizzarlo come spauracchio delle genti.

Dall’altro lato però esiste un problema culturale e psicologico che da sempre attanaglia i sonni tranquilli della destra italica di governo, che è quello dei limiti oltre i quali non riesce a vedere quindi ad espandersi. Questo limite si chiama Ventesimo secolo, non fascismo, né altro, ma soltanto secolo Ventesimo, altresì detto Novecento, ovvero quel lasso temporale che parte dal 1901 e termina nell’anno 2000.

Dunque, se la sinistra progressista è sclerotizzata nei suoi schemi obsoleti e vetusti, va purtroppo detto che anche i “conservatori” (definizione che andrebbe meglio spiegata e collegata a una visione europea del termine, piuttosto che a una americana) hanno i loro punti fissi dai quali non riescono a prescindere, restando sempre ancorati così a una visione novecentesca appunto parimenti cristallizzata di quella avversaria.

Mesi fa fece gridare allo scandalo la frase del ministro Gennaro Sangiuliano su un “Dante di destra”. Apriti cielo! Fu tutto un levarsi di scudi, uno stracciarsi le vesti e urla e strepiti e stridore di denti. Eppure, invece, almeno in quel caso, forse inconsapevolmente, il ministro della Cultura del governo Meloni ha detto una cosa vera, giusta e saggia che neanche i suoi elettori e sodali hanno capito.

La dicotomia destra-sinistra, tipica del Novecento, sia politicamente ma soprattutto culturalmente, appartiene esclusivamente a quel secolo e deriva dalla più sciagurata delle tragedie e follie umane che fu la Rivoluzione francese.

Ora, vai loro a spiegare che non è che Dante Alighieri o Paolo Uccello o Federico II o Clemente VII o Cesare Borgia o Ludovico Ariosto o altri ancora fossero di “destra” nel senso che noi diamo oggi a questo termine, ma lo furono in senso trascendente, metapolitico, perché la “destra” altro non è che la pars construens, è la “retta via”, è il “buon governo” di una società e di una civiltà quale era quella italiana ‒ ed europea non lo si dimentichi ‒ sviluppatasi tra il secolo VI e l’Ottocento pre-risorgimentale e soprattutto premarxista.

Insomma, i “conservatori” italiani devono togliersi i paraocchi che da sempre impediscono loro di comprendere che la nostra civiltà e cultura, quindi la nostra arte, la nostra musica, il nostro teatro, sono patrimonio mondiale, ben più antico e nobile di un breve Ventennio al quale vorrebbero e lo lasciano ridurre.

Una cultura conservatrice degna di questo nome, un pensiero realmente conservatore dovrebbe comprendere che le nostre radici sono molto più ampie e profonde di un Futurismo, di un Modernismo, di una fissazione “identitaria” e patriottarda che produce soltanto un revanscismo continuamente soffocato in un solo secolo...

Ma nessuno questo lo ricorda, e allora continuano così i nostri “intellettuali organici” a dar la biada ai loro antagonisti... facendo sì che non vi sia altro che il Novecento nei loro programmi culturali mentre lentamente si spegne quel sogno antico che fu la nostra civiltà nei lunghi secoli e nel tempo che tutto corrode tranne l’eternità di Bellezza e Amore.


di Dalmazio Frau