martedì 9 luglio 2024
Entrerà in vigore il 13 luglio
Le sue origini risalgono ad almeno venti anni fa, con la riforma del Titolo V. Era il 2001 quando, a suon di maggioranza, il centrosinistra attuava la modifica degli articoli 116 e 117 della Costituzione delimitando le diciassette materie di competenza esclusiva dello Stato. Le Regioni avrebbero avuto voce su tutti i settori normativi residuali. Ma è la nuova versione dell’articolo 116, terzo comma, a permettere alle Regioni di richiedere ulteriori forme e condizioni di autonomia con una semplice legge ordinaria dello Stato, approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti. E qui arriviamo al paradosso: questa legge non venne mai adottata paralizzando il Parlamento davanti alle richieste regionali. Effettivamente sì, per ventitré anni l’Unità nazionale è stata messa in pericolo. Si è rischiato di esporre l’Italia a derive secessioniste per colpa di potenziali accordi senza alcun tipo di garanzia.
Oggi, la legge quadro non fa altro che stabilire le condizioni per concedere maggiore autonomia alle Regioni. Potranno legiferare su ventitré materie, ma dovranno assumersi un impegno: dimostrare di poter garantire parità di servizi dal nord al sud per evitare che ci siano differenze tra cittadini di serie A e cittadini di serie B.
C’è, quindi, un elemento fondamentale da prendere in considerazione in corso di negoziazione: il rispetto dei famosi Lep (livelli essenziali di prestazione) stabiliti e finanziati dallo Stato, indispensabili per attuare i diritti sociali e civili tutelati dalla Costituzione. In pratica, si sta compiendo un passo avanti al fine di stabilire, Regione per Regione, determinati standard quantitativi e qualitativi di prestazione da garantire su tutto il territorio nazionale.
Al momento la partita è aperta perché la completa definizione sarà oggetto di valutazione nei prossimi anni. Solo l’impegno congiunto di Regioni, Governo e Parlamento potrà essere in grado di garantire il buon esito dell’operazione evitando ogni forma di sperequazione.
Un meccanismo di premiazione, basato su criteri di efficienza e virtuosità, incentivando le Regioni a migliorare costantemente i propri servizi con una distribuzione oculata delle proprie risorse, al fine di meglio soddisfare le esigenze dei cittadini indipendentemente dal contesto regionale di appartenenza.
Dunque, un nuovo slancio per il sud che può dare finalmente dimostrazione di intraprendenza lontano da logiche meramente assistenzialiste. Possiamo forse immaginare questa inversione di tendenza come motore propulsivo di sviluppo e innovazione per il Meridione, capace di trasformare quella che per molti è una fonte di preoccupazione in un’opportunità di rilancio?
Solo il tempo dirà se questa sfida sarà vinta, ma intanto il Mezzogiorno ha finalmente in mano le chiavi del proprio destino.
di Giorgia Poggi