venerdì 12 luglio 2024
Diciamoci la verità: non esisterà mai una vera riforma della giustizia finché in essa non saranno previste misure sanzionatorie per i magistrati che sbagliano. E a giudicare non dovrebbe essere più l’apposita commissione del Csm (cane non morde cane) ma un organismo esterno.
L’altro giorno, in un editoriale pubblicato su Il Messaggero, Massimo Martinelli citava una sentenza della Cassazione relativa al tentato furto di un euro e dieci centesimi compiuto da un soggetto che aveva tentato di sfilare tale somma da un parchimetro. Ripetiamo, 1 euro e 10 centesimi. “Un caso – sottolinea giustamente Martinelli – che avrebbe potuto essere cancellato alla prima udienza, dichiarata la non punibilità del reato per la particolare tenuità del fatto (articolo 131 del codice penale)”. L’editorialista del quotidiano avrebbe evidentemente optato per la soluzione più logica e razionale. E invece niente. Ci sono voluti nove anni in primo grado, e poi Appello e Cassazione per arrivare alla preventivabile assoluzione dell’imputato. Domanda banale: l’iter processuale sarà costato più o meno di quell’euro e dieci centesimi?
Ancora. Arianna Orazi era accusata dell’omicidio della propria madre ma è stata assolta in primo grado. In Appello ad Ancona, invece, quell’assoluzione si è magicamente trasformata in ergastolo con l’accusa di omicidio volontario e maltrattamenti. Il figlio della signora è stato condannato a 27 anni di carcere, anziché l’ergastolo inflittogli in primo grado. Ora, viene profanamente da chiedersi: considerata l’enorme differenza tra le due sentenze, uno dei due collegi giudicanti ha forse commesso qualche errore nella “valutazione” dell’accaduto? Ci sono stati nuovi elementi subentrati tra il primo e il secondo grado? Si chiede così, tanto per sapere…
di Gianluca Perricone