#Albait. Mattarella e la Generazione Zero

venerdì 19 gennaio 2024


Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, all’Università del Piemonte Orientale, a Vercelli, ha dedicato una sua lezione alla Generazione Z. Si tratta dei ragazzi nativi digitali. Due appunti preliminari: in questo caso, la Z è una sfortuna storica, poiché questa lettera è stata utilizzata dai russi per l’operazione militare speciale e questa coincidenza bolla il discorso, altrimenti intenso, per motivi di mera prossimità retorica; digitale non significa che questa generazione ha le dita, ma rappresenta chi è nato e subito si è ritrovato un cellulare tra le mani. Tuttora è un metodo molto diffuso per silenziare i pargoli alle cene di famiglia.

Il Presidente ha tenuto a precisare che le generazioni passate consegnano alle nuove un mondo sbagliato e che noi contiamo su di loro per correggerlo. Capisco le nobili intenzioni. Però (albeit)… Il modello precario che viviamo oggi è stato costruito nel corso della fine degli anni Ottanta. A seguire, l’involuzione è stata costante. Non è giusto essere ingenerosi, ma il sistema elettorale che ci ha consegnato alla Repubblica delle Cooptazioni nasce su due pilastri: la riforma Bassanini e qualche anno dopo la guardia pretoria di quella sciagurata riforma, vale a dire il celebre Mattarellum, di autore ignoto, oggi, evidentemente.

Altra questione è l’idea che la giovane generazione sia diversa dalla vecchia. Non è vero. Cambiano alcune abitudini linguistiche, ma il mondo che evolve costantemente dal crollo del muro di Berlino assomiglia terribilmente a sé stesso. Non ci sono differenze rilevanti tra un ragazzo del 1989 e un ragazzo del 2014. A parte, il cellulare, ovviamente. L’uso della rete ha probabilmente ridotto ulteriormente la fame di cultura e di innovazione del 1989, ma erano già scarse. Se oggi ci fosse il desiderio di creare ovvero proporre una nuova cultura, quella sarebbe una novità. Ma l’unica grande nuova conquista è l’avanzamento dovuto alla digestione del concetto di tolleranza verso le diversità, oggi tramutato in pura normalità. Se una persona si sente uomo o donna, non può essere tollerata. Lo è. La tolleranza è quindi una pretesa insensata.

Le cause della stagnazione del pensiero, che qualcuno ha chiamato società liquida, possono essere individuate in tanti aspetti. Quello più banale è il senso di fine della storia prodotto dal crollo del Muro di Berlino. Crollati i muri, la destra è rimasta destra, conservatrice, se non restauratrice, mentre la cosiddetta sinistra si è chiamata Cosa, ma è semplicemente diventata un fantoccio di sabbia, una Cosa immobile. E pure inutile. Sennò, vi pare che non si chiamasse Cosa. Incredibilmente senza punto interrogativo. Ovviamente, qui definiamo la sinistra come l’area politica che propone innovazione, non come abitudine retorica. Dopo il 1989 la sinistra è evaporata, in questo senso. Risultato: nessuna nuova proposta politica, la diffusione di una cultura che affastella parole in modo retorico e si contrappone agli altri per mere abitudini semantiche, non per grandi differenze.

Onestamente, una differenza sostanziale tra destra e sinistra attuali non c’è. Ma questo non implica la fine della storia, solo che bisogna liberare fantasia e capacità di sfidare chi pretende di avere un monopolio del potere, ed è l’intero blocco politico attuale. Non è un caso se non si produce più ricchezza come un tempo. Senza differenze e nuove proposte, arriva la povertà di idee e materiale. Senza innovazione la società diventa stagno e invecchia senza attesa trepidante per un futuro che possa essere migliore. La Generazione Z è stata formata da una formula politico-sociale che ha fatto dell’immobilismo la propria strategia. I giovani liceali, se rivoluzionari, lo sono fino a diciassette anni: a diciannove cercano un posizionamento. Che significa un padrino per campare. Su uno sfondo di cultura hegeliana, grazie alla quale evocare indifferentemente pene più severe contro qualsiasi male e maggiori diritti per le coppie gay, abbiamo prodotto una fabbrica di illusioni senza contenuti. Oggi vince la forte concentrazione della ricchezza, chiamata neoliberista, quando il liberismo semplicemente non lo conosce (quasi) nessuno. Il nostro mercato non è affatto libero, è pieno di ostacoli, privilegia i monopoli. Ecco cos’è la Repubblica della Cooptazione.

Caro Presidente Mattarella, la ringraziamo per lo sforzo giovanilista. Però diamine, il tema non è solleticare i giovanotti de ’sta generazione bella, ma spingere per superare il pantano e tornare a sognare futuri migliori. Critichi lo Stato spendaccione spacciato per keynesiano, ma che massacra la vita di tutti.  Caro Presidente, queste righe servono per dire in sostanza che non mi sento affatto di aver consegnato alla Generazione Z un mondo peggiore, ma solo uguale al passato e quindi stanco, triste, sfiduciato. Se vuole fare qualcosa di nuovo e di bello, offra a noi tutti, ragazze e ragazzi compresi, la libertà di sognare. Magari raccomandando alle nostre Camere di lasciare gli spazi degli emicicli a sinistra completamente vuoti. Lì non c’è nessuno che abbia titolo per sedersi. L’innovazione – in politica, in economia, nella cultura – oggi non esiste. Per questo siamo tutti la Generazione Zero, da trentacinque anni, almeno.  Grazie per l’attenzione, se queste riflessioni dovessero arrivare alla sua rassegna stampa. E mi auguro che ci arrivino. Al limite, grazie al web.


di Claudio Mec Melchiorre