Machina multa minax

lunedì 29 gennaio 2024


Non è certo il caso di aggredirli e distruggerli commettendo un evidente reato ma è sicuro che i cosiddetti autovelox non raccolgano ampi consensi fra i cittadini alla guida di un’automobile o di una motocicletta. Si tratta di installazioni ormai diffuse praticamente ovunque in Europa e altrove, ma ciò non implica una loro corretta interpretazione della modernità affidata alle macchine. Semmai vale il contrario, ossia il sintomo di quella decadenza umanistica che Lewis Mumford e, a suo modo, Günther Anders avevano già segnalato vari decenni fa. Nonostante l’automazione e l’informatica – spesso goffamente fatte passare come Intelligenza artificiale – siano estremamente interessanti sotto il profilo tecnico e scientifico nonché utili sul piano pratico, è inevitabile che alcune loro applicazioni possano presentare aspetti niente affatto positivi. E quello degli autovelox è, a mio parere, uno di quei casi.

La questione ha diversi aspetti, il principale dei quali è sicuramente l’effetto negativo, sul pubblico, dell’assenza di un agente di polizia in carne e ossa. Su un altro piano, lo aveva ben capito sin dagli anni Ottanta la Wells Fargo Bank a Los Angeles, sul cui edificio mi capitò di leggere, come messaggio pubblicitario, “in questa banca avrete sempre a che fare con un essere umano”. Nel comminare una multa per eccesso di velocità sono in effetti implicite una verifica e una valutazione che la macchina non può fare. La macchina non valuta altro che la velocità, mentre un agente in carne e ossa potrebbe considerare altre contingenze, avviando quello che dovrebbe essere un vero e proprio processo verbale dal quale trarre la conseguenza più ragionevole. Chi ha una certa età ricorderà, appunto, non poche situazioni in cui, constatata la buona fede dell’automobilista, la cosa si concludeva con una garbata raccomandazione da parte dell’agente, ferma restando la sua intransigenza di fronte a comportamenti deliberati oggettivamente gravi e pericolosi.

Oggi, attraverso l’autovelox, l’automobilista in buona fede e lo scellerato che mette a repentaglio la propria e l’altrui vita, sono posti sullo stesso piano. Può darsi che l’automatismo del controllo e della sanzione riduca il numero degli incidenti ma certamente aumenta il risentimento nei riguardi della Pubblica amministrazione da parte di chi, normalmente, guida con buon senso, anche se nessuno può essere assolutamente sicuro di non commettere presto o tardi qualche piccolo errore. Del resto, tutti conoscono, nell’area in cui ci si muove abitualmente, la collocazione dei dispositivi di controllo per cui la grande maggioranza degli automobilisti rallenta nella loro prossimità per poi accelerare disinvoltamente appena dopo. Al contrario, le pattuglie di polizia che si dislochino in punti decisi casualmente sarebbero imprevedibili e quindi più efficaci. Si dirà che, se uno si sente ingiustamente multato, può rivolgersi al giudice di pace – con relativa burocrazia, spesa e perdita di tempo – ma costui sarebbe chiamato a svolgere il lavoro di valutazione che avrebbe dovuto essere propriamente effettuato dal giudice di prima istanza, cioè dall’agente, il quale, invece, è stato sostituito da una macchina. Non mi pare un bell’esempio di civiltà giuridica.

Del resto, è proprio sulla pressoché inevitabile probabilità di commettere un errore, anche modesto e banale, che, a quanto pare, le Amministrazioni locali contano per fare cassa, giungendo al colmo di inserire i probabili proventi nei loro bilanci preventivi come si trattasse di tasse ordinarie, interpretando così, diciamo creativamente, la retorica del Fisco amico. Paradossalmente, dunque, un sindaco e un assessore potrebbero sentirsi persino delusi, invece che soddisfatti, dalla possibile diminuzione delle infrazioni. Se pensiamo, poi, alla crescente quantità di dossi dissuasori – vera e propria brutalità urbanistica che, fra l’altro, è spesso collocata lungo strade già dissuasive per se stesse in quanto disseminate da continue buche – abbiamo un quadro completo.

Il nemico non è individuato nella piccola percentuale, anche se cospicua in termini assoluti, di automobilisti e motociclisti bulli o sciagurati, bensì nell’automobilista e nel motociclista in quanto tali, cioè indipendentemente dalla loro condotta abituale e dai punti disponibili sulla propria patente. Il tutto, anche qui con evidente contraddizione, osannando pubblicamente – nei mezzi pubblicitari ordinari e persino nelle rubriche ad hoc della televisione di Stato – la suprema dea automobile o la dea minore motocicletta di cui si tessono le lodi citando la crescente, e inutile, disponibilità di cavalli, la rapidità di accelerazione e, guarda un po’, la fantastica velocità raggiungibile.


di Massimo Negrotti