giovedì 28 marzo 2024
Il capogruppo alla Regione Lazio della Lega, Laura Cartaginese, ha detto senza alcun timore di smentite, o di attacchi e fuoco amico, che “la Lega non appoggia la conferma di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea”.
Dopo che ha riletto questa sua dichiarazione sulle agenzie, ha provato un senso di smarrimento o pentimento?
E perché mai mi sarei dovuta pentire della forza di un concetto così chiaro e peraltro condiviso da gran parte dell’elettorato? L’Europa dei popoli non è un monolite convinto si debba sempre obbedire senza mai mettere in discussione scelte e politiche. La gestione von der Leyen si è caratterizzata per iniquità sociale e reddituale, soprattutto per aver varato norme che danneggiano il lavoro, il risparmio e la conservazione delle tradizioni locali e dei patrimoni costruiti in decenni dalle famiglie normali. Di questi effetti malefici ne abbiamo parlato sabato scorso a Roma con Matteo Salvini, Giancarlo Giorgetti, Gerolf Annemans (presidente di Identità e Democrazia. ndr), Harald Vilimsky (capo delegazione austriaca di Fpo) e André Ventura (partito portoghese Chega). I popoli europei hanno accumulato dal 2019 ad oggi ben cinque anni di privazioni, obblighi e sacrifici senza un ritorno reddituale, lavorativo o prospettive di un futuro migliore. Chi promette controllo, disoccupazione, povertà e guerra ad oltranza forse non suscita le simpatie dell’elettorato.
E la ricetta sarebbe?
La ricetta la indica in maniera inequivocabile la nostra storia economica, fatta di arte, artigianato, agricoltura, risparmio familiare, lavori in economia che permettono accantonamento di risorse, libertà di pensiero e di azione. Chi vara politiche che negano il nostro passato non produce altro che il fallimento delle politiche europee. La pensano così non solo gli italiani, lo ha testimoniato la relazione tenuta da Marine Le Pen al convegno della Lega. Non dimentichiamo che pochi giorni fa il premier ungherese Viktor Orbán ha provocatoriamente lanciato un appello a tutti i cittadini perché “occupino Bruxelles” in vista delle elezioni europee: un discorso che è stato applaudito da agricoltori, artigiani, commercianti e, naturalmente, criticato dalla cosiddetta “stampa istituzionale” e dai soliti rappresentanti delle élite. Il premier ungherese si è semplicemente dimostrato in linea con la Le Pen, anche lui accusando il nostro Occidente di essere ormai prono a chi vuole il taglio delle nostre radici, il falò della nostra storia creativa e lavorativa. Se le élite vogliono imporre che la gente si cibi di cavallette, che conviva con topi e cinghiali, che esulti per aver raggiunto lo status di povero incapiente, che consideri l’uomo come nemico assoluto dell’ambiente; ebbene vi dico che la gente vuole vivere in modo diverso da quello che progettano i pochi professoroni vicini a Ursula von der Leyen. Bruxelles, parafrasando Orbán, si sta dimostrando un impero che ha messo gli occhi su patrimonio e lavoro dei cittadini europei. La Commissione europea non può pensare che la società accetti di essere prigioniera dalla sua stessa leadership. E sia Orbán che la Le Pen ci hanno raccontato che le conferme di Roberta Metsola a presidente del Parlamento europeo e di Ursula von der Leyen alla Commissione sono state caldeggiate dagli organizzatori del Word Economic Forum di Davos, in Svizzera, quindi fuori dal territorio dell’Unione europea: un po’ come le normative bancarie europee partorite a Basilea, sempre in Svizzera. Questa visione e metodica europea non ci piace. Non ci piace che la Commissione europea possa congelare fondi e ricchezze degli Stati quando non approva le politiche industriali ed economiche di uno Stato, calpestando costituzioni e tradizioni produttive dei popoli. Vogliamo che torni l’autodeterminazione delle scelte economiche basilari dei singoli Stati, per rafforzare la ricchezza di tutta l’Europa e dei suoi cittadini. Perché non può funzionare un sistema che preveda unicamente la mortificazione del lavoro e lo sperpero del patrimonio dei cittadini.
Come riassume in due parole il programma di Identità e Democrazia?
Lo hanno detto chiaramente l’eurodeputato Marco Zanni, Marine Le Pen e Matteo Salvini: ridare vita all’Europa delle nazioni e della libertà, incidendo nel prossimo esecutivo Ue per liberare i popoli da burocrazia e norme di Bruxelles.
I cittadini europei possono da soli liberarsi della visione politica oppressiva?
È evidente che il destino europeo sia anche legato alle Presidenziali americane. Il repubblicano Usa Vivek Ramaswamy ha tenuto al convegno un intervento tutto incentrato contro la cultura della paura, del politically correct, che le élite Dem hanno imposto a tutto l’Occidente: credo che l’affermazione di Donald Trump possa in breve tempo spazzare via questa cappa d’ipocrisia.
Quanto è stato importante l’incontro di sabato scorso a Roma presso gli Studi De Paolis?
Ha riunito a Roma tutti i rappresentanti delle forze politiche identitarie europee, dal Portogallo alle Fiandre passando per Francia e Austria. Tutti concordi nel bocciare le politiche europee, e sul dato oggettivo che le norme europee favoriscono la chiusura delle attività artigianali e l’abbandono dell’agricoltura tradizionale: non solo fallisce l’economia italiana, ma anche quella di tutte le nazioni europee. Tutti siamo convinti che l’ideologia green abbia sostituito il vecchio marxismo operaista: è nato un vero e proprio mostro che predica un fritto misto di ecologismo estremo, pauperismo e accoglienza indiscriminata di migranti economici. Il risultato è l’impoverimento degli europei, la chiusura delle attività che non riescono economicamente a sostenere i costi d’adeguamento alle norme Ue, l’aumento della disoccupazione e dell’esclusione sociale. Una dittatura liberticida.
Come possiamo dire d’essere al cospetto di una dittatura?
Basta leggere il Digital Act, quella congerie di norme instaurano la censura delle idee sui social media. Censura che scatta appena un cittadino si dichiara contro la gender culture o neghi le emergenze climatiche. La Lega e tutti i partiti identitari hanno bocciato queste norme. Vincendo le Europee cancelleremo anche le norme green sulle case e anche tutte le altre restrizioni su lavoro e circolazione.
Anche la Ztl di Roma?
Questa la affrontiamo prestissimo col presidente Francesco Rocca, perché il sindaco Roberto Gualtieri non può e non deve trasformare Roma in una città nemica dei cittadini.
di Ruggiero Capone