venerdì 26 aprile 2024
Sulla Liberazione sono state sdoganate una serie di amenità. Chi si sente arroccato su posizioni di destra, si affanna a spiegare che in fondo i fascisti del Ventennio erano ragazzi come gli altri. La realtà è che quei ragazzi sostenevano un regime che prima del disastro e del crollo ci aveva regalato una serie di miserabili e opportunistiche brutte figure mondiali, dense di meschinità. La guerra della riconquista della Libia, che non fu mai gestita con i guanti bianchi, si colorò di una violenza e di uno stile oppressivo e a tratti autenticamente genocidario, in Cirenaica. Intere tribù furono mandate a morte. Quel che fu peggio è che non potendo eseguire le condanne contro le tribù nemiche, organizzate dagli inglesi, si massacravano spesso anche quelle amiche, con accuse di tradimento mai provate.
In Etiopia non fummo da meno. Fu usato il pugno di ferro, sempre dai soliti Pietro Badoglio e Rodolfo Graziani. Va detto che il regime si incantò da sé, a seguito delle campagne che consentirono all’Italia fascista di prendere tutta la Libia e l’Etiopia. Poco contò che gli eserciti avversari non avevano armi moderne, né aviazione. In Nord Africa, senza avere armi, cibo, equipaggiamenti, appoggio delle popolazioni africane, con l’esclusione di quelle eritree, i soldati italiani andarono molto oltre l’umanamente possibile. Le pagine peggiori furono l’attacco alla Francia, già piegata dall’attacco tedesco, e l’attacco alla Grecia, deciso a freddo, contro la logica. La guerra di Grecia fu consapevolmente autolesionistica. I nostri generali, tranne Badoglio, che non ebbe mai il coraggio di nulla nella sua vita, avevano chiaramente detto che l’Italia, prima di dodici anni non avrebbe avuto alcuna possibilità, in una guerra europea. In Grecia fummo respinti, così come in Francia. L’onore fu perso.
Il fascismo ottenne dai tedeschi di poter gestire alcune aree d’Europa. Nei Balcani mediterranei si susseguirono una serie infinita di miserabili sopraffazioni, ad opera degli italiani. Requisizioni, persecuzioni, stupri, violenze, torture colorarono la nostra presenza da quelle parti, stimolando una resistenza che fu poi tra le più efficaci e violente d’Europa. Curiosamente, a quella resistenza parteciparono anche molti italiani. Passata la vergogna fascista, l’Italia democratica non riuscì ad evitare che si perseguitassero gli italiani d’Istria. Perdemmo quel pezzo di terra, italiana da secoli, per la sconfitta fascista e italiana, considerato che il re aveva accettato il titolo d’imperatore e i possedimenti acquisiti con stragi gravi, durante il Ventennio. Anche per questo la nascita della Repubblica costituzionale creò quella rottura necessaria per riavere la nostra dignità di popolo civile. Certo, l’Italia repubblicana riuscì a maltrattare i nostri compaesani istriani come stranieri, traditori, fascisti. Accusa ingiusta dai colori d’infamia, considerato che nella Penisola i guai mussoliniani furono salutati con fervore, a parte la minoranza dispersa tra confino e carcere, se non soppressa da sicari di Stato. Gli istriani da questo punto di vista erano forse migliori degli altri italiani. Durante il Ventennio si tennero a distanza dalle violenze più efferate del regime e nella fase resistenziale, furono più attivi della media italiana e sicuramente più amanti del tricolore.
L’Italia democratica ha poi dato prove non straordinarie su molte altre questioni. Ma una differenza c’è sempre stata: l’Italia della Costituzione del 27 dicembre 1947 ha garantito libere elezioni e passaggi di potere senza spargimenti di sangue. I capi delle opposizioni non sono mai stati ammazzati, come successe invece a Giacomo Matteotti, peraltro inventando di sana pianta una storia incredibile che chiamava a correo l’Inghilterra e il re d’Italia. La storiografia misteriosamente continua a recitare quel falso, che serve solo a togliere l’ennesimo peso sulla coscienza dei fascisti. Anche da questi particolari si deve sottolineare come la storia mussoliniana e fascista fu una storia miserabile, di violenze spaccone, di piagnucolosa tendenza a rifiutare le responsabilità gravi di troppe malefatte, corruzioni, mancanze colorate di retorica bugiarda. Qualche successo nel Ventennio ci fu. Ma fu forse frutto di quella cultura contadina di tanti italiani, unita ad alcune menti geniali che col fascismo avevano un rapporto neutro, se non addirittura inesistente o contrario. Ora, resta da fare la domanda consueta: esiste ancora quel fascismo che ci portò ad una serie di infamie, errori, mistificazioni?
Certo che esiste ancora. È pericoloso anche. Il populismo è un sinonimo. Permea tutta la politica italiana e si compone di opportunismi straccioni, bugie gradasse, violenze verbali inaudite. Il fascismo si autodefiniva a-ideologico, a-politico e si sostanziava nell’azione per l’azione, definita eroica per la sua totale mancanza di finalità diverse da quella dell’azione violenta in sé. Difficilmente si leggono cose così cretine. E difficilmente cose così cretine possono sopravvivere tanto a lungo. Eppure, accade. Anche l’autoritarismo predicato da quella strana fusione di intolleranza marxista e coniugazione cattolica è pericoloso. Il 25 aprile è invece Liberazione dal dispotismo, dall’autoritarismo, dalle dittature. La nostra democrazia resta un regime particolarmente dedito alla continua rovina e alla continua, indefessa rinascita. Un regime a tratti debolissimo e a tratti quasi miserabile, ma che resta il migliore di tutti, perché sa e può riprendersi, senza trasformare gli italiani in nemici tra loro. Quindi, esiste il fascismo? Certo che esiste. Di destra e di sinistra.
Ma finché comprendiamo quanto sia importante la democrazia, è un pericolo che possiamo tenere a distanza e gestire. Con un pizzico di orgoglio, possiamo riprendere il costante e infinito cammino verso il benessere, figlio delle migliori tesi politiche che spesso liquidiamo nella categoria sogni. Eppure, sono i sogni che portano all’invenzione di nuove strade. Coltiviamo i sogni. In democrazia è possibile farlo. Viva la Liberazione, viva il sogno del futuro.
di Claudio Mec Melchiorre