mercoledì 26 giugno 2024
Chi si aspettava che il successo grandioso di Giorgia Meloni in Italia fosse traboccato, sic et simpliciter, nelle istituzioni dell’Unione europea, da subito è rimasto, sulle prime, deluso. I capi di Stato e di Governo e i vertici dei partiti afferenti alla maggioranza uscente (popolari, liberali e socialisti) nell’Assemblea del Parlamento europeo si sono riuniti informalmente e hanno deciso: presidente della Commissione sarà confermata l’uscente Ursula von der Leyen, Partito popolare; alto rappresentante per la politica estera e per la sicurezza sarà l’attuale premier estone liberale Kaja Kallas; presidente formale del Consiglio europeo, il socialdemocratico portoghese António Costa. Sarà il Consiglio europeo del 26 e 27 di giugno a ratificare le nomine, nel caso non vi siano cambiamenti. Malgrado le aperture di Ursula von der Leyen verso Giorgia Meloni, i conservatori della premier sembrano restare fuori. Come ha più volte sottolineato il braccio destro della Giorgia nazionale, il quale di fatto dirige il gruppo nell’Eurocamera, Nicola Procaccini, le maggioranze nel Parlamento europeo seguono una geometria variabile a ogni singolo voto. Indi, Giorgia Meloni e Nicola Procaccini, invece di sgomitare, si sono dati da fare nel rimpolpare il gruppo in vista dell’aggiornamento dei seggi nella futura Assemblea, e lo hanno portato a superare i liberali nell’attuale emiciclo. Le misure sulle politiche supernazionali abbisognano tutte, a cominciare dal voto sul bilancio, del suffragio determinante del Parlamento europeo.
Sulle politiche confederali, ed essenzialmente quelle, urgentissime, su difesa e politica estera, di pertinenza del Consiglio europeo e dei ministri, le posizioni di Ursula von der Leyen e Kaja Kallas sono le più decise e omogenee rispetto a quelle di Meloni. Quindi l’intesa, nel frangente di questi venti di guerra in Europa, viene da sé. C’è una cosa sottostimata, però, sia dai conservatori e riformisti guidati da Giorgia Meloni ma anche da Forza Italia di Antonio Tajani: se si mira, nel corso di questa legislatura europea, a superare un certo interventismo economico di marca socialista, e isolare i socialisti e le sinistre su altri temi, bisogna agire sulla spaccatura, all’interno del gruppo liberale, tra liberali di destra, stile Vvd olandese, e “liberal” di chi “vo fà l’americano” alla Alberto Sordi. L’idea di coinvolgere il Partito liberale italiano, che non ha presentato proprie liste per non dividere le destre italiane, tra le quali si colloca, ricevendo attenzione solo da Matteo Salvini per attutire la caduta prevedibile della Lega, con l’affratellare gli eurodeputati più “liberaleggianti” con deputati liberali di destra d’altre nazioni, in un intergruppo liberale paneuropeo per coltivare alcuni temi, con intervento extraparlamentare di rappresentanti del Pli, potrebbe favorire l’inserimento dei conservatori a guida italiana nelle maggioranze su certe politiche. Ciò aprirebbe altre prospettive.
di Riccardo Scarpa