La proprietà degli immobili è sacra e deve essere sempre tutelata

martedì 9 gennaio 2024


A proposito delle iniziative del parroco
della frazione Rebbio di Como,
che invita a occupare le case popolari inutilizzate

Se al VII, “Non rubare”, aggiungiamo il contenuto del successivo X Comandamento, “Non desiderare la roba d’altri”, il risultato che si ottiene è il pieno riconoscimento della proprietà privata e, in controluce, la proibizione, in assenza del consenso del titolare del diritto, di prendere o desiderare di prendere ingiustamente i beni altrui e di arrecare danno al prossimo nei suoi beni in qualsiasi modo.

Di tali Comandamenti il parroco della frazione Rebbio di Como sembra tuttavia non voler tenere conto visto che, per risolvere il problema abitativo nel territorio della sua parrocchia, ha invitato a occupare gli appartamenti vuoti dei quartieri: “Affinché ciò che ingiustamente non viene dato venga occupato”, assicurando, inoltre, il suo aiuto, qualora l’occupante non fosse in grado di individuare e di appropriarsi indebitamente dell’alloggio: “Darò loro una mano a entrare – ha anche affermato – presenterò loro i vicini di casa, li inviterò a rispettare le regole del condominio. Se dovessero esserci sospensioni di energia elettrica – ha poi aggiunto – chiamerò in aiuto l’elemosiniere di papa Francesco”. Il tutto non senza sottolineare che: “A Como se sei migrante, soprattutto di pelle nera, anche se hai un contratto di lavoro a tempo indeterminato, non trovi casa” e che “lo scandalo grave è il divario tra super-ricchi e poveri: fioriscono alberghi a cinque e sei stelle con prezzi scandalosi per una notte dai duecento ai duecentocinquanta euro. Chi dorme a cinque stelle e chi sotto le stelle. La casa, un’abitazione dignitosa sono un diritto di ogni persona”.

Ebbene, se da un lato può ritenersi persino apprezzabile la premura del detto curato per le sofferenze morali e materiali delle anime affidate alla sua missione pastorale, potrebbe dall’altro essere persino condiviso l’allarme che ha lanciato riguardo al problema della casa, che rimanda, però, a quello più ampio della carenza di offerta di case popolari. Questo è comune a molte altre città italiane ed è causato dalle inefficienze delle aziende (Aterp, Aler, Acer sono gli acronimi più noti), che le amministrano, utilizzando il sistema politico-burocratico e un modello di funzionamento ibrido, che dovrebbe paradossalmente far convivere interventi di welfare con una gestione imprenditoriale, basata sul sistema del profitto e le regole del mercato. L’effetto finale che si è prodotto e continua a prodursi è quello di una crisi permanente dell’edilizia residenziale pubblica, dovuta all’ impraticabilità e all’insostenibilità economica del modello utilizzato, inevitabilmente costoso e ben lontano dal raggiungimento degli obiettivi ipotizzati.

È appena il caso di rilevare a tale scopo, per tacere d’altro, che su circa 786mila alloggi popolari, quelli occupati abusivamente sono 30.670 e sono circa 58mila quelli vuoti per le mancanze delle amministrazioni pubbliche. A margine vale la pena richiamare che la crisi dell’offerta locativa investe anche quella di appartamenti privati, che è causata però sia dalle scelte urbanistiche delle amministrazioni pubbliche in sede di pianificazione e zonizzazione del territorio sia dal regime vincolistico che imprigiona gli affitti di case (per non parlare dei negozi), cui vanno aggiunte la tassazione elevata che grava sugli stessi e last but not least le notevoli difficoltà per i proprietari di riottenere la disponibilità dei loro immobili, in tutti i casi di cessazione dei rapporto, e sempre che, come è già successo numerose volte e da ultimo durante la pandemia, la restituzione diventi pressocché impossibile per la sospensione delle esecuzioni.

Nonostante ciò, ben altra considerazione si deve invece assicurare all’invito del citato curato a occupare gli immobili sfitti e inutilizzati, che si traduce in sostanza nell’istigazione a commettere un evidente abuso, fonte di responsabilità penalmente sanzionate e risarcitorie. E tanto sia che il bene faccia parte del patrimonio di Erp sia che appartenga a privati proprietari. In entrambi i casi, infatti, devono valere e valgono le regole del diritto e i dettami della legislazione, senza che si possa asserire, come ha anche dichiarato il citato parroco di Como, peraltro con eccessiva approssimazione: “Se la legge è dalla parte dell’uomo la si rispetta. Se la legge non è dalla parte dell’uomo non la si rispetta. Alcune volte occorre andare anche oltre la legge”.

Piuttosto, e fermo restando il rispetto della legge, possono essere intraprese iniziative per sollecitare interventi del governo e degli altri enti interessati, così come ha già fatto più volte la Confedilizia, affinché  provvedano all’accantonamento dell’antiquato, costoso e inefficiente modello di gestione dell’edilizia residenziale pubblica e al recupero degli oltre centomila appartamenti di Erp non disponibili per varie motivazioni (necessità di riqualificazione, ritardi burocratici, occupazioni senza titolo ecc.).

Sarebbe altresì auspicabile in detto contesto una estesa dismissione del medesimo patrimonio, con cessione degli immobili agli aventi diritto e riduzione del perimetro di intervento delle aziende pochi casi. La seconda è il rafforzamento della locazione privata, che da sempre garantisce la stragrande maggioranza dell’offerta alloggiativa nel nostro paese. Esso può avvenire con la liberalizzazione dei contratti, attraverso misure di incentivazione fiscale (abbattimento dell’Imu e chiarimento circa l’applicazione in tutta Italia della cedolare secca per i contratti a canone concordato) e mediante una maggiore tutela dei proprietari in fase di rilascio degli immobili (ad esempio, affiancando agli Ufficiali giudiziari nuove figure).

Ultima questione. Nelle considerazioni del parroco di Como non sarebbe affatto giustificata e sarebbe “scandalosa” l’esistenza di un divario tra ricchi e poveri, cui è sottesa l’idea che la ricchezza di alcuni si produca sempre a scapito di altri, sfruttati e condannati alla povertà. È una vecchia storia, ancorata a luoghi comuni e priva di pregio, che non considera che ciò che ha cambiato il volto dell’umanità è stata la “scoperta” che gli uomini potessero pacificamente cooperare e recarsi reciproci benefici, come già Adam Smith aveva chiarito e ha del resto puntualmente dimostrato la storia degli ultimi 200 anni, con il costante aumento di ricchezza pro capite in tutto il mondo. L’idea che la cooperazione sia invece un gioco a somma zero (dove al guadagno di una persona corrisponde automaticamente la perdita di un’altra) non ha alcuna base scientifica. E, se fosse vera, renderebbe addirittura impossibile qualunque forma di convivenza.

Coloro che sostengono tale idea sono in contraddizione con sé stessi: giacché devono almeno ammettere che la cooperazione sia positiva nell’ambito ristretto di una classe, di una razza o di una nazione. Ricade allora sulle loro spalle l’onere di spiegare la ragione per la quale ciò che vale per gli uni non deve valere per gli altri. Devono, cioè, spiegare perché la cooperazione non può essere universalizzata.


di Sandro Scoppa