Infrastrutture, i vantaggi e i rischi della stabilità di Governo

mercoledì 10 gennaio 2024


Non ho mai nelle mie note affrontato tematiche legate alla specifica area politica, alla specifica funzione e allo specifico ruolo del Governo, tuttavia penso che sia arrivato il momento in cui, dopo il ritorno di un Esecutivo politico e di un Parlamento con una maggioranza consolidata e omogenea, affrontare una tematica legata alla stabilità e alla sua influenza su un comparto chiave della crescita e dello sviluppo del Paese, quale quello delle infrastrutture, quale quello della offerta infrastrutturale relativa alla mobilità delle persone e delle merci. Comincio elencando i vantaggi. Già in passato avevo ricordato che con la stabilità era stato possibile dare strumenti chiave per l’attuazione di iniziative determinanti per una corretta evoluzione del nostro assetto sociale ed economico; i due esempi che hanno offerto al nostro Paese un arco temporale di stabilità e quindi un corretto completamento delle relative Legislature sono quella del Governo di Bettino Craxi dal 1983 al 1986 e quella del Governo di Silvio Berlusconi dal 2001 al 2006.

Riporto sinteticamente i vantaggi prodotti da tale stabilità e non li commento neppure perché la oggettività dei risultati e la piena conferma nel tempo dei relativi vantaggi penso siano abbondantemente sufficienti per testimoniarne la loro efficacia.

Con il Governo Craxi si sono attuate le seguenti scelte:

Il Piano generale dei trasporti al cui interno è stato definito un vero quadro lungimirante e innovativo della nostra politica delle infrastrutture e dei trasporti con la indicazione di scelte tutte avviate e alcune già realizzate; mi riferisco a:

1) La identificazione di quattro nuovi valichi ferroviari della lunghezza di oltre 50 chilometri come l’asse Torino-Lione, come il Terzo Valico dei Giovi in diretta continuità con il Sempione, come il San Gottardo e il Brennero.

2) La identificazione e la realizzazione di sette interporti finalizzati, per la prima volta nel nostro Paese, a promuovere una funzione intermodale tra la strada e la ferrovia.

3) Il rilancio della rete ferroviaria attraverso la realizzazione di un sistema ad alta velocità di circa mille chilometri.

4) La identificazione di soli 7 sistemi portuali (nel 1983 il Paese aveva oltre 40 realtà portuali).

5) La creazione di un Ministero unico delle Infrastrutture e dei Trasporti (negli anni Ottanta in Italia vi erano quattro Ministeri: quello dei Trasporti, quello dei Lavori pubblici, quello della Marina mercantile e quello delle Aree urbane).

6) La identificazione delle 12 aree metropolitane del Paese.

7) Il rilancio delle Ferrovie dello Stato attraverso la trasformazione da azienda di Stato in ente pubblico economico.

8) Il rilancio dell’Anas attraverso la trasformazione da azienda di Stato in ente pubblico economico.

9) La proposta all’Unione europea di un Master Plan dei Trasporti dell’intero sistema comunitario (proposta approvata dal Consiglio e dal Parlamento europeo e diventata la base dell’attuale Rete Trans European Network Ten-T).

Con il Governo Berlusconi si sono attuate le seguenti scelte:

1) Il varo della Legge 443/2001 (Legge Obiettivo) e della Legge 166/2002; con questi due strumenti è stato possibile definire il Programma delle Infrastrutture Strategiche del valore globale di 232 miliardi di euro e supportarlo con adeguate risorse finanziarie.

2) La istituzione di una Struttura tecnica di missione attraverso la quale garantire la concreta attuazione del programma. Una concreta attuazione supportata da uno strumento innovativo quale l’Allegato Infrastrutture al Documento di economia e finanza attraverso il quale informare annualmente il Parlamento sull’avanzamento del piano e sulle criticità dello stesso.

3) La istituzione delle Intese generali quadro tra organo centrale e organo locale; una vera rivoluzione procedurale in quanto consentiva una sottoscrizione di veri rogiti tra il Governo e le singole Regioni sugli impegni assunti dalla Legge Obiettivo.

4) La concreta unificazione dei quattro dicasteri in un unico dicastero delle Infrastrutture e dei trasporti.

5) La trasformazione in Società per azioni delle Ferrovie dello Stato e dell’Anas.

6) La concreta attivazione della spesa delle opere inserite nel prima richiamato Programma delle infrastrutture strategiche per un importo globale di 148 miliardi di euro.

7) L’ottenimento nel sistema delle Reti Ten-T di quattro corridoi comunitari su nove; offrendo in tal modo al nostro Paese un ruolo determinante nella gestione del sistema logistico dell’intero asseto comunitario.

8) L’avvio dei lavori del Mose e del progetto del Ponte sullo Stretto di Messina.

Sicuramente ho dimenticato sia nel caso del Governo Craxi che in quello del Governo Berlusconi altri risultati positivi, ma penso che quelli da me riportati testimonino quanto sia stato il lavoro portato avanti in presenza di ciò che definiamo “stabilità” di Governo e “stabilità” di Legislatura. Ora, però, ritengo opportuno ricordare anche quali siano stati i rischi e, quindi, le criticità di simili esperienze e di ciò che definiamo “stabilità”; sicuramente il più evidente è quello relativo al mancato impegno di promesse annunciate e garantite in alcuni casi anche da appositi strumenti normativi. Anche in questo frangente ne ricordo alcuni:

1) La mancata riforma organica del nostro sistema portuale e, soprattutto, sia la riduzione dei sistemi portuali, come previsti dal Piano generale dei trasporti e, addirittura, supportati da una apposita Legge varata nel 1987, che la istituzione della “autonomia finanziaria di ogni singola realtà portuale”.

2) Il mancato avvio di tre porti transhipment come quelli di Cagliari, di Augusta e di Taranto.

3) Il mancato completamento di assi viari essenziali per lo sviluppo del Mezzogiorno come l’asse autostradale Salerno-Reggio Calabria, la Strada Statale 106 Jonica, la strada Palermo-Agrigento-Caltanissetta.

4) Il mancato avvio dei lavori del Ponte sullo Stretto di Messina pur essendo riusciti a concludere positivamente il lungo iter approvativo.

5) La mancata attuazione di un processo di crescita delle realtà produttive del Mezzogiorno in grado di superare un dato che da solo denuncia la distanza delle realtà territoriali del Sud da quelle del Centro Nord (il reddito medio pro capite nel Sud si attesta sulla soglia di 18mila euro al Nord supera i 34mila euro).

Anche in questo caso ho dimenticato la serie di criticità ma penso che queste siano sufficienti per testimoniare un dato: non aver portato a temine dei programmi annunciati o nel non aver realizzato opere essenziali in un periodo di “stabilità” non solo ha generato forme di dissenso diffuso come quello del Movimento 5 Stelle, ma ha reso possibile che dal 2007 al 2022 si creassero 9 (ripeto nove) Governi con articolazioni parlamentari che, forse, sarebbe bene dimenticare per evitare di vergognarci della nostra inesistente cultura democratica. Ho voluto soffermarmi a lungo su questa narrazione del passato per avvisare l’attuale compagine di Governo e l’attuale maggioranza parlamentare che, senza dubbio, sarà possibile e augurabile, dopo 9 esperienze fallimentari, traguardare grandi e misurabili risultati. Ma al tempo stesso è bene che coloro che oggi sono chiamati a gestire la cosa pubblica sappiano che la “stabilità” richiede una obbligata garanzia: la concreta attuazione del programma, il concreto mantenimento degli impegni.

Per ora non possiamo fare ancora bilanci, in quanto la esperienza dell’attuale Governo è di appena un anno, un anno in cui si è cercato di rimediare agli errori e alle assenze dei nove Governi precedenti e, al tempo stesso, si è dato vita a un nuovo approccio alla politica internazionale e al ruolo del Paese all’interno del bacino del Mediterraneo. Tuttavia, sin dal prossimo anno, sarà opportuno e penso urgente effettuare una verifica dell’avanzamento del crono programma degli impegni annunciati. A valle di questa semplice e sintetica analisi, prende corpo la seguente conclusione: una “stabilità” inefficace produce una sommatoria di “instabilità” pericolose e imprevedibili, quindi genera un grande danno per la crescita e lo sviluppo del Paese e in particolare per il suo Mezzogiorno. Non credo che l’attuale Governo non sia convinto di un simile rischio.

(*) Tratto da Le Stanze di Ercole


di Ercole Incalza (*)