#Albait. Le elezioni e la squadra micino

giovedì 7 marzo 2024


Nel lontano 2002 ci fu uno grave scandalo per intercettazioni illegali. Ricordiamo brevemente che in seno alla Telecom era stata costituita una squadra segreta, chiamata Squadra Tigre. I tigrotti prendevano informazioni dalle banche dati della Telecom, dai server obbligatori per legge, che registrano conversazioni e sms. Un gruppo affine a questo team mise sotto controllo il lavoro della Procura di Milano, impegnata in indagini su Silvio Berlusconi. Anche a Palermo, una squadra teneva sotto controllo la locale Procura impegnata a indagare su vari politici, oltre al presidente della Regione dell’epoca, Totò Cuffaro. Quando la Procura palermitana si accorse di essere intercettata, intercettò gli intercettatori in una sorta di “ho visto lei-che bacia lui-che bacia me”.

Ma torniamo alla Squadra Tigre. Il team pare vendesse a trecentomila lire l’una le informazioni che poteva carpire dalle banche dati telefoniche. Marco Tronchetti Provera ne fece uso, perché preoccupato che i giocatori dell’Inter, all’epoca nella sfera proprietaria dell’ex capo della Pirelli, andassero a spasso la sera invece di stare in ritiro. Immaginiamo il patron calcistico canticchiare anche lui: “Perché mi lasci sempre solo, a guardare la partita di pallone”.

Dopo ventidue anni da quello scandalo, un funzionario dello Stato è entrato senza autorizzazione in banche dati segretissime per ottenere file personali di politici, ma anche esponenti del mondo del calcio e dello spettacolo. Oggi, come allora, le banche dati che esistono per esigenze istituzionali sono utilizzate probabilmente per fini personali e senza approvazione giudiziaria. Insomma, questo nuovo scandalo assomiglia terribilmente a quello del 2002. Oggi come allora c’è un dato preoccupante: il Governo, scoperto lo scandalo, chiede la pelle di chi non ha vigilato a sufficienza. Ma è il Governo in carica che deve rispondere dello scandalo, per responsabilità oggettiva dello Stato, rappresentato appunto dal Governo. Se invece il Governo attacca l’opposizione che a sua volta afferma di difendere le istituzioni, a chi chiediamo le soluzioni da dare al problema? Alle opposizioni non si può, specie se si considera che non fanno opposizione, ma al più propongono piccole modifiche alle politiche governative.

Insomma, c’è una confusione di ruoli incomprensibile. Se chi governa non crede davvero di essere responsabile della guida del Paese, abbiamo un problema enorme. Se l’opposizione si crede al Governo, i problemi enormi sono due. Magari questa confusione è figlia della campagna elettorale abruzzese.

È dai tempi del siluramento illegittimo di Ottaviano Del Turco che l’Abruzzo non era così importante per l’Italia. Per dovere di cronaca, ricordiamo che Del Turco, governatore della Regione all’epoca, fu costretto alle dimissioni con false accuse. L’assoluzione fu talmente postuma da coincidere con la situazione medica ormai compromessa del compianto politico e sindacalista. Per completezza d’informazione, ricordiamo anche che in Sicilia le attività di dossieraggio sono state importanti. Un ex esponente di Confindustria, indicato da tanti come uno degli uomini più potenti della Sicilia, Antonello Montante, è stato condannato per attività di controllo e anche di campagne stampa di delegittimazione di esponenti istituzionali. Va detto che il condannato è prossimo alla liberazione e non ci stupiremmo se il suo potere tornasse visibile e intatto, considerato che tutti i nominati dell’era Montante sono al loro posto.

Dai fatti ricordati e quelli del presente deduciamo che abbiamo un problema serio con le informazioni. E infatti sembriamo sostanzialmente disarmati anche davanti alla guerra asimmetrica, vale a dire quella basata sulla propaganda che i russi e i palestinesi di Hamas e Hezbollah, così come l’Isis, usano massicciamente.

Passate le elezioni abruzzesi, speriamo che il Governo e le opposizioni scopriranno con onore e credibilità il loro ruolo. Specie sulle questioni legate a informazioni sensibili e dati personali, che sono cruciali. Il problema non è se il dossieraggio riguardi un ministro. È un fatto grave perché riguarda potenzialmente, e forse effettivamente, ogni cittadino italiano.

In questa rubrica abbiamo spesso affermato che in Italia siamo impreparati a combattere i totalitarismi. Anche se siamo in un clima di quasi guerra a casa nostra, non siamo preparati nemmeno a gestire un Garante della Privacy seriamente.

Il reprobo che ha interrogato per ottocento volte le banche dati segretissime è stato descritto in questi giorni come un personaggio di secondo piano. Se fosse vero, ci domandiamo se la prossima Squadra Tigre possa essere battezzata Micino. Ci sembra un nome più adeguato. Ciao e miao a tutti noi.


di Claudio Mec Melchiorre