Il tallone di Elly

venerdì 24 maggio 2024


Il vero tallone di Achille della sinistra è indubbiamente l’onestà intellettuale. Potremmo definirlo il tallone di Elly o meglio quella strana mania gauche in base alla quale va contestato tutto ciò che proviene da destra, foss’anche un saluto non romano con un accenno di movimento del braccio.

E allora in Rai quelle pippe al sugo della destra non concludono una cippalippa? Bene, fabbrichiamoci in casa una maledettissima epurazione con Antonio Scurati che fa “parlo-non parlo” e Serena Bortone che prova a fare la Giovanna d’Arco nell’indifferenza generale. Perché purtroppo il vero dramma della sinistra è proprio l’incapacità della destra di lottizzare e di fare quei fantastici “editti bulgari” di una volta su cui potevi costruirci una carriera. Invece la povera Bortone ha dovuto fare tutto da sola, l’epurata e l’epurante: ci mancava solo la “telefonata con l’accento svedese” di Fantozzi e Filini al megadirettore.

Lo stesso dicasi per le candidature alle prossime elezioni europee: fossimo stati nella “simpatica Elly” non avremmo criticato la candidatura del Generale Roberto Vannacci bollandola come mediatica e non politica. Questo a maggior ragione se un secondo dopo avessimo tentato di candidare Ilaria Salis, la cui migliore manifestazione di pensiero politico è stata quella di mandare all’ospedale un neonazista facendosi ingabbiare in terra straniera. E questo soprattutto se poi la stessa Salis ci avesse snobbato a reti unificate preferendoci Avs Angelo Di Bonelli e Nicola Fratoianni.

Un autogol pazzesco, un fallo di reazione dettato dalla frustrazione di non toccare palla così come quella di far apparire Viktor Orbán e i Conservatori spagnoli come dei pericolosi fascisti alleati della “Ducetta” Giorgia Meloni. Vox viene dal Partito popolare che era alleato con i Socialisti europei così come Orbán. Elly Schlein, da europarlamentare, era al governo con Vox e Orbán ma non si scandalizzava minimamente.

Questo perché il costrutto politico della sinistra è una narrazione da bettola con annessi rutti sul fascismo e qualunquismo maneggiato in maniera triviale come i fagioli di Bud Spencer e Terence Hill in “Lo chiamavano Trinità”: perché la fame di potere è tanta, le argomentazioni poche e allora si finisce con il fare indigestione di quello che c’è.


di Vito Massimano